Le pubblicità di automobili, che naturalmente sono concepite per venderle, presentano sempre vetture il più delle volte vuote, in viaggio su strade deserte, viottoli agresti, boschi autunnali, coste intatte. E con il contorno, immancabile, di bellissime e invitanti ragazze.
Mai una volta che i modelli vengano ambientati nelle situazioni più comuni: code autostradali, ingorghi cittadini, parcheggi rigurgitanti. L?automobile, la confortante placenta metallica che ci trasforma in guerrieri urbani, in piloti spericolati e in seduttori motorizzati è ancora, nonostante tutto, adorata.
La più recente notizia, che riguarda la città di Roma, famosa nel mondo per il suo traffico micidiale, riporta che, nell?anno appena passato, su 50mila automobili acquistate, solo 20mila sono state rottamate, e quindi l?intero parco macchine è aumentato, in dodici mesi, di ben 30mila nuove unità circolanti.
Noi italiani siamo il primo Paese al mondo per rapporto cittadini/vetture, con un automobile ogni 1,7 abitanti. E la tendenza non si ferma, ad onta delle 8mila persone (più di 20 al giorno) che lasciano la pelle sulle nostre strade. Queste cifre, già di per sé agghiaccianti, divengono un vero incubo se rapportate a quanto avviene nel resto del Pianeta. Oggi, in India (un miliardo e 200 milioni di abitanti) c?è un automobile ogni 170 persone. In Cina, un altro miliardo e 200 milioni di abitanti, in una vettura si accalcano 144 persone. E potete star più che sicuri che la tendenza in atto è quella di arrivare ai nostri standard.
Così come la villetta unifamiliare con giardino, l?automobile personale è nelle aspirazioni di tutti, dalla penisola del Kamciatka al Botswana, dal Delta del Gange alla selva amazzonica. L?uomo viaggia in questa direzione: e nessun ragionamento di buon senso e nessun invito alla temperanza riuscirà a fermarla. Tanto più che noi, popoli ricchi, ci guardiamo dal dare segnali in controtendenza e continuiamo a costruire autostrade e automobili, lasciando i mezzi pubblici su rotaia (più sicuri, meno inquinanti, meno costosi, meno ingombranti) al loro mesto e inarrestabile declino.
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