Cultura

Hamasstan, cosa c’è dentro il regno di Hamas

I segreti del partito-comunità che governa Gaza

di Daniele Biella

Un nome presente da anni in ogni discussione sui Territori palestinesi. Un tabù, da sempre, per la politica occidentale. Fino a quando, il 25 gennaio 2006, il suo popolo l’ha legittimato agli occhi del mondo, votandolo in massa. Tutto questo è Hamas, il movimento-partito che oggi governa parte della Cisgiordania e quel che resta della Striscia di Gaza, dopo (e nonostante) i recenti bombardamenti di Tsahal, l’esercito di Israele. Ma «che cos’è e cosa vuole il movimento radicale palestinese»? Lo svela nel suo nuovo libro-saggio Paola Caridi, classe 1961, storica e giornalista de L’Espresso e Il Sole 24 ore, che da sette anni vive a Gerusalemme raccontando in prima persona la tragica quotidianità di quella terra.
Senza preconcetti, ma solo facendo parlare i fatti, i protagonisti: questa la ricetta per le quasi 300 pagine che raccontano l’intricata storia di Hamastan, il “regno” di Hamas: dalla nascita, con la Carta fondatrice del 18 agosto 1988, tanto discussa perché nega il riconoscimento dello Stato di Israele, a oggi, a pochi mesi dalla fine dell’operazione militare israeliana «Piombo fuso», capace suo malgrado di riavvicinare il movimento radicale e Fatah (l’altro grande partito palestinese), divisi dalle faide degli anni passati. In mezzo, un ventennio scandito da violenze, attentati e una presa di potere pagata con il sangue di molti. Dalle vittime dei giovanissimi shahid, i martiri o “uomini-bomba”, passati dai sassi alla dinamite nel 1994 (dopo il massacro della moschea di Hebron, quando il colono estremista israeliano Goldstein sparò all’impazzata uccidendo 29 musulmani), alle decine di militanti rimasti vittime di regolamenti interni di conti, oppure eliminati da Tsahal. Una storia mai lineare quella di Hamas, che non lascia spazio alla dicotomia tra buoni e cattivi, ma che si inserisce nell’assoluta complessità della questione palestinese, a 61 anni dalla nakba, l’esodo di massa degli abitanti arabi, coinciso con la nascita di Israele. «Hamas conosce la gente, e la gente conosce i suoi leader»: esiliati a parte, la maggior parte vive nei campi profughi, si disinteressa della politica di palazzo, crede nel welfare per tutti, nell’identità tribale della famiglia allargata, nelle regole rigide ma non monolitiche sulla musica e l’hijab, il velo.


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