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Guinea Conakry: cronaca di una guerra civile

Al centro dell’instabilità del Paese c’è lui, l’anziano presidente in carica dall'84 che non vuole mollare il potere.

di Emanuela Citterio

È uno degli ultimi dinosauri: governa da 23 anni ininterrotti un Paese africano ricco di bauxite e di petrolio, che però occupa uno degli ultimi posti – 150 su 162 – nell?indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. Lui è il presidente Lansana Conté, 73 anni, al potere dal 1984. E il Paese è la Guinea Conakry, oggi sull?orlo della guerra civile.

Il bilancio, dopo l?ultima settimana di scontri dal 12 al 19 febbraio, è di 120 morti fra i manifestanti, soprattutto giovani fra i 18 e i 25 anni, che si sono sollevati in tutto il Paese. È stata imposta la legge marziale, gli stranieri sono stati evacuati, è entrato in vigore il coprifuoco. Al centro dell?instabilità del Paese c?è lui, l?anziano presidente che non vuole mollare il potere, e che da oltre un anno detiene anche la guida del governo, dopo aver licenziato nel marzo 2006 il premier Celou Dalein Diallo. La protesta è partita dai sindacati e dalla società civile, in particolare dalla Confederazione nazionale dei lavoratori della Guinea (Cntg) e dal Consiglio nazionale della società civile guineana, che hanno promosso una serie di scioperi generali. L?ultimo, durato 18 giorni, dal 10 al 28 gennaio, ha coinvolto migliaia di lavoratori contro l?aumento vertiginoso dei prezzi e contro un sistema di corruzione di cui il presidente Conté è ritenuto responsabile. Nel 2005 in Guinea l?inflazione ha raggiunto un livello record del 250%, e i salari sono diventati insufficienti per acquistare i beni di prima necessità.

Ma una vera e propria insurrezione popolare è scoppiata il 10 febbraio, quanto la televisione di stato guineana ha dato notizia della nomina a primo ministro di Eugène Camara, ritenuto un fedelissimo del presidente Conté. Il contrario di quanto avevano chiesto i dimostranti al termine dell?ultimo sciopero e degli scontri di gennaio, costati la vita a 90 persone: l?intesa firmata alla fine della contrattazione con il governo prevedeva che il ruolo di premier fosse ricoperto da una personalità di garanzia, lontana dall?attuale entourage presidenziale e in grado di intraprendere una vera politica di cambiamento in vista delle elezioni del 2010. «Conté continua a resistere grazie a un forte controllo dell?esercito» dice un esperto della cooperazione in Guinea che preferisce restare anonimo, «un controllo che ha coltivato in questi anni concedendo ai soldati stipendi molto più elevati rispetto agli standard nazionali. Intere aree demaniali sono coltivate dall?esercito, o da chi per esso, a riso che viene poi esportato, e i cui proventi rimangono nelle mani del presidente, mentre il Paese è costretto a ricorrere all?importazione, quando potrebbe vivere del riso che produce».

La protesta non è rimasta confinata nella capitale Conakry, ma ha contagiato anche le città dell?interno: Boke, Pita, Kouroussa e Nzerekore. Non si sa dove si trovi il presidente Conté, ma un segnale preoccupante è l?ingresso in Guinea di ex-ribelli provenienti dalla Liberia, segnalato anche dal Consiglio nazionale della società civile guineana. Il rischio di guerra civile desta ancora più allarme se si considera la regione in cui si trova la Guinea Conakry, una regione caratterizzata negli ultimi anni da instabilità e conflitti interni, in particolare in almeno quattro Stati confinanti: Liberia, Sierra Leone, Costa d?Avorio e Guinea Bissau. Fra il presidente, rimasto solo con il suo esercito, e l?opposizione, cresciuta come un?onda in piena nell?ultimo anno e mezzo, c?è un elastico sul punto di spezzarsi.


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