Formazione
Guerra e fotografia secondo Susan Sontag
Recensione del libro "Davanti al dolore dell'altro" di Susan Sontag.
di Mimmo Stolfi
Le immagini possono mentire. Lo hanno sempre fatto e continueranno a farlo. Persino un mezzo ?veritiero? per eccellenza come una reflex può farsi strumento di un fotografo ?bugiardo? o al servizio di un?ideologia. Così, è impossibile oggi trovare una fotografia di Bin Laden o di qualcuno dei suoi seguaci in cui queste icone del male non siano rappresentate con un aspetto inquietante, un grugno torvo e cattivo. Ma l?uso strumentale delle immagini non è certo un fenomeno recente. Per fare un solo esempio, un pittore d?Oltralpe non poteva evitare, ritraendo i protagonisti della Rivoluzione francese, di avvolgerli in un?aura di sacralità, necessaria ad alimentare il consenso popolare alla Repubblica: si pensi al famoso quadro La morte di Marat, nel quale Jacques-Louis David si ispirò addirittura alla tradizione iconografica del Cristo deposto dalla Croce.
In Davanti al dolore dell?altro (Mondadori, 112 pagg.,13 euro), Susan Sontag analizza la rappresentazione della violenza nei media, mostrando come essa orienti politicamente chi guarda e, nel caso delle immagini di guerra, possa perfino influire in maniera determinante sull?andamento dei conflitti. Un assunto che la Sontag sostiene analizzando le fotografie che hanno assunto valore emblematico in momenti terribili della storia più o meno recente, condizionando idee, credenze, passioni. Producendo direbbe Foucault, ?verità?.
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