Non profit

Guerre premeditate e uomini di pace

L’editoriale - C'era una volta la guerra preventiva...

di Giuseppe Frangi

C’era una volta la guerra preventiva. Fallita quella strategia, oggi siamo arrivati alla guerra premeditata? Il caso delle vignette pone proprio questo inquietante interrogativo. Le date parlano da sole: 30 settembre 2005, il giornale danese Jyllands-Posten, pubblica una dozzina di vignette su Maometto, risultato di un provocatorio concorso lanciato per trovare la copertina al libro di uno studioso che aveva scritto una biografia del profeta ma non aveva trovato nessuno disposto a illustrarglielo. Il caso esplode: il 14 ottobre migliaia di manifestanti scendono per le strade di Copenhagen. Chiedono scuse ufficiali dal giornale. Niente da fare. Qualche giorno dopo sono gli ambasciatori di una mezza dozzina di paesi musulmani a protestare con il primo ministro Rasmussen. Che replica: «Il governo non ha nessun mezzo per influire sulla stampa». Il caso sconfina: il 15 novembre un giornale pachistano lancia un premio di oltre 7mila euro per chi ucciderà uno dei vignettisti colpevoli. Tutti si accorgono che il livello di guardia è stato superato: otto dei vignettisti nel mirino incontrano i rappresentanti della comunità musulmana. «Si è parlato delle scuse», dice a Le Monde il presidente dei giornalisti danesi. Così si arriva alla pace del 5 gennaio: Danimarca e Lega araba decidono di mettere fine al caso con un accordo tra il ministro degli Esteri, Moeller e il segretario generale, Amr Mussa. A questo punto il caso poteva dirsi risolto. Ma i fautori dalla ?guerra premeditata? continuavano a lavorare al loro obiettivo. Il predicatore radicale Abu Laban, iman a Copenhagen, a inizio gennaio fa un giro delle capitali mediorientali per riaccendere il fuoco e mobilitare le istituzioni. E il 10 gennaio il magazine norvegese Magazinet, su autorizzazione degli editori danesi di Jyllands-Posten, ripubblica le vignette in nome della libertà di stampa. Il 18 gennaio arriva la protesta della Conferenza islamica. Il 21 gennaio quella dell?Unione internazionale degli Ulema, che minacciano una campagna di boicottaggio, «chiedendo a Norvegia e Danimarca di adottare una posizione ferma contro gli attacchi alla nazione musulmana e al profeta». Niente da fare. Il ritornello di Rasmussen è sempre lo stesso: «Non possiamo decidere su ciò che viene pubblicato dai giornali danesi». Il resto è cronaca drammatica e ben nota di queste settimane. Sin troppo chiaro quello che emerge da questa scarna sequenza di date. Nel mondo c?è un partito della guerra che sta giocando spregiudicatamente e disperatamente le sue carte. Trova complici, consapevoli o inconsapevoli, ovunque. È il partito del muro contro muro, dello scontro di civiltà, da inventare e fomentare anche là dove non esiste. Di fronte a questa nuova offensiva, agli uomini di pace che spazio resta? La tragica fine di don Santoro sembra quasi dire che non c?è più spazio. Ma basta leggere le sue parole per capire che nessuna prepotenza potrà aver ragione della loro verità. Che uomini come lui non solo quando vivono ma anche quando muoiono aprono mille strade. Sono uomini che nella fragilità della loro condizione, esprimono, anzi, incarnano una speranza irriducibile. Davanti a loro, come sembrano demenziali e astratti gli spiriti di guerra che soffiano sul mondo! Si piange quando uomini così ci vengono portati via. Ma non si sarà mai abbastanza grati di averli avuti tra noi.


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