Economia

Guerini: «Più impresa sociale nell’interesse di tutti»

Il portavoce dell'Alleanza delle cooperative sociali fa chiarezza sulle prospettive di riforma della 155/2006: «Occorre allargare gli ambiti di intervento e le coop sociali sarebbero imprese sociali di diritto». La remunerazione dell'investimento? «Nessuna pregiudiziale a riguardo»

di Redazione

II tecnici di giuseppe guerini, presidente di federsolidarietà (il braccio sociale di Confcooperative 5.721 aderenti compresi 256 consorzi) e portavoce dell’Alleanza delle cooperative sociali, (il cappello che riunisce oltre a Federsolidarietà, Legacoopsociali e le cooperative sociali di Agci), stanno lavorando con sempre maggiore attenzione a un progetto di riforma della 155/2006 che si propone di dare impulso all’impresa sociale bilanciando elementi innovativi e ancoraggio ai valori dell’impresa cooperativa.

 


Partiamo dal fenomeno degli ibridi, ovvero spa o srl che in partnership con cooperative sociali provano a operare in mercati innovativi grazie al supporto di capitali privati. Cgm, il maggiore gruppo di cooperative sociali italiano, sembra puntarci in modo deciso, lei che idea si è fatto?
Nel mondo cooperativo quella degli ibridi non è una novità assoluta. Pensiamo alle spa che gestiscono marchi controllati dal sistema cooperativo (è il caso di Cirio). Credo che anche per la nostra cooperazione sia un processo necessario, per esempio per stare in mercati come quello della sanità leggera. Poi non è detto che la natura giuridica debba per forza sempre essere quella della società per azioni o della società a responsabilità limitata. Ogni caso fa storia a sé. Talvolta può essere più adatta la fondazione o la società consortile o la srl. Dipende dal contesto, dall’interlocutore, dalle competenze necessarie e non solo dalla necessità di fare cassa.

Quali sono i punti qualificanti della vostra idea di impresa sociale?
La premessa deve essere l’ancoraggio all’articolo 1 della 381, la norma sulle cooperative sociali: “Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. Questo passaggio fissa il nostro orizzonte culturale e gli obiettivi. Che poi vanno declinati in forme di impresa che siano in grado di realizzare partnership con altri soggetti. Direi che il primo punto dovrà essere il riconoscimento come impresa sociale di tutti quei soggetti che nel sociale svolgono attività economicamente rilevanti.

Le cooperative sociali verrebbero riconosciute come imprese sociali di diritto?
Sì, lo sono già anche ora, ma significa soprattutto che non sarà possibile gestire un bar o una palestra con un’associazione “non riconosciuta” e senza depositare pubblicamente i bilanci. Questa dovrebbe essere l’aspetto più innovativo della legge.

Rispetto agli ambiti di intervento?
Vanno certamente allargati. Settori come il commercio equo-solidale, l’housing sociale e i servizi al lavoro devono essere compresi.

Ritiene che sia necessaria una qualche forma di remunerazione dell’investimento e un’apertura a livello di governance?
Sul primo punto non ho alcuna pregiudiziale. Ma certo non si può arrivare a picchi del 12%. Si può ragionare invece su dividendi da “pescare” su una quota limitata degli avanzi di gestione. Disponibile al confronto anche sul tema della governance e all’ingresso nei consigli di amministrazione di rappresentati di enti pubblici o di privati for profit. L’impresa sociale è per sua natura multistakeholder, ma attenzione a non riprodurre i meccanismi deleteri di certe municipalizzate controllate dalla politica. Credo che la rigidità della legge nascesse da questo timore, ma invece una governace partecipata deve esser un obiettivo da perseguire.

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