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Guerre e migrazioni: l’odissea dei bambini

Migliaia di piccoli arrivano in Italia in fuga dalle guerre. Altri, nei loro paesi, sono mandati al fronte a combattere.

di Redazione

Guerra e migrazione. Sono due delle situazioni in cui è più forte la sofferenza dell?infanzia di tutto il mondo. Telefono Azzurro lo ricorda, dedicando ai ?Bambini soldato?, una campagna di sensibilizzazione e un convegno (a Bari, nei primi giorni di maggio) per i piccoli migranti. La campagna, partita in questi giorni assieme ad Amnesty International, Bice-Italia, Terres des Hommes, Società degli Amici e Unicef, punta a ricordare il dramma dei bimbi strumentalizzati e usati come mini-guerrieri nei vari conflitti del mondo.
«Vogliamo sviluppare una riflessione a tutti i livelli su questo tema», osserva Ernesto Caffo, «ricordando come la Convenzione Onu, anche su questo punto, sia oggi drammaticamente ignorata. È una violenza terribile: crescere i piccoli nell?odio e nella aggressività, nella concezione dell?altro come nemico, inculcando false appartenenze».
Un abuso psicologico che si imprime in maniera indelebile nella psiche dei bambini, generando una violenza senza fine nella società in cui questi vivono. «Credo che l?Italia dovrebbe in questo senso dare un segnale, elevando l?età minima per l?arruolamento volontario nell?esercito, attualmente concesso ai diciassettenni», dice il presidente di Telefono Azzurro. Il tema dei bambini migranti è molto sentito dall?associazione, che già lo scorso anno ha dedicato all?argomento un seminario di studio. A preoccupare Caffo e i suoi volontari è il fatto che migliaia di bambini si muovano in varie direzioni, senza che ci sia un effettivo controllo delle loro condizioni, delle loro situazioni, dei loro destini. Quanti sono i minori clandestini che ogni giorno entrano in Europa? In quali condizioni vivono? Dove vanno a finire?
E l?attualità di questo tema viene drammaticamente riproposta dalla guerra nei Balcani, con il suo tragico portato di profughi e di fuggiaschi. «È necessario investire di più per formare le persone che lavorano su emergenze come queste.», sottolinea Caffo, «I bambini profughi, così come tutti i bambini migranti, arrivano a noi con una storia di sofferenza che bisogna essere in grado di raccogliere. Servono specialisti che, assieme ai genitori, siano in grado di offrire ai piccoli un punto di appoggio per elaborare e superare il trauma sofferto».
Si tratta cioè di intervenire in quello che la letteratura scientifica identifica come post-traumatic disorder. «L?accoglienza è fondamentale – aggiunge – ma la sofferenza psicologica di questi bambini non può essere sottovalutata».

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