Non profit

Haiti, la gara della solidarietà

Ampio spazio sui giornali all'impegno di volontari e ong. Ecco come dare un aiuto concreto

di Franco Bomprezzi

Cronaca difficile di una gara di solidarietà per la popolazione di Haiti, mentre Port-au-Prince sconvolta dal terremoto è nel caos. Anche oggi i giornali italiani dedicano numerose pagine all’emergenza Haiti. Dedichiamo la nostra rassegna stampa di oggi interamente a questo tema.

Intanto le maggiori ong italiane si stanno mobilitando per portare aiuti e raccogliere fondi da destinare ai primi soccorsi. In particolare il coordinamento di Agire (cappello che riunisce 11 fra le più importanti sigle con base nel nostro paese, ActionAid, AMREF, CESVI, CISP, COOPI, COSV, GVC, Intersos, Save the Children, Terre des Hommes e VIS) ha lanciato il numero solidale 48541 da cellulari Tim e Vodafone e dai numeri fissi di Telecom Italia. Per sostenere Agire però si può anche utilizzare con estrema facilità la nuova piattaforma web di VITA DONAZIONI sul sito www.vitadonazioni.it

 

LA RASSEGNA STAMPA

“L’urlo di Haiti: «Venite a salvarci»”. Il CORRIERE DELLA SERA parla di «catastrofe con migliaia di morti e 3 milioni di sfollati». Obama intanto invia 5mila soldati: mostriamo la nostra leadership. Alla tragedia sono appaltate le prima nove pagine. L’impegno dei volontari occupa pag 6 sotto il titolo “«Vogliono medici, siamo partiti in dieci minuti»”. Paolo Foschini ha accompagnato i volontari italiani sul volo per Haiti. Storie e parole molto semplici e tanta voglia di portare solidarietà. «Drusilla Rollo per esempio. 29 anni, è specializzata in ginecologia all’ospedale Buzzi di Milano. Mai stata ad Haiti prima d’ora. E neppure Federico Cirillo, due anni meno di lei, suo collega in corsia. «Io avevo fatto il turno di notte in ospedale – dice lei – e avevo visto la notizia su internet». «Io invece alle otto di mattina – quando sono arrivato in reparto non avevo ancora letto i giornali. Non sapevo ancora niente». Ma non ci sono solo medici. Ancora dal pezzo di Foschini: «Manco Randon, 50 anni, di Mantova, è uno che di mestiere fa il pane. Cioè anche qualcosa di più: ha vinto per anni il campionato italiano dei panificatori, campione italiano dei panificatori…Ha scoperto il volontariato in Togo dove realizzò il suo primo forno in un villaggio nel 2007. Ad Haiti ne ha portato uno l’anno scorso…«non c’è nessuno al mondo – dice Marco – che non possa fare qualcosa per qualcun altro. E quando lo si fa una volta, poi non è più possibile non farlo». Fra i numeri della solidarietà il CORRIERE segnala i 3,5 milioni di persone rimaste senza casa, i 7 volontari già partiti dalla Lombardia, i 5mila litri distribuiti dall’Unicef, i 5.500 soldati e marines in arrivo dagli Usa e i 3,4 milioni stanziati dall’Unicef.     

“Haiti nel caos, arrivano i marines”: anche oggi LA REPUBBLICAdedica al terremoto molto spazio. Da Port au Prince, Angelo Aquaro riferisce di «una città che non c’è più» diventata un «buco nero che ha inghiottito migliaia di vite». Disperazione mista a rabbia e dolore, mentre ormai si è arrivati al terzo giorno dal sisma. L’allarme che sale riguarda i bambini: sarebbero oltre due milioni tra morti, feriti, rimasti soli. Sarà un’emergenza lunga e difficile. Come conferma anche la testimonianza di Stefano Zannini, capo missione di Medecins sans frontieres: nella città sconvolta e tappezzata di cadaveri stanno cominciando a muoversi però le ong, la Croce rossa, stanno arrivando altri medici. È una lotta contro il tempo: le prossime ore decideranno chi sopravviverà. Sui soccorsi americani riferisce Federico Rampini: “Gli Usa ‘invadono’ Haiti i parà schierati nelle strade per evitare assalti e saccheggi”. Obama, visibilmente emozionato, ha promesso in tv che l’America non abbandonerà Haiti: già arrivata al largo dell’isola una portaerei e una nave anfibia con 2mila marines seguita da altre 4 navi militari, in arrivo altre due portaerei. Entro il weekend il contingente militare sarà di 10mila soldati. Inviati anche 300 tra medici e infermieri; allertati altri 12mila. Nel frattempo il Fmi stanzia 100 milioni, 3 li ha messi a disposizione la Commissione europea mentre su Facebook e Twitter sono stati raccolti in un giorno solo altri 3 milioni di dollari. Segnalo anche un pezzo di Vittorio Zucconi: “La notte dei funerali stregoni e riti voodoo per i morti viventi”. Haiti sta celebrando anche i suoi riti funebri, con canti, riti, cerimonie. Zucconi sottolinea il sincretismo religioso è l’importante contributo dato dai soldati brasiliani che hanno compreso come fosse necessario permettere queste cerimonie religiose e hanno imposto il rispetto delle tradizioni haitiane.

IL GIORNALE retrocede Haiti alla fotonotizia centrale, scegliendo di aprire invece con il dialogo Fini-Berlusconi. Il titolo è “Metà isola muore, l’altra gioca a golf – A Santo Domingo è festa, ad Haiti si cercano gli italiani. E solo ora ci si accorge che il popolo era alla fame”. I servizi sono alle pagine 12-15. Il servizio sui contrasti dell’isola di Hispaniola è firmato da Guido Mattioni: Oggi Hispaniola, gigantesco scoglio ricoperto di verde che emerge dall’azzurro del Caribe, appare proprio questo. Ovvero, l’assurda epitome, la stridente sintesi del modo in cui una semplice riga tracciata sulla carta geografica possa marcare un confine incredibilmente ingiusto e crudele. Di qua, a Ovest, quello che non certo dall’altro ieri è sempre stato il buco nero di Haiti. Ovvero il luogo geografico dove un destino non pago di averla condannata a essere la nazione più misera di tutte le Americhe – con un dollaro al giorno di reddito medio – martedì pomeriggio vi ha anche fatto arrivare, in anticipo, la fine del mondo. Mentre di là, a Est, sulla spiaggia di Boca Chica, viene offerta con la formula del “tutto compreso” – mare, sesso e anche droga, basta chiedere – una realtà che non sarà perfetta, che è certo ben distante da un Paradiso, ma che senza dubbio ha poco a che spartire con l’oggettivo Inferno, passato, e soprattutto presente, di Port-au-Prince. Perché ben prima che le misere baracche e i patetici palazzi in cemento totalmente «disarmato» di Haiti venissero giù come meringhe, violentemente scossi dalle viscere di un suolo che tutti da sempre sapevano ad alto rischio sismico, a Est, a Santo Domingo, cresceva e si sviluppava la parte più estesa e più ricca di quella stessa grande isola – tre volte la Sicilia, quasi il doppio della Svizzera – scoperta e colonizzata da Cristoforo Colombo nel 1492. Uno sviluppo forse disordinato, quello di Santo Domingo. Ma inarrestabile.  Spinto in massima parte da quella risacca umana, di bocca buona, ma comunque gonfia di dollari, che è il turismo di massa, industria che riempie a getto continuo voli charter e villaggi turistici, alberghi e residence in affitto con il popolo dell’inclusive tour. Un popolo dove sudano e spintonano giovani e meno giovani maschi, visibilmente allupati, alla ricerca di ragazze dalle natiche sode e dalla frangibilissima moralità, coppiette in viaggio di nozze a cui basta e avanza un tramonto rosa per precipitarsi in camera dimenticando tutto il resto, sedicenti ballerini di merengue assetati di musica, ma anche sinceri appassionati di silenziose immersioni tra i fondali di una splendida barriera corallina. Sono centinaia di migliaia di persone ogni anno, provenienti da tutto il mondo, 130mila in media soltanto dall’Italia. E non le ferma nulla, nemmeno il terremoto, come ha confermato ieri il ministro del Turismo domenicano, Francisco Javier Garcia, sottolinenando compiaciuto come “al momento nessun volo e nessun viaggio organizzato sono stati cancellati”». Cristiano Gatti invece si occupa della solidarietà tardiva “Ora tutti corrono ad aiutarli, ma fino a ieri nessuna pietà”: «Leggendo le notizie di agenzia, si fatica ad aggiornare la cronaca di questa gara. Come un Telethon impazzito, il grande totalizzatore della solidarietà registra minuto dopo minuto le nuove adesioni. Staccano assegni tutte le star internazionali con le loro fondazioni, da Angiolina Jolie a Lance Armstrong. Raccolgono fondi i governi, le onlus, le banche. Ma anche le scuole, le parrocchie e i cral aziendali. Forza, ogni attimo è prezioso: Haiti manca di tutto, non possiamo lasciarlo solo.  Bello. Sì, molto bello. Però bisognerà pur dirlo, in un attimo di lucidità: Haiti era un Paese disperato e derelitto anche due giorni fa, prima del terremoto. Dove eravamo tutti quanti, fino a due giorni fa? Cosa dobbiamo concludere, guardandoci allo specchio: serve un cataclisma, per smuovere la sensibilità dei grandi poteri pubblici e delle piccole proprietà private? (…) Lì da molto tempo vivono i veri ultimi della terra, ma nessuna gara della solidarietà è mai partita. La nostra solidarietà ha bisogno di una potente scossa, settimo grado della scala Richter, per presentarsi ai blocchi di partenza e partecipare alla gara. C’è persino un errore di calcolo, cinico e finanziario, in questo atteggiamento. Come si dice in diverse situazioni: meglio prevenire. L’abbiamo verificato noi italiani giusto l’altro ieri, all’Aquila: qualche soldo speso bene prima avrebbe evitato molti lutti e tante spese dopo. Un poco di solidarietà in anticipo eviterebbe la fine del mondo poi. Lo spiegano benissimo i Bertolaso – altra categoria che senza scosse non ascoltiamo mai -: l’emergenza costa tantissimo, molto più di una prevenzione sensata. Centomila dollari dati ad Haiti prima del terremoto sarebbero serviti a costruire un edificio sicuro, centomila versati ora servono a comprare una ruspa per rimuovere i detriti».

IL MANIFESTO propone in prima pagina una mamma haitiana che tiene in braccio il figlio tra le macerie. Il titolo d’apertura è “Hanno zero”. «Il secondo giorno dopo il terremoto Haiti non urla più. Nel silenzio si scava tra le macerie per cercare i feriti e trovare i morti. 45 mila, il numero delle vittime accertate, ma il bilancio è destinato a salire. Nell’isola al buio, manca l’acqua, le strade sono cimiteri, Port-au-Prince piange nel caos. 3,5 milioni di persone senza casa. Ondate di profughi, Santo Domingo blocca le frontiere. Arrivano i primi soccorsi, gli Usa inviano 5500 militari e 100 milioni di dollari». Due le pagine dedicate alla tragedia (2 e 3). La prima titola “Lotta contro il tempo” e propone un articolo a firma di Fausto Della Porta «un altro giorno, un’altra notte da incubo. In una Port-au-Prince quasi rasa al suolo, dove manca luce ed acqua, la gente dorme per strada». La notizia più triste è che «“non si sentono più lamenti tra le macerie” ha sottolineato una cooperante italiana». Per quanto riguarda la tragedia i numeri sono ancora confusi. «Un senatore dell’opposizione, Youri Latourte ha parlato di “500 mila morti”. Il primo ministro Jean-Max Bellerive ha fatto una stima di “100mila vittime”. La Croce Rossa internazionale prevede almeno “40-50mila morti”». Nella seconda pagina da sottolineare il box in alto “Muore anche Micha Gaillard, figura di spicco della politica haitiana, uomo di pace” a firma di Nikos Moise. «Sotto le macerie del Palazzo di giustizia è morto anche Micha Gaillard». «Ha raccontato le crisi che si sono succedute negli ultimi 25 anni ad Haiti: il crollo della dittatura dei Duvalier, i colpi di stato dei militari, le prime elezioni democratiche, la presidenza di Aristide e la sua fuga in esilio, lo sbarco dei marines statunitensi per ripristinare l’ordine democratico, fino all’attuale caos politico e amministrativo». Conclude Moise dicendo che «lo vogliamo ricordare, quest’oggi, con la barba riccia e il sorriso che rallegrava sempre il suo viso. Micha Gaillard, ricordate questo nome».   

C’è molta America negli articoli che il SOLE24ORE dedica al terremoto che ha colpito Haiti. Nel pezzo “Obama:non sarete dimenticati” IL SOLE24 entra nello specifico della mobilitazione americana: un acconto da 100 milioni di dollari, l’invio di 6 navi e 5.500 militari che arriveranno entro lunedì, una portaerei e una nave ospedale. Più che un salvataggio, sembra un’occupazione di un paese. «Gli Stati Uniti non hanno intenzione d assumere il controllo del paese» assicura il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs. Anzi, secondo Hilary Clinton l’obbiettivo dei marines «è garantire sicurezza,  operazioni di salvataggio e distribuzione di aiuti umanitari».Tra coloro che si spostano, c’è anche il vice presidente Biden, inviato da Obama in Florida per incontrare gli espandenti della comunità haitiana. A proposito di comunità, secondo il pezzo “La Haiti newyorkese spera in Barack“ «per capire la disperazione  di Haiti, basta prendere la metrò di New York e scendere a Brooklyn, fermata Nostrad avenue. Il quartiere, dove vivono 100 mila haitiani, è in lutto. «Ma è un lutto incerto. Molti non sanno quanti figli, genitori o parenti piangere. E intanto sperano che l’America, la loro patria adottiva, riesca in quello che il governo di Haiti non ha i messi e il know how per fare: offrire in primo soccorso efficiente». Frustrati dalla mancanza di comunicazioni  molti della comunità haitiana si affidano alla religione e alla preghiere, «Questa candela è per Barack Obama, abbozza con un sorriso Mary Laurent, 40 anni, che non ha notizie dei sui otto familiari residenti Port-Au-Prince». Faranno la loro parte anche gli ex presidenti americani. Secondo il pezzo “Clinton&Bush, in campo la strana coppia», gli ex inquilini della Casa Bianca aiuteranno nella raccolta fondi e nel coordinamento dei soccorsi.

“Né acqua né cibo. Solo macerie”: AVVENIRE dedica al sisma le prime sette pagine. Il primo impatto dato dal giornale è quello dell’inferno (è anche nel titolo dell’editoriale, “Per spegnere l’inferno”) con la nuova scossa e i primi bilanci: 3 milioni le persone colpite dal sisma, 50mila morti per la Croce Rossa («ma un bilancio attendibile delle vittime è impossibile», 2 milioni di bambini orfani o senza punti di riferimento e «un terremoto 35 volte più potente della bomba di Hiroshima». La prima pagina dei servizi, però, punta sulla solidarietà: hanno tenuto in qualche modo i camilliani con un ospedale da 100 posti e 500 pazienti ricoverati, «molti cercano solo un posto dove morire in pace», i salesiani e i gesuiti. L’ospedale della Fondazione Rava ha allestito una tendopoli per aumentare le possibilità di aiuto. Il volontario del Mlal dice: «Con questo orrore il mondo ha scoperto Haiti, i volontari sperano che ora non la dimetichi». La Cei ha lanciato una raccolta fondi in tutte le parrocchie per domenica 24. A coordinare gli aiuti della Chiesa cattolica ad Haiti sarà l’agenzia umanitaria dei vescovi usa, il Catholic Relief Services. Per quanto riguarda la cronaca, «i soldi ora come ora non valgono nulla, è l’acqua la nuova valuta», dice Paolo M. Alfieri. L’ambasciatore haitiano presso la Santa Sede, Carl Henri Guiteau, ha chiesto vaccini contro il tetano e le infezioni, cibo, tende, coperte. Il presidente René Preval ha detto che «la cosa più importante è un aiuto a seppellire i morti. Santo Domingo, assalita, ha chiuso le frontiere. Obama manda 5500 militari, 300 tra medici e infermieri, mentre il supercarcere di Guantanamo  sarà utilizzata come avamposto di emergenza e ha già iniziato ad accogliere i primi rifugiati. Gli aiuti internazionali già stanziati sono 450 milioni di dollari.

“Haiti, migliaia in fuga dall’inferno”. LA STAMPA apre con la foto di un sopravvissuto che scavalca i cadaveri ammassati davanti all’ospedale di Port-au-Prince. Sconvolgente il reportage di Maurizio Molinari, primo giornalista italiano a raggiungere l’isola: “La legge del machete nelle vie di Port-au-Prince”. «Bande di giovani armati di machete spadroneggiano nella Route1, il cuore del centro commerciale ridotto a un ammasso di macerie», «A 48 ore dal terremoto che ha sconvolto Haiti la violenza si manifesta senza freni». Si saccheggia ogni tipo di mercanzia che si riesce a reperire fra le macerie, e il giornalista de LA STAMPA deve sfrecciare per il centro in un moto-taxi con l’autista che abbassa la testa per evitare le lame e aggira le bande armate. Fra le interviste è da segnalare quella a Elizabeth Lindenmayer, dirigente Onu che si occupa di peacekeeping e che si era uscita da poco quando l’edificio Onu di Port-au-Prince è crollato. Dice che ci vorranno giorni o anche settimane per recuperare le salme: «il governo di Haiti non ha i mezzi né il personale per condurre un’ampia opera di soccorso mentre gli aiuti internazionali procedono a rilento». «Al cataclisma fisico ne sta già seguendo uno politico» avvisa la funzionaria Onu, le elezioni politiche previste per febbraio dovevano essere l’inizio della transizione politica ma adesso non saranno più possibili, inoltre «l’attuale missione di pace dell’Onu ad Hatiti deve finire e trasformarsi in qualcosa di radicalmente differente: una missione umanitaria» senza rinunciare a garantire la sicurezza.

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