Famiglia

Griffini: «non ci riconosciamo più nel Terzo settore»

La denuncia di AiBi: «Il Terzo settore è passato dal dono al sostegno, dal volontario al filantropo. Noi crchiamo una casa per il volontariato».

di Benedetta Verrini

Sono gli anticonformisti della solidarietà. Non si riconoscono in un Terzo Settore votato alla professionalizzazione e alla mera raccolta fondi. Non sanno come dialogare con chi non cerca più volontari ma solo sostenitori.

Sentono che accogliere un bambino non è solo una faccenda privata, i volontari e le famiglie di Amici dei Bambini. “Chi lo fa è testimone di qualcosa di fondamentale, cambia il destino di una persona. In questo senso, certamente, accogliere è una scelta politica”, riflette il presidente di AiBi, Marco Griffini. Che da qui lancia un impegno per il futuro, di quelli che fanno tremare i polsi: “Trovare una casa per il volontariato italiano”, dice. “Una volta si parlava di Quarto Settore. Di certo, non possiamo riconoscerci in un Terzo Settore che ha sorpassato la cultura del dono a favore di quella del sostegno”.

Un sostenitore è un generoso, a volte anche accorto filantropo. Ma il suo impegno si ferma nello staccare un assegno, nel fare una donazione: “Non è percorso da quel senso di responsabilità, da quella tensione che muove un volontario”, spiega Griffini. Da qui discende una differenza che è fondamentale in tema d’infanzia: la differenza tra accoglienza e assistenza. “L’assistenza è un mito che compromette il futuro dei ragazzi fuori dalla famiglia”, avverte Griffini. “Ci ha convinti che quando a un bambino abbandonato hai provveduto a dare un tetto e tutta la necessaria assistenza materiale, hai risolto il suo problema. In realtà, senza la costruzione di un progetto che comprenda anche la presenza di due genitori affettivamente vicini e pronti ad aiutarlo ad affrontare il futuro, quel bambino rimane senza risorse per uscire dal suo dramma”.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA