Non profit
Haiti, l’energia sommersa che la salverà
Il dramma, la solidarietà, le riflessioni
«Il dramma di questo popolo sta dimostrando che i poveri non sono
un fardello per il mondo. Alla mancanza di mezzi materiali, e
spesso anche di diritti, rispondono con creatività e fantasia. Sono doti
umane che servono anche a noi». Parola di Flaminia Giovanelli, appena nominata viceministra vaticana alla Giustizia «I poveri non sono un fardello per il mondo: Haiti che ce lo sta mostrando». Flaminia Giovanelli è la nuova viceministra vaticana alla Giustizia. Una laica, una donna, invece di un monsignore. La seconda nella storia della Chiesa cattolica: dal 66 al 76 l’australiana Rosmary Goldi è stata sottosegretario del Pontificio consiglio per i laici. Giovanelli ricopre lo stesso ruolo ma nel Pontificio consiglio per la giustizia e per la pace, l’organismo che si occupa da vicino delle questioni legati allo sviluppo e all’equità sociale in tutto il mondo. In questi giorni anche di Haiti, in stretto contatto con il Catholic Relief Service, l’agenzia umanitaria dei vescovi americani che, su indicazione del Papa, sta coordinando gli aiuti delle comunità cattoliche.
Vita: Come si vive in Vaticano l’emergenza di Haiti?
Flaminia Giovanelli: Proprio il giorno dopo il terremoto ho ricevuto in Vaticano un gruppo di studenti che frequenta l’Università Urbaniana, fra loro c’era un haitiano. Vedere qualcuno che soffre per quello che succede nel proprio Paese è terribile. La prima reazione, dal punto di vista umano, è la sofferenza con le persone colpite da questo disastro, quindi la spinta ad aiutare: le collette, gli aiuti, gli interventi di emergenza sono essenziali. Accanto a tutto questo, c’è un particolare che mi ha colpito più di altri, anche perché è legato a un problema che mi sta a cuore.
Vita:Quale?
Giovanelli: Sono due milioni i bambini rimasti senza genitori, ammesso che ce li avessero prima. Sono soli e quello che bisogna fare ora è salvarli dalla tratta e dal traffico di esseri umani. Ma se si va dentro la notizia si scopre che oltre il 60% di loro non sono registrati. Questo è un problema grave non solo di Haiti ma anche di molte parti dell’Africa, dell’Asia, dei Paesi poveri. Chi non è registrato non ha diritti. Quella che sembra una banalità è un fatto gravissimo, che non riguarda solo i bambini. Nel mese di settembre sono stata a Ceuta, enclave spagnola nel Marocco, dove ho incontrato un gruppo di migranti provenienti da diversi Paesi dell’Africa, che pensavano di aver raggiunto l’Europa e invece erano bloccati lì. Molte di queste persone avevano il diritto di essere accolte perché rifugiati politici. Ho pranzato e parlato a lungo con un giovane sudanese, un ragazzo rimasto senza genitori a causa della guerra. Ci aveva messo un anno e mezzo per raggiungere il Marocco. «Io voglio lavorare», continuava a ripetere.
Vita:Cosa l’ha colpita in particolare in quella visita?
Giovanelli: Incontrare persone giovanissime, con energie incredibili, costrette all’inattività forzata. Quando ho fatto presente a questo ragazzo sudanese che aveva il diritto di essere accolto come rifugiato mi ha risposto che non era registrato all’anagrafe e il suo consolato non poteva dire che fosse sudanese. Aveva diritti che non poteva dimostrare. In Sudan faceva l’agricoltore. Alla fine mi ha dato il suo indirizzo mail. Aveva imparato a usare il computer in un internet café in Marocco. Questo mi colpisce: le enormi risorse di persone che hanno pochi mezzi. Lo stesso sta accadendo ad Haiti.
Vita:A quali risorse si riferisce?
Giovanelli: L’energia, la creatività, le risorse che si attivano improvvisamente. Mi hanno mandato una cartolina dall’Uganda che ritrae attrezzi e marchingegni fatti con materiale poverissimo ma che funzionano perfettamente, “tecnologia ugandese” è la didascalia autoironica. Mi colpisce questa qualità della fantasia, dell’inventiva che persone povere sviluppano perché si devono arrangiare, per via delle difficoltà in cui si trovano a vivere. Queste doti umane sono una risorsa anche per noi. In fondo rappresentano uno degli elementi distintivi dell’essere umano. Solo l’essere umano è in grado di immaginare il futuro. È proprio vero che «il povero non è un fardello», come ha scritto Giovanni Paolo II nell’enciclica Sollicitudo rei socialis.
Vita:Quali sono dal suo punto di vista le priorità di Giustizia e pace?
Giovanelli: Innanzitutto far conoscere l’enciclica sociale del Papa, la Caritas in Veritate, che è una miniera di spunti. Tra le priorità inoltre metterei le migrazioni e la situazione dei cristiani in Medio Oriente. Per quanto riguarda il fenomeno migratorio serve più conoscenza, che è anche un antidoto alla paura, insieme ai rapporti interpersonali. Oltre alla xenofobia vedo anche tante testimonianze di solidarietà fra persone di diversa provenienza. Il Medio Oriente è una mia preoccupazione costante: vedere comunità cristiane che risalgono ai tempi apostolici che si vanno disseccando, fa piangere il cuore. Penso al Libano, alla Terra Santa, ma anche all’Iraq.
Vita:La prospettiva di una donna, su temi internazionali come quelli che tratta il suo dicastero, è differente?
Giovanelli: Forse noi donne siamo più attente alle relazioni. L’aspetto che sottolinerei di più dell’enciclica sociale è la necessità di creare una fraternità universale, un tema ripreso dalla Populorum progressio. Mi colpisce anche l’invito all’unità fra i temi della vita e i temi sociali, l’uno non va senza l’altro. La tutela della vita comporta anche desiderare una vita “buona” e degna per tutti.
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