Mondo

Hamas nella morsa di Israele

Nessuna tregua fino a quando non sarà completata l'operazione, ma la situazione umanitaria precipita.

di Franco Bomprezzi

 

Israele punta a smantellare Hamas, e fino a quando non avrà completato questa missione continueranno le incursioni aeree e i combattimenti a Gaza. Intanto la situazione umanitaria e politica continua a deteriorarsi. Ecco il racconto nei giornali di oggi.

 

“Gaza, dirigenti di Hamas in fuga Israele: «Vicini ai nostri obiettivi»: titola così la cronaca di Alberto Stabile (pagina 10) su Repubblica (che apre sui temi italiani dedicando, in prima, solo una fotonotizia). Mentre il viceministro della difesa di Israele annuncia che sono stati quasi raggiunti gli obiettivi della guerra e mentre Hamas, pur indebolita, continua a gettare razzi, il comando militare israeliano rilancia: l’operazione in corso, ha detto ieri il comandante Yoav Galant, ha creato «la possibilità che si presenta una sola volta in una generazione di risolvere il problema di Hamas». Modo militare: cioè decapitando il vertice smantellando le strutture. Un modo che darebbe un po’ di tregua ma che non impedirebbe il risorgere di Hamas. L’impressione, scrive Stabile, è che l’operazione andrà avanti ancora qualche giorno fino a che Israele non potrà sottrarsi alle pressioni internazionali (e alla risoluzione dell’Onu). A ieri il bilancio delle vittime era di 869 morti e 3695 feriti. In appoggio un pezzo di Cristina Nadotti: “«Stanno sperimentando qualcosa» accuse sugli ordigni israeliani”. Secondo Human Right Watch, Israele usa bombe al fosforo (che causano un’esplosione radioattiva di breve raggio).
A pagina 11, Fabio Scuto: “Noi nell’inferno della Striscia tra le urla, il sangue e le bombe”. L’inviato ha visitato la città di Rafah, riportata dai bombardamenti a un «Medio Evo moderno». Città fantasma, afferma Luisa Morgangini, vice presidente dell’Europarlamento che si è recata lì (nella delegazione anche Alberto Maritati, deputato Pd). «Gli israeliani hanno sparato anche durante la tregua di 3 ore durante la quale siamo entrati». Scenario di devastazione e vera emergenza: non c’è più cibo, non ci sono attrezzature sanitarie, né rifornimenti.
A pagina 13 spazio per le polemiche italiane sulle manifestazioni di sostegno alla Palestina. “Espellere i manifestanti pro Hamas” tuona Giovanardi riferendosi agli extracomunitari che hanno bruciato bandiere israeliane. Il Pd ovviamente non è d’accordo. In appoggio due intervistine: pro e contro. Per La Russa, la Chiesa sbaglia a dialogare con loro («Sono perplesso sulla curia milanese» che ha accolto il portavoce dei manifestanti, condannato in Italia e non gradito in Egitto). Per il cardinale Martins, in una democrazia non si caccia chi protesta…

Al disastro di Gaza il Corriere della Sera in prima pagina dedica l’editoriale a firma di Angelo Panebianco sotto il titolo “Un conflitto nuovo”. La tesi è che l’interpretazione del conflitto fatta con gli schemi della guerra fredda (terzomondisti filo-sovietici con la Palestina e filo-occidentali per Israele) ormai non riesce più a cogliere le ragioni di questa nuova guerra. Aggiunge Panebianco: «se a ciò si sommano le memorie antiche, le influenze più o meno sotterranee, del pregiudizio cristiano antigiudaico, si comprende molto degli atteggiamenti europei verso il conflitto israeliano-palestinese», però «sono due i fatti nuovi che hanno determinato un cambiamento qualitativo del conflitto israeliano-palestinese che tanti sembrano voler rimuovere. In primo luogo l’irruzione della religione,  e più precisamente dell’islam politico…Il secondo fatto nuovo è dato dallo scontro per l’egemonia fra l’islam sciita guidato dall’Iran e quello sunnita».

 Il Giornale titola “Gli sporchi trucchi di Hamas E Tsahal” a pag. 13. L’articolo sostiene che questa guerra tira fuori il peggio di entrambi le parte: Hamas si fa scudo dietro le proprie donne  e ai propri figli, mentre l’esercito israeliano non è più disposto a mettere a repentaglio i propri soldati per risparmiare la popolazione, combatte senza risparmiare i colpi.  «siamo violenti, usiamo ogni arma a disposizione,  non siamo più disposti a compromessi perché Hamas grazie ai soldi e alle armi dell’Iran è diventato un esercito vero e proprio capace di mescolare terrore e guerriglia» ha dichiarato un ufficiale di Sayaret Yahalom, l’unità incaricata di aprire la strada agli ali soldati nei formicai di Hamas. Dall’altra parte però, Israele ha capito che Hamas sta adottando le tattiche di Hezbollah, e che ogni passaggio, ogni strada, ogni casa, nasconde una trappola, per cui sono costretti ad avanzare  a colpi di esplosivo, fanno saltare i muri laterali degli edifici, i blindati vi accostano, le truppe saltano nelle voragini, aprono il fuoco contro chiunque si muova, seguono i cani anti-mina che sniffano il tracciato. Se in una casa c’è il nemico, l’unico espediente per risparmiare i civili è la “bussola sul tetto”. E’ un missile contro l’ultimo piano del palazzo, là dove hamas concentra gli abitanti dei condomini e nasconde i cecchini che battono i dintorni. Il missile esplode senza penetrare nel tetto, ma l’effetto è terrorizzante, E su chi non sfugge immediatamente  s’abbattono, subito dopo, le Gbu 39 americane, i nuovi minuscoli ordigni intelligenti per bombardamenti urbani. Hamas invece, ha attrezzato l’intero sottosuolo con basi e arsenali e tunnel, combattono in abiti civili, colpiscono da lontano e usano i nuovi mortai iraniani da 81 millimetri.
“Jibril, un duro alla guida dei giovani islamici d’italia” è invece il titolo del pezzo a  pag. 11: Omar Jibril El Tabakh, ha 25 anni, vive e lavora a Milano. Laureato in ingegneria  ed è di origine egiziana. E’ il nuovo presidente dei giovani musulmani d’Italia, il Gmi. Secondo l’autore dell’articolo. il nuovo capo dell’ associazione subentra al predecessore ritenuto troppo moderato. In un comunicato stampa del GMI sulla crisi in medio oriente, il primo della sua gestione, solo parole di condanna a Israele. Infine il Giornale propone: “Nei cortei anti Israele anche i filo Br”, a pag. 10. Di tutto e di più nell’ultimo corteo anti israeliano avvenuto a Milano di sabato. Giovani che inneggiano all’Intifada, e i meno giovani militanti di quell’area che ha civettato con tutti gli estremismi  in nome del nemico comune: gli Usa, Israele, le democrazie occidentali. Dietro i centri islamici, dietro i filo palestinesi, sfilavano le sigle della sinistra antagonista. Non solo qualche sessantottino ormai sgonfiato. Non solo le radical chic che sfoggiano la kefiah impreziosita dagli strass. Non solo la sinistra critica e il partito comunista dei lavoratori. Ma anche una miriade di sigle: il blocco popolare-Lista comunista, anarchici, i Carc, i comitati di appoggio alla resistenza comunista. Nei loro volantini c’era scritto: che Gaza sia una nuova Stalingrado. I Carc sono nati nel 92. Arrestati, inquisiti, perquisiti, nelle loro case è stato trovato del materiale che gli inquirenti giudicarono decisivo per capire i legami fra gruppi di autonomi  e nuove Br.

La Stampa di oggi sceglie di mettere in prima pagina un reportage “tra i musulmani d’Italia” Sono 900mila i fedeli di religione islamica presenti nel nostro Paese. Marocco, Albania e Tunisia le nazionalità più numerose. La città del reportage è Milano, con l’inviato de La Stampa che gira i tre centri islamici di via Padova, viale Jenner e via Quaranta. A Milano «la comunità musulmana cittadina, oltre settantamila persone registrate, non era mai apparsa così unita» scrive. La questione di Gaza ha “compattato” i musulmani di Milano e della Lombardia. I responsabili dei centri islamici però prendono le distanze dalla politica: «Non abbiamo fini politici» dice Abdel Hamid Shaari, responsabile del centro in viale Jenner, «siamo cittadini come tutti gli altri e manifestiamo per le nostre idee e i nostri diritti». «A noi non interessa la politica. Chi parla di partiti islamici o musulmani dice una sciocchezza» dice il responsabile di via Quaranta, «è chiaro però che quando i nostri figli cresceranno avranno finalmente il diritto di voto, come tutti gli altri cittadini italiani. Saranno una forza elettorale e forse qualcuno starà a sentire anche le nostre esigenze». «Continueremo ad alzare la voce fino a quando questa guerra non sarà finita» dicono da via Padova. «Scenderemo ancora in piazza. Ma quello che dicono Fini o Berlusconi non ci interessa». «Siamo per la Palestina e basta» dice uno degli anziani di via Padova. C’è anche chi come Mohamed si sbilancia: «Questa guerra è una guerra contro tutto l’Islam? Lo volete capire o no? Anche gli italiani lo devono capire», ma è subito zittito dagli altri.

E inoltre sui quotidiani di oggi:

Expo

Repubblica – A pagina 9 Rodolfo Sala: “E Milano sfida Tremonti «Sottovaluta l’Expo 2015»”. Letizia infuriata perché la sottovalutazione dell’occasione per Milano, a suo dire, continua: l’Economia non allarga i cordoni della borsa e all’appello mancano due miliardi, mentre gli incarichi operativi della SOge (la società costuita prima di Natale) non sono ancora stati distribuiti…

Famiglia
Corriere della Sera – Via Solferino riprende un’inchiesta dell’Avvenire sul bonus famiglie, che secondo la simulazione del quotidiano della Cei nell’82% dei casi finirà nei portafogli di single e coppie senza figli. Commenta il pro-rettore della Cattolica Luigi Campiglio: “tanta retorica e più disuguaglianza”, «sono senza parole, non ci posso credere, proprio in questa fase di crisi dove aumenta il bisogno di equità…ed è ancora più sorprendente  perché va nella direzione opposta di quanto era nelle intenzioni dello stesso governo».

Immigrazione

Il Sole 24 Ore – “Integrazione a passi molto lenti”: crescono in Italia gli immigrati imprenditori (165.114 al 30 giugno 2008). «Insostituibili sul lavoro, ostacolati nell’integrazione». L’Istat fotografa la situazione degli stranieri in Italia, calcolando in 457.345 il numero dei figli di immigrati nati in Italia fino al 1° gennaio 2008, con una tendenza crescente superiore alle 50mila unità per anno. La cittadinanza rimane la strada maestra per l’integrazione e nei primi dieci mesi del 2008 hanno fatto domanda 47.599 immigrati (+2,3%  rispetto al 2007). Altro canale d’inserimento: la scuola. L’anno scorso hanno frequentato gli istituti italiani 574.133 alunni stranieri (+14,5%). Seguono tutti i numeri dell’anno (le presenze nel sistema di welfare, i posti di lavoro a rischio nelle imprese straniere, i conti in banca, le case di proprietà, ecc.)

Disoccupazione

Il Sole 24 Ore – «Non solo indennità monetarie ma anche piani di formazione professionale, in modo che “ogni persona che riceverà un sostegno al reddito  possa avere anche una simultanea possibilità di apprendimento”». Il progetto del Welfare per fronteggiare l’emergenza occupazionale chiede ai lavoratori di firmare una sorta di patto: il diritto al sussidio passa inderogabilmente dal rilascio di una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale.  In caso di rifiuto «si perde il diritto a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale, anche a carico del datore di lavoro». Lo schema è quello del “patto di servizio”, introdotto nel 2000 e rilanciato nel 2007 dal Protocollo del Welfare, che impegna il centro per l’impiego ad adottare azioni di orientamento e formazione, con proposte di tirocini adeguate ai disoccupati. L’idea ora è quella di estendere il meccanismo a una platea più vasta, prevedendo anche buoni prepagati da usare nei periodi di inattività per seguire corsi formazione e aggiornamento. Purtroppo al momento il Patto di servizio non sembra ancora aver espresso al meglio le sue potenzialità: finora, infatti, è stato adottato da un solo centro per l’impiego su due.

Non profit in sciopero?

Italia Oggi – A pag. 50: “Se un giorno il non profit si mettesse a scioperare”. L’ipotesi provocatoria è stata posta da Minnie Luongo – che premette quanto il terzo settore dal punto di vista economico non sia da considerare un mondo marginale – a Giorgio Fiorentini che risponde: «Non solo i circa 600mila dipendenti delle non profit dell’assistenza ama anche quelli di settori più laici come asili nido, attività sportive e strutture impegnate nella promozione e tutela artistica». « Ci accorgeremmo che il non profit è indispensabile per le emergenze e per la vita quotidiana».

Popolo di scommettitori

Italia Oggi – pag. 14: “Giochi fatturato da record” Incassi da 46,5 miliardi di euro per scommesse e concorsi e versati nelle casse dello Stato 7,9 miliardi (+10%). 20mila milioni di euro incassati dagli apparecchi per intrattenimento, segue il gratta e vinci che sfiora i 10mila euro, e il lotto con oltre 6mila milioni di euro. Ma nel lecito c’è anche tanto illecito: quest’anno sono stati 1500 i siti oscurati. Italia Oggi fa un’analisi economica, ma è un dato di fatto il fenomeno sociale che sta dietro a questi numeri: migliaia di giocatori. E infatti nel taglio basso a pag. 15 Si annuncia “Il poker on line si candida a essere un fenomeno di massa”.

Obama

La Stampa – Un articolo del corrispondente da New York Maurizio Molinari sul “dietrofront di Obama”. In diretta Tv il presidente eletto ha spiegato che alcune promesse fatte in campagna elettorale andranno ridimensionate, le riforme di sanità e previdenza dovranno lasciare il passo alle misure anti-crisi, il carcere di Guantanamo non sarà chiuso nei primi cento giorni di governo e per il momento non vi saranno inchieste sulle presunte “violazioni della legge” commesse dall’amministrazione Bush nella guerra al terrorismo. «Voglio essere realistico non potremo fare alla velocità desiderata tutto quello di cui abbiamo parlato durante la campagna elettorale» ha detto Obama, spiegando che il processo di uscita dalla crisi economica sarà lungo e doloroso. Su Guantanamo non sarà immediato trovare una soluzione perchè «alcuni detenuti sono terroristi intenzionati a far saltare in aria scuole e autobus» e sulle presunte violazioni dell’amministrazione Bush nella lotta al terrorismo la posizione di Obama è che si deve «guardare avanti».

 

 

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