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Haiti, il Natale di chi fugge
L’80% della popolazione vive in una condizione di povertà, il Paese è controllato dalle bande armate. Roselène Pierre, 24 anni, come moltissimi altri, è stata costretta a lasciare la sua casa per salvarsi dalla violenza dei gruppi. «La mattina che sono scappata», racconta, «avevo sentito sparare, succedeva spesso, ma non avevo idea che quel giorno sarebbe stato il mio ultimo giorno nella mia casa». Dopo essere scappata ha incontrato l’ong italiana Fondazione Avsi
Roselène Pierre ha 24 anni. Viveva a Port-Au-Prince, la capitale di Haiti, poi è dovuta scappare. Il Paese ha quasi undici milioni e mezzo di abitanti, è il meno sviluppato dell’emisfero settentrionale e uno dei più poveri al mondo. Circa l’80% della popolazione vive in una condizione di povertà degradante, il 54% vive con meno di un dollaro al giorno. Oggi in Haiti, e nei quartieri di Port-Au-Prince, comandano le bande armante che insieme alle catastrofi naturali, l’instabilità politica, le malattie, rendono difficili anche le più semplici attività – mangiare, spostarsi, andare a scuola.
Nell’ultimo anno la presenza di bande armante è aumentata a Port-Au-Prince, terrorizzano gli abitanti dei quartieri più poveri, che da un giorno all’altro si ritrovano in fuga per proteggersi e proteggere la propria famiglia. Anche Roselène, che viveva nella zona di Martissant, è scappata con il marito, sua figlia e una zia. Fino a giugno 2021 Roselène si guadagnava da vivere con piccole attività commerciali, mancava poco alla nascita del suo secondo figlio. Non era una vita semplice, ma tranquilla. Due estati fa anche nel suo quartiere si sono iniziate a contare le vittime dei conflitti tra gruppi armati. Le persone sono fuggite, senza avere il tempo di portare niente con loro.
«La mattina che sono scappata», racconta, «avevo sentito sparare, succedeva spesso, ma non avevo idea che quel giorno sarebbe stato il mio ultimo giorno nella mia casa. Quando i rumori si sono avvicinati e ho visto le persone scappare ho deciso di scappare anche io, da sola, con in grembo mia figlia. Non sapevo dove andare. Ho affidato l’altra mia figlia a un parente, e ho seguito le altre persone in fuga, mi sono rifugiata al mercato del pesce. C’era un odore terribile, la situazione igienica insopportabile ed era impossibile avere un po’ di privacy».
È in questo frangete che Roselène incontra l’organizzazione umanitaria Avsi. L’ong per la sua presenza storica nel Paese, ha accesso ad alcune fra queste zone più vulnerabili e conflittuali come Cité Soleil e Martissant. In questi luoghi dimenticati l’ong si dedica soprattutto alla protezione dei bambini e delle donne, che sono particolarmente esposti alla violenza esplosa nel Paese. Avsi collabora con organizzazioni locali per combattere la violenza di genere, creando luoghi sicuri dove ricevere assistenza e protezione, e per prevenire la malnutrizione, puntando su attività di cura e di sensibilizzazione che coinvolgano l’intera comunità. «Quando lo staff di Avsi», continua Roselène, «è arrivato al mercato, pregavo di essere chiamata. Quando ho sentito il mio nome ero molto felice. Con i soldi ricevuti ho affittato un piccolo appartamento con mio cugino, sono andata subito a riprendere mia figlia e ho comprato dei vestitini per l’altra figlia in arrivo».
Roselène partecipa al progetto di Avsi “Azione urgente per portare sicurezza alle popolazioni vulnerabili esposte alla violenza delle comunità e dall’insicurezza alimentare” che è stato avviato a maggio 2021 ed è finanziato da Echo (la direzione generale per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario europea). L’obiettivo è garantire protezione alle vittime di violenze e massacri perpetrati nelle aree metropolitane nei dipartimenti Ovest e Sud attraverso un sistema di risposta rapida basato su protocolli di intervento per persone bisognose di assistenza umanitaria; migliorare la situazione alimentare e nutrizionale proteggendo i mezzi di sussistenza delle famiglie vulnerabili nel comune di Ennery e nelle aree di Bel Air e La Saline e contribuire alla riduzione del tasso di malnutrizione nelle aree di Cite Soleil, Martissant e Les Cayes. «Avsi», spiega, «non solo mi ha aiutato economicamente, ma mi ha dato forza e speranza per andare avanti soprattutto grazie a degli incontri con altre donne. Ho imparato molto, soprattutto per quello che riguarda la cura dei miei figli. Ad Haiti diciamo “Bondye konn pouse mouch pou bèf ki pa gen ke”, è un proverbio creolo che significa “Dio verrà sempre in soccorso di chi non può rispondere ai propri bisogni”. Il sostegno che ho ricevuto è proprio questo, sono profondamente grata all’ong non solo per la nuova casa, ma per tutto ciò che, in questa situazione tragica, ho potuto imparare».
Credit Foto Apertura e ultima foto Aldo Gianfrate
*Erick Laurore, communication officer Avis Haiti
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