Formazione
Guadagniamo di più senza le solite armi
Il presidente di Unicredito, spiega la sterzata sociale «chiesta dai clienti». Così il terzo gruppo bancario italiano ha moltiplicato la redditività dopo l'introduzione di un codice etico.
Alla presidenza del gruppo Unicredito italiano è stato nominato appena poche settimane fa. Ma prima di arrivare al vertice del terzo polo bancario italiano (dopo Banca Intesa e Sanpaolo-Imi) Francesco Cesarini è stato a lungo presidente della Banca Agricola Milanese, quindi della Banca Popolare di Milano, poi ancora del Banco Ambrosiano Veneto. È inoltre ordinario di Economia delle Aziende di credito presso la Facoltà di scienze bancarie dell’Università Cattolica di Milano, consigliere dell’Abi-Associazione bancaria italiana e dell’Ente Luigi Einaudi per gli studi monetari e creditizi. Insomma, pochi come lui conoscono a fondo il mondo bancario e della finanza e possono accompagnarci in questa terza tappa del nostro cammino alla scoperta dei nuovi fondamentali dell’economia.
Vita:Quello creditizio è forse il settore dove con più nettezza è possibile marcare il passaggio dal vecchio al nuovo. Dopo oltre mezzo secolo di sostanziale immobilismo, da cui la famosa immagine in uso nella letteratura economica della foresta pietrificata, le banche italiane negli ultimi anni hanno cominciato con non poca fatica a confrontarsi con la concorrenza interna e internazionale a colpi di fusioni. Quali sono le principali conseguenze di un simile cambiamento?
Francesco Cesarini:Dal 1936 al 1993 il nostro sistema creditizio è stato pressoché ingessato da una legge bancaria che, di fatto, ha tenuto fuori dal mercato le banche italiane. Nel momento in cui, con l’introduzione del nuovo Testo Unico, l’Europa, la globalizzazione, sono caduti i controlli sugli sportelli, sulle operazioni di aumento di capitale, sulle concentrazioni e così via, si è assistito come a un risveglio delle belle addormentate. D’un tratto, gli istituti di credito italiani si sono trovati nella condizione di potersi fare concorrenza tra loro perché non erano più controllati e protetti da un ordinamento di vigilanza.
Vita: E cos’è successo?
Cesarini:Le nostre banche hanno compreso che per reggere la concorrenza c’era bisogno di fare massa, di allearsi, di crescere dimensionalmente. Sono così cominciati processi di fusione e acquisizione di vasta portata che hanno portato soprattutto i grandi istituti a concentrare sotto un’unica egida banche anche molto diverse tra di loro, per tipologia organizzativa, clientela e territori di riferimento. Ma non è stata la sola rivoluzione…
Vita:Cioè?
Cesarini:I clienti che fino ad allora erano stati sostanzialmente costretti a subire le condizioni che le banche offrivano, per esempio in tema di tassi di interessi attivi e passivi, costi di tenuta di conti correnti, servizi finanziari eccetera, si sono ritrovati improvvisamente al centro dell’attenzione sino a poter determinare loro, questa volta, le condizioni dell’offerta bancaria. Il diffuso calo d’attenzione per i titoli pubblici, inoltre, ha determinato un cambio di mentalità nei risparmiatori, che hanno cominciato a selezionare diverse opportunità di investimento e, quindi, le banche cui affidare la gestione del proprio portafoglio.
Vita:È da qui che nasce l’iniziativa del Gruppo Unicredito di dar vita a un fondo di investimento etico?
Cesarini:Sicuramente la riscoperta del cliente ha indotto il sistema finanziario a prestare la massima attenzione alle preferenze dei risparmiatori. E non c’è dubbio che una delle tendenze più interessanti che in proposito si registrano negli ultimi tempi è l’interesse crescente per gli investimenti socialmente responsabili. Ma il discorso va esteso anche ad altre forme di finanza etica. Sono sempre più numerosi, infatti, i cittadini che chiedono alla banca di farsi tramite per la realizzazione di iniziative a scopo sociale, di mettere a disposizione della comunità le sue tecnicalities per condurre in porto progetti innovativi a sfondo solidaristico. Come è avvenuto, per esempio, con i bond etici emessi lo scorso autunno dall’Ambroveneto per finanziare la ristrutturazione di una casa di riposo per anziani, operazione che ho avuto modo di seguire direttamente come presidente dell’istituto. È evidente che un gruppo come il nostro che già da tempo manifesta un profondo interesse per l’ambiente e il sociale non poteva rimanere fuori da un comparto interessante come quello dei fondi di investimento etici. Anche se, vorrei aggiungere, nel nostro caso abbiamo messo in campo un’operazione di più ampio respiro. E ci tengo a dirlo perché l’ha condotta in porto chi mi ha preceduto.
Vita:Di che si tratta?
Cesarini:Unicredito è entrato nel settore dell’asset management acquistando la Pioneer Group, la quarta più antica società americana di gestione del risparmio, di cui fa parte appunto il Global Environmental & Ethical Fund. Per una volta è un gruppo italiano che fa shopping negli Stati Uniti, e avvia una ristrutturazione ispirata ad una cultura di gestione del risparmio tutta europea. Quindi meno speculativa e più attenta, stavolta è proprio il caso di dirlo, ai fondamentali dell’economia.
Vita:Che ruolo gioca la società civile nel sensibilizzare i vertici delle banche sulle tematiche dell’etica nell’economia?
Cesarini:Sicuramente un ruolo importante. Che a mio avviso si rivelerà ancor più prezioso quando le varie tipologie di organizzazioni non profit si mostreranno sempre più capaci di elaborare proposte e avanzare istanze cui è possibile dare concretamente e tempestivamente seguito. Meno ideologia, insomma. Devo però sottolineare che altrettanto determinante è il ruolo svolto dal vertice di un’azienda, sia essa creditizia o meno. Chi guida un’impresa deve essere creativo e avere una visione non solo del proprio mercato di riferimento ma anche del contesto in cui opera. Quando cinque anni fa arrivò in questo istituto Alessandro Profumo, oggi amministratore delegato, fece subito due cose: lanciò un obiettivo di roe, cioè di redditività, dell’11%. Una percentuale considerata in quegli anni assurda visto che si viaggiava intorno alla media massima del 3-4%. Contestualmente fece redigere un codice etico di comportamento della banca. Ebbene, l’obiettivo fu non solo centrato ma anche superato. Pura coincidenza? Direi proprio di no.
Vita:E oggi?
Cesarini:Siamo assolutamente determinati a proseguire su questa strada. A giorni presenteremo il nostro bilancio sociale, risultando così il primo grande gruppo bancario italiano a farlo. E poi, ed è una notizia che do volentieri in esclusiva a Vita, abbiamo deliberato di escludere nel modo più assoluto dalle nostre attività qualsiasi transazione che, direttamente o indirettamente, riguarda il commercio e la produzione di armi.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.