Tra populismo e popolare. Percorrendo questo difficile crinale è possibile valutare i risultati e soprattutto l’impatto a medio termine delle elezioni politiche. Da una parte leadership carismatiche con capacità di massificare il voto (nel caso di Berlusconi in tempi rapidissimi). Dall’altra un voto radicale che si è comunque svolto nel perimetro del gioco democratico, senza incidenti e senza espressioni estremistiche. Tanto per essere chiari, non c’è niente che assomigli ad Alba Dorata nel nuovo parlamento italiano. E questo con buona pace di quella sinistra che dava del fascistello financo a Renzi, oppure che ha riesumato in rete citazioni di Gramsci legate al fascismo per appiccicarle, tali e quali, a M5S.
Altro collante del voto popolare è l’orientamento anti tecnocratico che ha accomunato, seppur nella diversità di posizioni, M5S e Popolo delle Libertà e che è causa del fallimento di Scelta Civica. Un’offerta politica, quella del premier Monti, che già dal nome individuava la propria mission nel coinvolgimento della “società civile”, tanto che nelle proprie liste contava diversi esponenti del terzo settore e del movimento cooperativo. Che cosa non ha funzionato? Forse c’è stato poco tempo per tentare una contaminazione virtuosa tra un’operazione nata top down (un pò per necessità e molto per le caratteristiche dei promotori) e l’apporto dal basso delle persone (o meglio delle loro organizzazioni di appartenenza) coinvolte nella società civile.
Ma forse il voto dice anche qualcosa d’altro, ovvero che sta cambiando la società civile e non solo la composizione delle aule parlamentari . M5S da questo punto di vista è il bacino più dinamico all’interno del quale stanno prendendo forma, o hanno trovato spazio, nuovi schemi d’azione collettiva. Una società civile che, a differenza di quella tradizionalmente cresciuta a stretto contatto con gli apparati dello stato e dei partiti, è più orientata al perseguimento di single issues che rispondono a bisogni ben specifici e delimitati. Il “non nel mio giardino” di NIMBY rappresenta una radice politica importante del movimento guidato da Grillo, ma più in generale si può far ricadere in questo ambito l’opzione fai da te del welfare non istituzionale che si auto organizza con le badanti e che forse ha contribuito ad alimentare soprattutto il bacino di voti di Berlusconi. Una società civile meno infrastrutturata e post ideologica che agisce come coalizione temporanea di interessi non necessariamente solidaristici. Edoardo Narduzzi in un saggio di di qualche anno fa battezzava questo fenomeno con un neologismo – “Olibù” – che è la crasi tra oligarchia e tribù.
Da una parte la società civile organizzata che ha accettato le regole del dialogo sociale e i suoi schemi di gestione economica (outsourcing e accreditamento) ha scelto l’opzione tecnocratica di Monti e del PD di Bersani. Dall’altra una società civile meno definita nella conformazione interna che, lei sì, sale alla ribalta e reclama nuove forme di relazione con le sfere istituzionali dello stato e del mercato. Insomma, mai come nel day after di questa tornata elettorale vale il famoso motto di Mao: grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente.
P.S. Grazie a Gianfranco Marocchi per lo stimolo a scrivere!
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.