Cultura

Grottesco, anzi no

La storia parte come una commedia che poi si stratifica progressivamente fino a trovare una solidità inaspettata e permettersi un finale spiazzante.

di Antonio Mola

Le mele di adamo di Anders Thomas Jensen con Ulrich Thomsen, Mads Mikkelsen Forse sarà difficile trovarlo nelle sale, ma Le mele di Adamo, godibilissima pellicola danese, rischia di diventare anche da noi un piccolo caso. Pensiamola come una moderna favola. Adam è un neonazista convinto che, dopo la galera, deve trascorrere tre mesi di comunità nella tranquilla campagna danese, sotto la tutela di padre Ivan. Nella sua arroganza si pone un apparente, semplice obiettivo: confezionare una torta con le mele del giardino della chiesa. Ma la natura sembra accanirsi contro quest?idea nei modi più incredibili e quello che per Adam è una serie di coincidenze, per padre Ivan è l?inaccettabile sfida del diavolo. Funziona. Pensiamola invece come una grottesca black comedy. Adam pensa che padre Ivan sia completamente pazzo. Crede che il suo continuo ?porgere l?altra guancia? sia solo follia come folle è il suo mondo che si rivela sempre più lontano dalla realtà. Risultato? Padre Ivan continua a porgere l?altra guancia, Adam continua a pestarlo a sangue. Gli assurdi compagni d?avventura sono un ex tennista che dopo un errato out del giudice entra in crisi, un rapinatore pakistano, un dottore estremamente franco e un ex (vero) nazista in punto di morte. Un campionario di facce con episodi spesso irresistibili. Funziona anche così. Ma le coincidenze diventano troppe. Il quadretto di Hitler continua a staccarsi dal muro. La Bibbia si apre sempre al libro di Giobbe. E se non fosse opera di Satana ma fosse proprio Dio a volere questo? Forse la chiave è qui. Gli eccessi di padre Ivan improvvisamente prendono una piega drammatica e più comprensibile. Il grottesco lascia il posto alla disperazione, tutto diventa credibile. Pensiamola allora come una storia sulla redenzione e sulla rinascita dai toni profondi. Funziona ancora. Con qualche giustificato eccesso, ci sono i temi che ci circondano da sempre: malattia, crimine, ideologie, religione, (in)tolleranza.Volenti o nolenti tutti cambiano (e cambiamo) e così anche tutti i protagonisti. La storia, quindi, si stratifica progressivamente fino a trovare una solidità inaspettata e permettersi un finale spiazzante. Gli attori sono di grande livello, i dialoghi sono credibili, la fotografia dipinge con grazia il paesaggio danese. Anders T. Jensen, giovane e prolifico sceneggiatore dal passato Dogma (Mifune, 1998), fa centro confezionando una pellicola di classe, premiata in diversi festival, soprattutto dal pubblico. Pensiamolo come bel cinema. Funziona.


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