Emergenze

Haiti, non lasciamola sola

Mentre si aspetta l’inizio di una missione internazionale per contrastare le bande criminali che governano Haiti la situazione dei civili peggiora di giorno in giorno. Anche se mancano le condizioni di sicurezza diverse realtà della società civile continuano a lavorare. «La situazione è surreale», spiega Flavia Maurello, di fondazione Avsi. «Ma i progetti vanno avanti». E ancora: «Non possiamo permettere che Haiti diventi un luogo senza futuro», dice Laura Biancalani, direttrice generale della fondazione Andrea Bocelli. «Qui c’è una comunità straordinaria che non possiamo e non vogliamo abbandonare»

di Anna Spena

Haiti, quasi undici milioni e mezzo di abitanti, è il Paese meno sviluppato dell’emisfero settentrionale ed è anche considerato uno dei più poveri al mondo. Circa l’80% della popolazione vive in una condizione di povertà degradante, il 54% vive con meno di un dollaro al giorno. 

La capitale, Port au Prince, è gestita dalle bande armate che controllano il territorio. Le persone vivono nel terrore. Le condizioni sono sempre più drammatiche e fuori controllo. «L’evasione di 4mila detenuti dal carcere della capitale Port-au-Prince ha ulteriormente peggiorato la situazione», dice Flavia Maurello, rappresentante Paese di fondazione Avsi. «Qui tutto sembra surreale. Parte della capitale e la zona dell’aeroporto sono controllate gang armate. Il primo ministro Ariel Henry non è riuscito a rientrare nel Paese, ora si trova a Porto Rico». Il capo di una delle gang criminali, Jimmy Chèrizier, ha minacciato una guerra civile se Henry non rassegnerà la dimissioni.

Avsi lavora nel Paese dal 1999, collabora con organizzazioni locali per combattere la violenza di genere, creando luoghi sicuri dove ricevere assistenza e protezione, e per prevenire la malnutrizione, puntando su attività di cura e di sensibilizzazione che coinvolgano l’intera comunità, ma lavora anche in risposta alle continue emergenze umanitarie che vive Haiti e in supporto alla popolazione vulnerabile, attraverso il rafforzamento economico con lo strumento del cash transfer. «Lavoriamo con uno staff di quasi 300 persone per gestire 27 progetti. La maggior parte dello staff è locale».

Negli ultimi giorni in migliaia sono fuggiti dalle loro causa dopo gli scontri nei diversi quartieri e l’intensificarsi delle tensioni. L’ong denuncia anche che l’insicurezza a Port-au-Prince ha contribuito a un aumento delle violenze sessuali negli ultimi anni e le équipe di Msf temono che queste cifre aumentino ulteriormente con l’aumento delle persone sfollate. «Siamo preoccupati», spiega Mumuza Muhindo Musubaho, capomissione dell’organizzazione ad Haiti, «perché è estremamente difficile accedere alle nostre scorte di materiale medico, non solo per la situazione del porto che ora è difficilmente accessibile, ma anche per l’impossibilità di proseguire con le procedure amministrative di sdoganamento. Temiamo di rimanere senza medicinali e forniture mediche, che sono assolutamente essenziali per soddisfare le enormi necessità che stiamo affrontando in questo momento».

Secondo l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, gennaio 2024 è stato il mese più violento ad Haiti dopo oltre due anni, con almeno 806 persone uccise, ferite o rapite nel paese. Da allora la situazione si è ulteriormente deteriorata e il 28 febbraio Port-au-Prince è piombata nel caos, con decine di feriti che affollano le strutture mediche.


Laura Biancalani, direttrice generale della fondazione Andrea Bocelli, da pochissimi giorni è rientrata da una missione nel Paese. Da anni la fondazione Bocelli collabora con la Fondation St. Luc, un’ organizzazione haitiana fondata da Padre Rick Frechette, sacerdote e medico americano. Oggi dirige l’istituzione in collaborazione con un gruppo di giovani leader haitiani che insieme hanno la volontà di condurre il proprio Paese verso un nuovo futuro nel quale ogni uomo possa vivere fuori da quella povertà estrema. I programmi di Saint Luc forniscono formazione e cibo a 10mila studenti ogni anno, cure mediche a più di 200mila persone e lavoro per oltre 1800 unità di personale permanente.

«Lavoriamo nelle aree di Abricots, Croix-des-Bouquets, Kenscoff, Dame Marie e Devarenne», racconta Biancalani. «Tra catastrofi naturali e bande armate la situazione ad Haiti è molto complessa. Qui abbiamo realizzato cinque scuole, sia nella capitale che nelle zone più remote del Paese. E le nostre scuole, che accolgono complessivamente tremila bambini dai tre anni fino alle superiori, sono aperte tutto l’anno. Questo è importante perché durante il periodo estivo la scuola rappresenta un punto di riferimento per tutta la comunità. In un contesto come quello di Haiti il ruolo svolto dalla scuola è fondamentale: è un luogo sicuro in cui i bambini si possono “rifugiare” dai pericoli della delinquenza dilagante e usufruire di un’educazione che sia potenzialmente motivo di riscatto per loro e la comunità stessa».

«Educare i bambini e le loro famiglie al concetto di scuola come possibilità di riscatto per loro stessi e la comunità significa ingenerare una consapevolezza che il cambiamento debba passare da e per loro», spiegano dalla fondazione.

Arrivata ad Haiti Biancalani si è trovata davanti a una situazione drammatica: «La capitale mi è sembrata una città fantasma. Haiti ha una sola strada asfaltata che percorre tutto il Paese», racconta. «Una strada che è sempre stata strapiena di vita, di mercati, di furgoni o piccoli bus. Il Paese che ho visto nell’ultima missione, è un Paese che non ho riconosciuto».

La direttrice della fondazione Andrea Bocelli negli ultimi anni ha viaggiato spesso ad Haiti, «andarci ora», spiega, «visitare le scuole, incontrare i leader delle comunità di St. Luc è stato ancora più importante perché abbiamo voluto portare un messaggio “il popolo haitiano non è solo, noi ci siamo, e anzi rafforziamo la nostra presenza. Per noi, che sentiamo Haiti come casa, è doloroso vederla così». Haiti oggi è uno dei Paesi più pericolosi del mondo: «Con la fondazione», racconta Biancala, «siamo stati due volte alle Nazioni Unite per ricordare che la popolazione non può e non deve essere dimenticata. Che le persone che vivono ad Haiti non possono essere considerate fantasmi. Che dobbiamo esserci per loro, ed esserci per noi significa anche guardarsi negli occhi. Se continuerà così Haiti presto diventerà un luogo senza futuro possibile. La situazione è disperata e capiamo la necessità di operazioni militari, ma allo stesso modo sono necessarie le operazioni umanitarie. La popolazione di Haiti è straordinaria, ha una luce negli occhi. Le scuole che abbiamo lì sono bellissime e la bellezza è il risultato della forza e della competenza delle persone, della comunità».

Credit foto Luca Rossetti

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