Politica

Grillo & Conte: mister Hyde contro mister Hyde

La peggior politica contro la peggior politica. Nemmeno il genio di Stevenson avrebbe mai immaginato lo scontro messo in scena dai due populisti del Movimento 5 Stelle. Riprendiamo qui integralmente la rubrica "Nel mirino-il mister X del mese" che tutti gli abbinati possono leggere su VITA magazine

di Maurizio Crippa

Foto Gian Mattia D'Alberto / LaPresse 12 Novembre 2023 - Milano Italia - spettacolo Che tempo che fa Nella foto: Beppe Grillo 2023 November 12 - Milan Italy - entertainment Che tempo che fa , tv show In the picture: Beppe Grillo

Mr. Hyde e Mr. Hyde, nemmeno il genio di Stevenson sarebbe riuscito a immaginare una simile mostruosità, la parte peggiore della politica ridotta allo scontro mortale contro la sua stessa parte peggiore: due orrori speculari, due metastasi del populismo giunte al momento della scissione di un unico Dna. Non c’è nessun Dr. Jekyll sognatore e buono nella storia del grillismo — soi disant “MoVimento” Cinque Stelle e ora partituzzo delle tessere e della spesa pubblica, tant’è che l’avvocato regnante Giuseppe Conte medita pure il cambio di nome — «e se c’era era l’incubo sognato da un pazzo», per dirla con Shakespeare.

Ora che il partito che pretendeva di aprire come una scatola di tonno la democrazia parlamentare — ma si trasformò all’istante in un partito della gestione del potere e della spesa, con l’Avvocato del popolo due volte a Chigi con due coalizioni opposte — è ridotto a variabile del 10% , Conte ha deciso di varare un’assemblea costituente per riformattare quel che resta del vecchio movimentismo demenziale (i due mandati, il ruolo del “garante” e altre quisquilie). Si è iniziato il 20 agosto con la prima fase, “ascolto dei bisogni” (manco all’assemblea della Cei) e si andrà avanti fino a fine ottobre.


Davanti alla prospettiva di perdere il residuale peso sulla sua creatura (sì, l’ex comico-stregone è davvero convinto di essere un bravo Dr. Jekyll) Beppe Grillo s’è svegliato dal sempre più annoiato e distratto letargo e ha lanciato la sfida contro l’erede-traditore Conte, l’uomo che gli ha sfilato il partito e ora programma di cancellarne pure la memoria.
Ed ecco il Fondatore e ora Garante, il comiziante che l’8 settembre 2007 radunò il primo V-Day e nel 2013 mandò in Parlamento un 33% di “cittadini” digiuni di politica, ma armati di apriscatole, ha pronunciato il suo “non ci sto”. Minacciando pure di andare in tribunale. Sostanzialmente per bloccare due cambiamenti esiziali per lui (e la vecchia guardia minoritaria rimastagli fedele): l’abolizione della regola del doppio mandato e il cambio del simbolo del movimento. C’è anche un terzo aspetto: l’attuale presidente Conte potrebbe, se vincesse la partita, togliergli anche il ricco contratto di consulenza da 300mila euro l’anno garantito dal M5s.

Si sa, l’ex comico è genovese e alle palanche ha sempre badato, ma in fondo sarebbe riduttivo legare solo a questo le sue motivazioni. È una faccenda per così dire esistenziale. Già 15 anni fa Grillo era un vecchio cabarettista annoiato (copyright Giuliano Ferrara), ma senza il talento malinconico di un Calvero. Intuì il malcontento delle piazze e seppe cavalcarlo, usando come benzina le folli idee palingenetiche della Casaleggio-Rousseau. Il gioco riuscì alla grande, ma lui se n’era già stufato all’apparizione di Conte: lo specchio in cui odia specchiarsi. Ha covato anni di impotenza malmostosa, e di sempre meno idee, ma adesso non ci sta a uscire di scena con la spazzatura.

Eppure, comunque vada, la sua partita l’ha persa da un pezzo. E non perché Giuseppe Conte sia il nuovo Aldo Moro (l’imbarazzante paragone che gli piace tanto) o il nuovo Kennedy o Trump. L’avvocato Conte, premier per sbaglio e in virtù di camarille roman-vaticane, si è trasformato da tempo — in questo bravo, va detto — in un perfetto politico italiano: la nuova incarnazione del trasformismo, l’arte gattopardesca e mediocre per cui conta solo restare sempre al governo. O nei paraggi. Il M5s ha fallito la “rivoluzione”, ha fallito anche l’opa sul Pd, e ora si acconcia a trovare un posto — il “Campo largo” — dove far fruttare quel 10% del suo elettorato residuale. Secondo il più sveglio degli ex, Gigi Di Maio, Grillo non avrà il coraggio di prendere iniziative e di imbracciare il famoso “articolo 12 comma 2” dello statuto, che pure gli darebbe «il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme». Alla sinistra i voti del partito di Conte servono, mentre delle bellurie di Beppe Grillo nessuno sa più che farsene. Tra il Mr. Hyde populista e il Mr. Hyde trasformista, la politica ha già scelto.

In apertura: Beppe Grillo (Foto LaPresse) e Giuseppe Conte (Foto Ag. Sintesi)

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