Una storica sentenza della Corte Suprema americana fa tremare molti palazzi della politica e della finanza: i bloggers, cioè i “cani sciolti” che sulla rete scrivono di attualità spesso smascherando vizi e vizietti dei potenti, sono a tutti gli effetti “giornalisti” e quindi godono delle tutele legali attribuite ai colleghi. Si tratta dell’estensione alle “firme online” dei diritti garantiti dal famoso Primo Emendamento della Costituzione americana, quello che definisce e tutela la libertà di parola e di stampa.
Il pronunciamento (
disponibile qui) è arrivato in seguito a una complicata causa – nota come “caso Cox” – che vedeva una agguerrita quanto discussa blogger,
Crystal Cox, contro il gruppo finanziario
Obsidian Finance Group.
Nel 2011 Cox aveva pubblicato online pesanti accuse nei confronti dell’Obsidian, denunciando truffe, evasioni fiscali e fondi neri.
Ovviamente, il gruppo finanziario aveva fatto causa per diffamazione, ma secondo la legge americana una causa del genere si può intentare soltanto contro “affermazioni di apparente fondatezza”. In primo grado, la sentenza stabilì che gran parte di quanto affermato da Cox nel blog fosse troppo esagerato e iperbolico per corrispondere alla realtà di fatto; tuttavia l’accusa di frode fiscale risultava abbastanza circostanziata, benché falsa; la Cox avrebbe dovuto quindi rivelare le proprie fonti, oltre a risarcire la Obsidian con 2,5 milioni di dollari.
A quel punto la blogger (ovviamente) contrattaccò, facendo riferimento a altre due sentenze della Corte Suprema in materia di diffamazione: queste proteggevano i giornalisti che avevano scritto di “fatti pubblici” perché, pur scrivendo il falso, non l’avevano fatto con “intento malevolo”.
A questo punto il caso arriva alla Corte Suprema, con questa domanda: può un blogger – quindi una persona che non scrive per una testata giornalistica – essere protetto da sentenze che riguardano i giornalisti propriamente detti? Ovvero: un blogger è un giornalista? Ed ecco la risposta a sorpresa: la protezione accordata dal Primo Emendamento ai giornalisti può essere applicata anche ad altri attori della comunicazione, benché non istituzionalizzati. Non ha senso – ha scritto la Corte – una distinzione rigida tra stampa istituzionale e altri soggetti che fanno informazione, dato che “con l’avvento di internet e il declino della carta stampata e della televisione (…) la linea che separava i media e altri soggetti che vogliono dire la loro su temi politici e sociali è diventata molto meno netta”.
Quindi, almeno negli Stati Uniti, da oggi la libertà di stampa (con le relative tutele di legge) è accordata anche a chi non ha mai stampato una parola, ma si affida solo alla rete. E c’è speranza per tutti, perché a dire il vero
Crystal Cox è quanto di più lontano si possa immaginare dall’eroina senza macchia e senza paura: a metà tra un avvocato delle cause perse e una santona (si definisce “guida spirituale”) ha suscitato una pioggia di critiche sui propri metodi di lavoro e di indagine e addirittura – ironia della sorte – un altro blog dedicato a smontarne la credibilità.
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