Salute
GUINEA. La lotta anti-aids viaggia su quattro ruote
Una clinica mobile raggiungerà gli ammalati nelle aree più remote
di Redazione
Di Abdoulaye Bah
I malati di AIDS e i sieropositivi nelle zone più remote della Guinea guarderanno al futuro con più speranza d’ora in poi. Il programma DREAM (Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition) della Comunità di Sant’Egidio ha diramato un comunicato stampa secondo il quale una sua clinica mobile è diventata operativa a Conakry, cominciando le sue attività nel quartiere Km36, dove i fattori di rischio dell’infezione sono più elevati. Questo quartiere si trova, appunto, a 36 chilometri dal centro amministrativo e cuore economico del paese. Conakry, a causa della sua configurazione geografica delineata dal mare e dal tipo di urbanesimo, con numerosi edifici ad un piano, si estende in lunghezza, dalla costa dell’Atlantico verso l’interno. Il quartiere Km36 si trova poco distante dalla frontiera con la Sierra Leone; c’è un posto di blocco delle forze armate per controllare i movimenti da e verso il centro economico-amministrativo e c’è inoltre un incrocio di strade che si diramano verso la frontiera e il resto del paese. Per tutti questi motivi è un quartiere dove molti fattori contribuiscono alla diffusione dell’AIDS. Per raggiungere gli abitanti di questa zona e di altre aree remote, il programma ha attrezzato un camper con una grande scritta “DREAM – Communauté de sant’Egidio” che si sposterà nei diversi quartieri, rendendo le cure e i prelievi più vicini ai malati. Secondo il comunicato, “tutti i servizi che si trovano al centro DREAM, la visita, la consegna dei farmaci, la valutazione dei parametri di laboratorio, l’integrazione nutrizionale, sono stati “caricati” sull’unità mobile per essere portati nella zona del km 36. Lì l’unità mobile supporterà una sorta di “centro satellite”, un ambulatorio che è stato realizzato all’interno di un ex magazzino appositamente riadattato.”
Il programma DREAM ha iniziato le sue attività a Conakry tre anni fa con una clinica, che porta oggi il nome del Pontefice Benedetto XVI. Situato a cinque minuti dall’ospedale Donka, vicino alla moschea Re Fayçal, la più grande di questo paese, prevalentemente musulmano, all’entrata del centro commerciale e amministrativo della città, la clinica si prefigge come obiettivo di fornire ai pazienti tutte le prestazioni utili ai malati di AIDS e ai sieropositivi. Esse vanno dalla diagnosi, alla fornitura di cibo ai malati e alle loro famiglie, all’educazione all’allattamento materno, alla cura delle altre infezioni e delle altre malattie sessualmente trasmissibili in modo del tutto gratuito. Il centro si compone di tre edifici, uno usato come sala d’attesa e di riunione e per le manifestazioni sociali, uno per la direzione e l’altro per le attività sanitarie. Questa seconda villetta è costruita in modo tale che il paziente possa passare discretamente da un servizio all’altro senza mai essere visto dall’ingresso all’uscita. Il Centro Benedetto XVI è equipaggiato con laboratori moderni che rendono possibile far fronte ai problemi legati ad ogni stadio della patologia. Dietro ad ogni scrivania c’è una scritta ben visibile: “QUI E TUTTO GRATIS”. I malati arrivano al centro da tutto il paese. In pratica è l’unico centro specializzato nella lotta contro l’AIDS in tutta la Guinea.
Il personale è tutto locale, dal direttore ai medici e al personale generico. Dei formatori sono mandati periodicamente dalla sede centrale di Sant’Egidio a Roma per seguire le attività del Centro Benedetto XVI. Seminari di formazione sono organizzati sia per gruppi di malati, sia il personale e sia per i volontari con professori provenienti dall’università di Roma. I corsi includono: la conoscenza della malattia, la lotta contro la stigmatizzazione, la sensibilizzazione sui diritti e le responsabilità dei malati, l’importanza dell’allattamento materno, la conoscenza dei bisogni del corpo umano e dei cibi, i modi di migliorare la qualità della vita nonostante l’infezione. Una particolare attenzione è attribuita alla donna e al bambino. Dopo intensi sforzi DREAM Guinea è riuscito a far nascere oltre il 98 per cento di bambini sani da madri sieropositive e a assicurarne la sopravvivenza. Quesi risultati si valutano meglio sapendo che senza una terapia adeguata, la trasmissione verticale da madre infetta a bambino è molto alta, arrivando anche ad oltre il 40 per cento.
Questi risultati positivi hanno portato all’attenzione dei responsabili del programma l’esigenza di sensibilizzare i genitori di questi bambini sulla necessità di dichiarare la loro nascita allo stato civile. A questo effetto, il 20 giugno scorso è stata organizzata a Conakry un’assemblea del programma BRAVO (Birth Registration for All Versus Oblivion), un programma per l’iscrizione dei bambini allo stato civile perché non siano dimenticati. Nel comunicato pubblicato in quell’occasione, la Comunità di Sant’Egidio fa sapere che dopo “aver faticato tanto per far nascere dei bambini sani nell’ambito del suo programma verticale, si voleva fare in modo che questi bambini avessero una esistenza legale anche per lo Stato, che possano crescere come cittadini. In una realtà in cui lo Stato sembra spesso lontano (nella capitale, mancano l’acqua e l’elettricità non solo in molti quartieri di Conakry, e non solo quelli periferici), è importante al contrario sapere che dichiarare i bambini significa dare loro un avvenire, l’accesso alla scuola, ai servizi sanitari, alla carta d’identità e – perché no – anche alla possibilità di viaggiare, in futuro in altri paesi.”
La Comunità di Sant’Egidio fa sapere inoltre che dall’inizio di luglio, il centro DREAM di Conakry è in grado di effettuare il test “dried blood spots” (DBS) per la diagnosi precoce di infezione da HIV nei bambini di meno di un anno.
Il DBS è una nuova tecnica messa a punto e sperimentata in Tanzania da un gruppo di scienziati americani diretto dal Dr. John Bartlett del Duke Global Health Institute. I risultati sono stati presentati ufficialmente solo il 20 luglio scorso a Città del Capo, in occasione della Conferenza della società internazionale sull’AIDS, che ha visto una partecipazione di oltre 5000 esperti da tutto il mondo. Questa tecnica permette di individuare il virus dell’HIV nei primissimi stadi e di seguirne l’evoluzione senza aver bisogno di conservare i campioni di sangue in frigorifero, come si faceva fino’ora. Un campione di sangue prelevato e messo su una carta particolare durante le visite nei quartieri è inviato al laboratorio di biologia molecolare per le relative analisi anche dopo l’essicazione, permettendo una conservazione di diversi giorni a temperatura ambiente. Questa possibilità è particolarmente importante, non solo perché riduce i costi degli esami, ma anche perché a Conakry, come si è già fatto presente – la fornitura di elettricità è molto limitata.
Secondo le Nazioni unite, in Africa vivano 22,5 milioni di persone portatrici di HIV. Ogni anno sono 1,7 milioni le nuove infezioni. Le conseguenze della malattia sono rese più drammatiche da altri problemi dovuti al sottosviluppo: la povertà, la malnutrizione, la tubercolosi, la malaria, il colera e l’insufficienza dei servizi sociali e sanitari. La combinazione di questi fattori aumenta il grado di mortalità ancora più mortale. Purtroppo le prime vittime sono i bambini. Otto bambini su dieci resi orfani da questa malattia si trovano in questo continente. L’AIDS rappresenta la prima causa di mortalità e ha ridotto la speranza di vita alla nascita anche di dieci anni in molti paesi.
Rispetto ai paesi più colpiti, la Guinea si trova in una situazione meno drammatica. La percentuale di sieropositivi varia da 1,5 a 2,8 per cento sul totale della popolazione. I dati pubblicati dal Comitato nazionale di lotta contro l’HIV, dicono che nel 2006 c’erano circa 90 000 sieropositivi. La malattia colpisce di più la fascia di età più attiva compresa tra i 40 e i 49 anni. Le donne, che sono il pilastro delle attività sociali ed economiche, sono due volte più colpite degli uomini.
Dietro a questi dati nazionali globali si nascondono grandi disparità dal punto di vista sociale e geografico. I dati dell’inchiesta di sorveglianza dell’infezione del 2007 indicano che in certi gruppi sociali la sieropositività è molto elevata. Tra i minatori, gli autisti, i pescatori e le forze armate, il tassi arriva a 6,5 per cento e una prostituta su 3 è sieropositiva. Le donne con un certo livello d’istruzione sono quattro volte più colpite di quelle analfabete che vivono in zone rurali. Quelle considerate benestanti sono tre volte più colpite di quelle povere.
Le cifre basse di sieropositività rispetto ad altri paesi africani non devono indurre a facili conclusioni. La Guinea è già considerata un paese con un’infezione generalizzata. Secondo un’inchiesta condotta dall’ONU e dal governo, entro il 2015 la percentuale di morti provocate dall’AIDS dovrebbe variare tra il 27 e il 37 per cento del totale dei decessi nelle classi di età tra i 15 e 49 anni. Il governo ha preso diverse misure, tutte bellissime sulla carta, come per esempio la distribuzione gratuita delle medicine ARV per il trattamento della malattia per le donne incinte, i piani nazionali di lotta, una rilevante riduzione del prezzo delle medicine. Purtroppo dietro alle buone intenzioni non c’è molta azione. Solo un’esigua minoranza era seguita in modo occasionale dai servizi sanitari pubblici, la situazione è peggiorata dal colpo di stato che ha avuto luogo alla vigilia di Natale 2008. L’instabilità politica, la corruzione e l’ingordigia dei funzionari statali hanno causato la chiusura di molti programmi di cooperazione internazionale, colpendo anche i programmi di salute pubblica. Nel 2008 c’è stata un’interruzione quasi totale d’importazione ufficiale di medicine. Negli ospedali pubblici anche la cura della tubercolosi pone problemi, mentre il colera miete ogni anno un numero sconosciuto di vite.
Oltre alla Guinea, DREAM con 31 Centri cliniche e 18 laboratori di biologia molecolare è presente nei seguenti 9 paesi: Mozambico , Malawi , Tanzania , Kenya, Guinea Bissau, Camerun , Congo RDC, Angola e Nigeria.
*Giornalista originario della Guinea Bissau, Abdullaye Bah vive a metà fra Roma e Parigi. Dopo vent’anni di lavoro per l’Unido a Vienna e alcune missioni di pace in Africa, è tornato al giornalismo facendo il corrispondente stampa dall’Italia e dalla Francia per un giornale satirico del suo Paese d’origine. Fa parte del comitato scientifico del progetto Afro. Visita il sito: Afronline
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