Nella filmografia di Ivano Marescotti, grande attore recentemente scomparso, c’è anche un film visionario a episodi uscito negli anni ‘90, Strane storie. Racconti di fine secolo (regia di Sandro Baldoni), del quale un episodio rappresenta la dinamica dell’escalation all’interno dei conflitti. Il racconto mette in scena due famiglie che abitano lo stesso condominio, una povera e indigena l’altra ricca e immigrata, che sviluppano un conflitto passando dal pregiudizio reciproco alle accuse verbali, dall’esibizione delle armi alla guerra vera e propria. Con esiti catastrofici per tutti, non solo per i confliggenti. E’ narrata in quell’episodio, pur nei toni grotteschi, la dinamica di uno scontro tra due gruppi umani (familiari, in questo caso, compresi i bambini), che si ricompattano al loro interno nella guerra al nemico comune in un crescendo di violenza speculare, che si svolge nell’assenza di qualsiasi soggetto mediatore e, contemporaneamente, alla presenza di aizzatori per entrambi i “fronti”, ossia fornitori di armi per incrementare la guerra e i loro profitti. Intanto sugli schermi televisivi di entrambi gli appartamenti scorrono le immagini reali dei notiziari sulla guerra nei Balcani, contemporanea ai fatti narrati. E’ un film da rivedere perché spiega ciò che c’è di sbagliato nell’abbandonare un conflitto a se stesso – in balia di chi ha interessi affinché l’escalation continui all’infinito – anziché attivare percorsi di de-escalation, di canali di comunicazione, di mediazione, di costruzione della pace fondata non sull’impossibile assenza di conflitti, come sa ogni bravo mediatore di condominio, ma sulla loro gestione nonviolenta.
Oggi stiamo precipitando tutti, nostro malgrado, in una doppia escalation, non nella finzione cinematografica ma nella realtà – che, per molti versi, ricorda proprio quella “strana storia” – che vede un’altra guerra in corso in Europa. Anche in questa guerra reale, nell’assenza di soggetti terzi mediatori, gli esterni che dovrebbero svolgere questo compito necessario e delicato – per esempio l’Unione Europea, mediatrice del condominio Europa – alimentano invece l’escalation attraverso la fornitura di armamenti sempre più potenti e numerosi. Naturalmente, le ripetute minacce nucleari di Vladimir Putin sono inaccettabili, ma sono parte integrante della dinamica alla quale partecipano gli stessi governi occidentali, i quali a loro volta alzano l’asticella dell’invio di armi al governo ucraino – ormai fino all’uranio impoverito, come dichiarato dal governo inglese – e contemporaneamente si stupiscono che dall’altra parte venga alzato parimenti il livello della minaccia. È l’escalation, che si nutre della irresponsabilità reciproca e complementare, tra potenze atomiche. Dentro alla quale non c’è salvezza per nessuno, tanto meno per il popolo ucraino.
Ma dentro a questa escalation bellica – e strettamente collegata ad essa – si sta svolgendo nel nostro paese un’escalation interna: quella del balzo in avanti senza precedenti della spesa per gli armamenti e della relativa diffusione del militarismo per renderla accettabile. La prima è documentata dall’Osservatorio sulle spese militari italiane, il quale, oltre ad aver registrato il continuo aumento delle spese militari – cresciute ancora dai 25,7 del 2022 ai 26,5 miliardi del 2023 – e l’invio di armi al governo ucraino per circa un miliardo di euro, informa che i capi di stato maggiore di Esercito, Marina e Aeronautica nelle audizioni al Parlamento hanno chiesto complessivamente una spesa straordinaria aggiuntiva in nuovi armamenti di almeno 25 miliardi di euro. Per più carri armati, più navi da guerra e più caccia F35, volendo riportare a 131 il numero di questi aerei da guerra (già ridotto a 90 dal governo Monti) capaci di trasportare armi nucleari in giro per il pianeta. Non a caso il 30 marzo, in occasione delle celebrazioni per l’Aeronautica Militare, Giorgia Meloni si è messa alla “guida” di uno di questi esemplari in Piazza del Popolo, circondata da scolaresche di bambini festanti per l’oscena messa in scena. Un tassello della propaganda militarista che sta investendo massicciamente anche le scuole italiane, come documenta l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole denunciando che anche i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO) stanno sempre di più diventando strumenti per promuovere cultura di guerra. Un’escalation di follia, ma non è un film.
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