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Hamas come l’Ira. farà una svolta epocale

Hanna Siniora: «I palestinesi l’hanno votato per questo, non perché continui la guerra. Questo è il momento più difficile. Israele, sotto la pressione del voto, ha chiuso tutti varchi...

di Maurizio Debanne

Hanna Siniora, oggi direttore del periodico Jerusalem Times, è un esponente di punta dell?ala riformatrice della dirigenza palestinese. è stato tra i promotori dell?Iniziativa di Ginevra, il piano di pace messo a punto da politici, intellettuali, militari israeliani e palestinesi. Siniora ha sempre tessuto un dialogo con la società occidentale, impegno che ha mantenuto dopo lo choc della vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi. Durante la sosta italiana del suo recente viaggio in Europa, è stato intervistato da Maurizio Debanne del Cipmo, il Centro per la pace in Medio Oriente diretto da Janiki Cingoli.

Vita: Per molti osservatori la prima conseguenza del successo del movimento islamico è stata quella di aver fatto tornare a 15 anni fa la lancetta del tempo in Medio Oriente. Lei è d?accordo?
Hanna Siniora: Niente di più sbagliato. Il discorso di Abu Mazen nella seduta inaugurale del nuovo parlamento è stato chiaro. Il suo programma, per il quale è stato eletto, riconosce tutti gli accordi firmati con Israele ed è per una politica del compromesso e del negoziato. Abu Mazen ha anche confermato la sua fiducia alla road map che rimane l?unica base negoziale. Ha chiesto dunque, indirettamente, ai neo deputati di Hamas di attenersi a questa linea. Molti di loro continuano a non essere disposti a riconoscere il diritto all?esistenza dello Stato di Israele ma allo stesso tempo hanno già dato la loro disponibilità a lavorare con il presidente Abu Mazen su alcuni punti specifici: riforme, servizi e welfare.
Vita: Hamas non vuole sporcarsi le mani per mantenerle libere, ma qualcuno dovrà pure negoziare con Israele o quanto meno parlarci?
Siniora: Qui va fatta una precisazione. Tutti gli accordi con Israele sono stati ratificati dall?Olp e non dall?Anp. Israele e l?Olp si sono mutuamente riconosciuti negli accordi di Oslo. Credo dunque che Hamas, che non ha mai aderito all?Olp, lascerà nelle mani di Abu Mazen, che è anche presidente dell?Olp, il negoziato con Israele, per evitare ogni contatto formale con lo Stato ebraico e la comunità internazionale. Nel breve, Hamas vuole consolidare il suo potere occupandosi direttamente dei servizi più vicini ai cittadini.
Vita: Possiamo aspettarci anche l?ingresso di Fatah nel governo?
Siniora: Troppo presto per dirlo. Il nodo principale è chi coprirà la carica di ministro degli Interni, che controlla il settore della sicurezza, sebbene appaia scontato che l?incarico sarà affidato a un esponente di Hamas. Hamas continua a mantenere la porta aperta per al Fatah. Il ministro degli Esteri potrebbe infatti essere uno di Fatah, se la formazione che fa capo ad Abu Mazen alla fine deciderà di entrare nell?esecutivo. In caso contrario è possibile che il prossimo ministro degli Esteri palestinese sia Ziad Abu Amer, membro del parlamento eletto come indipendente a Gaza. Infine, non è azzardato supporre che il prossimo ministro del Turismo sia un cristiano.
Vita: Israele questa chance non ha alcuna intenzione di concederla. Il premier Olmert ha dichiarato che non verranno più trasferiti i fondi dei dazi doganali.
Siniora: Israele ha scelto la via delle sanzioni. Sbagliando. Olmert ha deciso che i fondi accumulati nella raccolta di dazi doganali e delle tasse non verranno girati ai palestinesi, veri proprietari di quel denaro. Ma non è tutto. Israele ha anche chiuso due valichi di passaggio per le persone: Keren Shalom e Sufa. Non riesco proprio a capire perché il governo israeliano abbia varato un piano di pressioni economiche e militari ancor prima che si formi il governo palestinese. Lo sanno tutti che la politica del bastone, delle punizioni collettive, ha già dimostrato in passato di essere fallimentare.
Vita: Ma in Israele la campagna elettorale è ormai aperta da settimane…
Siniora: Proprio perché le elezioni israeliane sono all?orizzonte mi preoccupo tanto. Il governo Olmert manterrà una linea dura per non perdere una parte dell?elettorato di destra. Ciò significa però anche che l?Anp rischia la bancarotta. Per fortuna la Banca mondiale ha annunciato che trasferirà 60 milioni di dollari nelle casse palestinesi. Contemporaneamente i paesi arabi aumenteranno il loro contributo economico. Usa e Ue devono rendersi conto che nel breve termine gli aiuti internazionali alla popolazione palestinese servono più che mai. Una grande potenza come gli Stati Uniti, primo promotore della democratizzazione nel mondo arabo, non sarebbe dovuta restare sconvolta dai risultati delle elezioni palestinesi. Avrebbe dovuto tenere un ruolo meno aggressivo e più pragmatico. Sono sicuro che i palestinesi non hanno votato Hamas per continuare la lotta armata ma hanno scelto questo movimento perché credono sia capace di realizzare quelle riforme di cui il popolo palestinese ha estremamente bisogno. Ci sarà una svolta epocale se Hamas cambierà strategia come fece l?Ira quando adottò la non-violenza come strumento per ottenere l?indipendenza.
Vita: Ci riuscirà anche Hamas?
Siniora: Solo il tempo ce lo dirà.

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