Non profit
«Guardate alle banche come partner. Così il Terzo settore crescerà davvero»
Nel corso del 2011 ha lanciato un servizio specificatamente dedicato al non profit, UBI Comunità, ma ha anche organizzato al proprio interno un’apposita funzione ? la funzione Enti, Associazioni e Terzo settore ? per creare un filo diretto di dialogo e confronto con questo mondo. Non solo. Il Gruppo UBI è stato tra i primi sostenitori, in sede Abi, della proposta di estendere le garanzie del Fondo di garanzia per le pmi anche alle imprese non profit. Un’attenzione, quella per il terzo settore, che va al di là del semplice servizio bancario, ma risponde piuttosto a quel dna di banca popolare attenta alle organizzazioni che nascono dai “bisogni di comunità”. Ne parliamo con Emilio Zanetti, presidente del Consiglio di gestione di Gruppo.
Iniziamo da Ubi Comunità, servizio lanciato nel luglio 2011. Si può fare un primo bilancio?
Ritengo utile affrontare l’argomento facendo una premessa: storicamente il Gruppo UBI Banca mantiene una quota di depositi e impieghi al terzo settore superiore ai valori di sistema, grazie alla radicata e storica presenza territoriale nelle regioni in cui le onp sono più numerose ed alle relazioni instaurate nel tempo. Con l’introduzione di UBI Comunità ci siamo strutturati per poter rispondere con tempestività ed efficacia ai bisogni emergenti nel mondo del terzo settore, cogliendo le dinamiche evolutive in atto. Il primo bilancio, a distanza di pochi mesi, è sicuramente positivo: abbiamo ricevuto molti apprezzamenti dagli operatori del comparto, registrando anche un’elevata e attenta partecipazione agli eventi organizzati sui territori dalle nostre banche per presentare il nuovo modello di servizio ed affrontare, con il contributo di accademici ed operatori del settore, il rapporto tra finanza e non profit. Sono anche in corso di definizione alcune interessanti convenzioni con reti di riferimento del non profit.
Come spiega il fatto che le imprese non profit, pur vantando una notevole affidabilità, incontrino tante difficoltà nell’ottenere credito dal sistema bancario?
In termini generali si può affermare che le onp non sono ancora abituate a considerare il sistema bancario come un potenziale partner a cui fare riferimento per lo sviluppo della propria attività, in quanto tradizionalmente il terzo settore si è finanziato principalmente attraverso la fiscalità generale, ricorrendo alle erogazioni della pubblica amministrazione e, in second’ordine, attraverso attività di fundraising più o meno strutturate. Come conseguenza, gran parte delle onp non ha sviluppato nel tempo adeguate competenze in ordine a tematiche economico-finanziarie. Nell’attuale contesto di progressiva e strutturale diminuzione dei finanziamenti pubblici e, a causa della crisi economica, anche del sostegno economico da parte di fondazioni d’erogazione, imprese e privati, le stesse onp sono consapevoli di dover compiere un salto qualitativo, dotandosi di un’organizzazione più strutturata e trasformando la propria attività in senso più imprenditoriale. Dall’altra parte, gli operatori bancari sono chiamati ad assistere in modo sempre più qualificato le onp, cogliendo la fondamentale distinzione tra non profit redistributivo e produttivo e valorizzando le peculiarità di questo articolato settore.
Nelle settimane scorse UBI insieme alle Bcc ha lanciato la proposta di cogliere l’occasione del varo del decreto “Salva Italia” per estendere le garanzie del Fondo di garanzia per le pmi alle imprese non profit. Che attese avete rispetto a questa vostra proposta?
Il nostro Gruppo è stato fra i promotori, in seno all’Abi, di questa iniziativa poiché riteniamo che i soggetti del non profit abbiano gli stessi diritti delle pmi in tema di accesso agli strumenti volti ad agevolare l’accesso al credito. I primi riscontri informali da parte dei soggetti del non profit sono positivi; si è ora in attesa di pronunciamenti ufficiali da parte degli organi competenti.
È di questi giorni la notizia del lancio da parte di UBI dei Social Bonds, qualè la motivazione?
Nell’attuale processo di trasformazione del welfare, il ruolo del sistema bancario è quello di sostenere e contribuire alla crescita di iniziative e progetti che creino valore per la società e favoriscano lo sviluppo della cosiddetta economia del bene comune. I Social Bonds rappresentano un modo con cui il Gruppo UBI può contribuire ad aumentare l’indispensabile autonomia di questo comparto, sempre più protagonista nel rispondere ai bisogni sociali emergenti, coinvolgendo i risparmiatori e i vari soggetti della società civile. Con questa iniziativa, il Gruppo potrà valorizzare ulteriormente la prossimità territoriale e accreditarsi come punto di riferimento del comparto non profit, con particolare riguardo alle realtà imprenditoriali che generano valore sociale.
Una banca popolare ha anche una vocazione a curare la coesione sociale del territorio su cui agisce. L’alleanza con il non profit assume importanza strategica anche in questa prospettiva?
Il non profit rappresenta un’estensione dell’individuo verso una “personalità collettiva”, e quindi il rapporto del nostro Gruppo con il non profit rappresenta un’estensione dello scopo mutualistico, che ci contraddistingue da oltre 140 anni. Il Gruppo UBI infatti da sempre sostiene il terzo settore che, nelle sue diverse componenti, ha la capacità di generare coesione sociale e capitale sociale, contribuendo allo sviluppo economico e sociale del territorio. Inoltre, consideriamo lo sviluppo sul territorio di forme di imprenditorialità sociale come risposta a una situazione che vede, da un lato, l’emergere di nuovi bisogni sociali e, dall’altro, una forte crisi degli attuali sistemi economico e di welfare.
Spesso si dice che l’impresa non profit deve mantenere dimensioni piccole. Condivide questa convinzione?
Nel mondo non profit, come in quello profit, sono necessarie tutte le diverse componenti, di ogni dimensione, perché rispondono a esigenze diverse. Tuttavia, la crescita dimensionale ? in parallelo ad assetti organizzativi più strutturati ? è fondamentale per assicurare sostenibilità economica nel lungo periodo e auspicabile, in particolare, per cooperative ed imprese sociali le quali sono chiamate a compiere quel salto qualitativo che le emancipi dal ruolo di mera supplenza alle carenze dello Stato e del mercato.
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