Politica

Ha vinto l’altro sarkozy

Fino a qualche anno fa il nuovo inquilino dell’Eliseo era molto aperto alle comunità. Diede addirittura vita al Consiglio del culto musulmano...

di Joshua Massarenti

Nicolas Sarkozy lo ha promesso: sarà il presidente di tutti i francesi, pronto a difendere anche l?ultimo degli esclusi. Bene, ma cosa ne sarà di quei pezzi di società che rappresentano il diverso, l?altro, e che chiedono rispetto per i valori culturali di cui sono portatori? Ospite d?onore del convegno organizzato dalla Fondazione Unidea, Michel Wieviorka, sociologo di fama internazionale e autore di numerosi libri sul razzismo e il multiculturalismo, ha provato a tracciare le sfide che aspettano il nuovo presidente della Repubblica francese sul tema delle differenze culturali.

Vita: Quale sarà il destino della diversità culturale nella Francia di Sarkozy?
Michel Wieviorka: Difficile dirlo. Prima di approdare all?Eliseo ci sono stati sostanzialmente due Sarkozy: fino a due o tre anni fa, il neopresidente era molto aperto alle comunità: fu lui a dar nascita al Consiglio del culto musulmano, cioè la massima rappresentanza culturale dei musulmani di Francia. Poi è apparso al suo fianco un personaggio diventato molto influente su di lui, Henri Guaino, ex alto funzionario e autore dei suoi discorsi più importanti durante la sua campagna elettorale. È stato lui a convincere Sarkozy della necessità di tornare ai valori repubblicani: basta con le comunità e le minoranze, l?accesso allo spazio pubblico è riservato a individui liberi e uguali fra loro.

Vita: Quindi i valori repubblicani verranno preservati?
Wieviorka: La realtà è che il tema della diversità culturale non è politicamente prioritario. In Francia i politici si sono convinti che ci sono altre urgenze di tipo sociale, come la povertà, la disoccupazione, l?alloggio. Sulla questione del multiculturalismo, Sarkozy ha ribadito nel suo primo discorso da presidente che la priorità della Francia sarà frenare l?immigrazione attraverso politiche di sviluppo nei Paesi poveri, in particolar modo quelli africani. È un approccio interessante perché rivela a che punto il problema dei flussi abbia soppiantato quello legato ai doveri di un immigrato sul territorio francese.

Vita: Che cosa intende per flussi?
Wieviorka: Le rispondo con due esempi: negli ultimi anni c?è stata una grande polemica sui centri di accoglienza costruiti a Sangatte, una città affacciata alla Manica, per accogliere i profughi curdi, afghani o pachistani. Bene, ci siamo accorti che questi rifugiati erano in Francia solo di passaggio, il loro vero obiettivo era quello di raggiungere il Regno Unito. Pochi mesi fa è stata effettuata una ricerca sui richiedenti il visto alle ambasciate francesi in Marocco e Algeria. Dalle risposte è emerso che il visto era richiesto per ottenere poi un passaporto francese che consentisse di poter circolare liberamente in Europa e nel resto del mondo. Questo significa che chi arriva in Francia lo fa per sfruttare il paese come punto di partenza verso altri luoghi. In fin dei conti Sarkozy ha voluto attirare l?elettorato di Le Pen con l?idea sottintesa che gli immigrati, una volta in Francia, non se ne vadano più. Ma non è così. Oggi il nomadismo globale tende sempre più ad affermarsi.

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