Sostenibilità

Greenpeace nella mia esperienza di ambientalista

di Walter Ganapini

Greenpeace Italia compie 30 anni: ho avuto la fortuna di presiederla tra 2005 e 2008, su proposta dell'amico di sempre Roberto Ferrigno, che ne era stato Direttore Esecutivo per poi passare ad Amsterdam nei ranghi di Greenpeace International.

La percepii come onore e possibilità ulteriore per costruire ambientalismo, passione di una vita passata tra ruoli professionali da 'civil servant' e ruolo sociale/culturale di ambientalista, avendo tanti buoni Maestri incontrati lungo entrambe i percorsi esperienziali.

Avevo vista nascere a metà ’80 Greenpeace-Italia, contribuendo a diffonderne il logo tra l''87 e l''88, quando condussi per RAI3 la trasmissione "Greenpeace – La Nave dell'Arcobaleno", diretta da Stefano Munafò: lungo le 20 puntate focalizzammo con rigore i temi centrali della sfida ambientale senza cedere ai moduli, già allora in voga, di una comunicazione urlata, litigiosa, di infimo spessore ed avendo la soddisfazione di vedere premiata la qualità dei servizi introduttivi e dei tanti ospiti di grande qualità.

A garanzia della intrapresa non amata dal Guglielmi allora Direttore di rete, che ci relegava nel palinsesto alla seconda serata del martedì, c'era solo l'attenzione di un eco-riformista dello spessore culturale dell'allora Ministro dell'Ambiente Giorgio Ruffolo, a nulla essendo valsi i tentativi di far riflettere Guglielmi sull'importanza di una trasmissione seria in tema di ambiente cercando di attirare al riguardo l'attenzione del responsabile della comunicazione (e quindi RAI) di Botteghe Oscure, Veltroni.

Greenpeace era da sempre considerata ”arma di eccellenza” dell’”esercito dell’ambiente”: utilizzo ‘pour cause’ la metafora ‘militare’, perché esprime il sentire comune tra chiunque avesse lavorato da fine ’70 a costruire le italiane Lega per l’Ambiente e Italia Nostra e le ‘branches’ nazionali di altre Associazioni internazionali, dal WWF a ‘Friends of the Earth’ fino a GreenCross/Fondazione Gorbatchev.

Già pronunciandone il nome, molti esprimevano senso di rispetto ulteriore, per raffronto con quello dovuto comunque ai ‘movimenti in forma di associazione’ autoctoni, verso una Greenpeace entità ‘altra’ per struttura e modello operativo, a partire dalla sua norma essenziale di garanzia, il rifiuto di ogni contributo economico da imprese ed istituzioni.

Oltrechè con Ferrigno, in Greenpeace International era stata per me importante l'amicizia con Remi Parmentier, che il Governo francese perseguì come attivista di quella 'Rainbow Warrior" che i Servizi d'Oltralpe aggredirono con esplosivi, uccidendo il fotografo che era a bordo, mentre si apprestava ad agire contro gli esperimenti nucleari di Parigi nell'atollo di Mururoa: l'amicizia con Remi vive ancor oggi, seppure via social media.

Forte rimaneva in me l'emozione per il ricordo di altre persone importanti incontrate in Greenpeace, a partire da Paola Biocca, che perdemmo nel '99 su un aereo precipitato mentre era diretto verso il martoriato sud della ex-Jugoslavia trasportando volontari ad assistere quella popolazione civile (e con lei perdetti un altro amico che con lei viaggiava, Velmore Davoli, chimico di vaglia impegnato in azioni di cooperazione internazionale).

Da Presidente nominato dalla Assemblea dei Soci, adottai l'approccio ‘low profile’ cui da sempre mi attengo in ogni nuova esperienza, per conoscere le persone, dal Direttore Esecutivo Donatella Massai a tutta la squadra romana, al cui interno le relazioni interpersonali mostravano comprensibili tendenze alla conservazione di un pregresso di cui non sussistevano più le precondizioni, ed approfondire lo studio della ‘policy’, sapendo che la priorità doveva comunque andare alla situazione di bilancio, complessa al punto di richiedere, per reggersi, il supporto costante di Greenpeace International.

Mi accompagnavano nel Board Sybille Grosjean, Emilia Romano, Luca Antonini e Giampiero Meo, con cui ci concentrammo sull’improrogabile aggiornamento dello Statuto e sull'assestamento del bilancio a partire dalla rivisitazione dei costi, investendo in strumenti nuovi di comunicazione a favore delle campagne prioritarie indicate dalla ‘casa madre’, come da nostra missione fondativa. Donatella fu molto paziente, perché, sulla scorta di un altro approccio a me caro, il 'bottom up', volli comunque partecipare direttamente all’assemblea dei Gruppi Locali, fatto non usuale, per confrontarmi ragionando con loro di come innovarci per conseguire gli obiettivi attesi.

Il modello organizzativo non contemplava nè contempla, infatti, forme di democrazia associativa, che allora pensavo avrebbero potuto rafforzare il radicamento territoriale; mi pesava l’impossibilità di avviare, oltre quelle programmate da International, campagne secondo me vicine alle nostre peculiarità, dal contrasto di traffici di rifiuti tossici alla 'Terra dei Fuochi' fino all’idea di dare vita ad una ‘Marcia dell’Aria Padana’, che da tempo proponevo per rendere evidente e condivisa come priorità nazionale la battaglia per lo sviluppo sostenibile e per l'alta qualità ambientale di quella Pianura, fattori competitivi decisivi per il territorio della locomotiva economica del Paese.

In realtà, come mi dice oggi il mio amico Giuseppe Onufrio, le riflessioni sulla democrazia associativa "riflettono certamente il tuo pensiero dell'epoca, ma si sono rivelate fallaci", perché "se siamo cresciuti in questo modo è proprio sviluppando bene il 'greenpeace as usual'". Sempre Giuseppe mi ragguaglia: "la crisi dell'ufficio spagnolo è legata allo spazio che hanno avuto i gruppi locali, che hanno moltiplicato le campagne locali che hanno diluito l'incisività dell'organizzazione causando una crisi di sostenitori che per un'organizzazione che non prende soldi da altre fonti è stata fatale". Mi fa piacere che Giuseppe a questo aggiunga: "sinceramente credo che tu e Donatella abbiate dato un contributo decisivo per progressivamente ripulire l'organizzazione da scorie e fraintendimenti del passato; avete fatto ripartire una macchina che era uscita fuoristrada ma che – democraticamente – sarebbe rimasta impantanata".

E ancora: "dopo di che concordo sulla necessità di una azione locale – da collegare ai temi di cui ci occupiamo – cosa che come sai faticosamente stiamo facendo in Veneto sul tema PFAS per il quale abbiamo le migliori competenze".

Giuseppe sa che già allora avevo capito ed infine interiorizzato, grazie al confronto quotidiano con Donatella e il Board, il ‘genius loci’ dell'organizzazione, la competenza delle sue donne e dei suoi uomini, la grande importanza del supporto scientifico indipendente alla base delle campagne stesse. Come riportato nel Bilancio Sociale 2009, la chiave di volta, il concetto che tiene tutto insieme è 'agire per ispirare gli altri', con enfasi a:

– Nonviolenza: da sempre, nel profondo delle nostre radici c’è il principio dell’azione pacifica. evitiamo la violenza anche quando il nostro agire appare provocatorio.

– Confronto: crediamo nel confronto creativo. Attraverso idee stimolanti e modi di agire, crediamo di poter mobilitare le persone e le organizzazioni.

– Indipendenza: Greenpeace viene sostenuta da singoli individui, rifiutando i fondi provenienti da partiti politici, governi o aziende, manteniamo la nostra indipendenza, così potendosi esporre e confrontarsi con chi detiene il potere proprio in virtù della sua indipendenza politica ed economica. È la libertà economica che garantisce la libertà di esprimere senza condizionamenti il proprio parere e a garantire in ogni circostanza il profilo autorevole dell’organizzazione.

– Il potere di agire insieme: crediamo nel potere di molti; il futuro dell’ambiente è nelle mani di milioni di persone nel mondo che condividono le nostre aspirazioni e insieme possiamo affrontare i problemi ambientali e promuovere soluzioni."

L’Assemblea dei Soci si impegnò con passione e coesione , in ogni momento,per aiutare Donatella, il Board e la squadra romana a far progredire il rinnovamento necessario fino alla approvazione del nuovo Statuto ed all'auspicato avvio del riequilibrio dei conti con Greenpeace International.

Tra le esperienze indimenticabili di quegli anni, a darci forza arrivò per la prima volta nel porto di Genova la 'Rainbow Warrior' che salutammo assieme ad un 'testimonial' leale e gratuito:

Nel tentativo di fare pesare Greenpeace nella ricerca di un percorso politico e istituzionale verso l'unico futuro possibile, quello sostenibile, per il mondo e anche per il nostro Paese, mi esposi come Presidente, ad esempio accettando nel 2007 l'invito di Piero Fassino, allora Segretario del PD, ad essere l'ambientalista' tra i dieci 'discussants' del suo Programma al Teatro Capranica a Roma.

Purtroppo, come si è poi visto sino ad oggi, nulla di significativo è scaturito su quel versante, vuoi per arretratezza culturale, subalternità nel contesto internazionale, prevalere di minoritarie logiche d'apparato anche tra chi dichiarava di volersi in quello schieramento occupare di ambiente. Speravo nei primi '90 che la sinistra avesse altra capacità di farsi carico della sfida ambientale, come quando Luigi Berlinguer mi candidò a Sottosegretario all'Ambiente, Ministro Paolo Baratta, nel costituendo Governo Dini: ne fui onorato, anche perché, come mi spiegarono diversi 'grand commis', ciò mi qualificava 'riserva della Repubblica', ma condivisi la scelta che l'incarico andasse ad un amico caro quale fu per me Emilio Gerelli, primo economista ambientale italiano.

Vennero più volte deluse, nel seguito, le aspettative circa la capacità di comprendere la questione ambientale come non settoriale, ad esempio rispetto alle speranze nutrite quando venni chiamato a lavorare al Programma ambientale dell'Ulivo, nel momento in cui stavo concludendo l'esperienza, pesante ma entusiasmante, di Assessore Comunale all'Ambiente di Milano indicato dalla società civile milanese al Sindaco Marco Formentini, trovandomi in Giunta con Philippe Daverio, Italo Rota, Maria Grazia Dente dell'Università Cattolica ed altri colleghi che apprezzai.

Ero riuscito, con i Milanesi, a risolvere l'emergenza rifiuti, con cui forti interessi tangentizi emersi grazie a 'Mani Pulite' volevano mettere in crisi la Giunta leghista al contempo lucrando profitti corposi: orientammo la città verso forme avanzate di quella che oggi si definirebbe 'Economia Circolare', ottenendone riconoscimento dal Financial Times che titolò "Milan can do".

Il più giovane Consigliere Comunale della Lega era allora Matteo Salvini, eletto nel 1993, poco più che ventenne.

Come scrive nel suo "Legastory : 1993-1997. La Lega Nord al governo di Milano" la Capogruppo della Lega d'allora in Consiglio Comunale, la colta e intelligente Marilena Santelli, "l’onnipotenza leghista a Palazzo Marino ebbe vita breve, anche se Formentini seppe destreggiarsi benissimo, dando vita a una sorta di appoggio esterno con la sinistra: era da inquadrare in quest’ottica la nomina di Walter Ganapini ad Assessore all’Ambiente".

Erano gli anni in cui la CGIL sapeva che almeno il 40% dei propri Delegati al Congresso Regionale lombardo dichiarava, rispondendo ad un questionario anonimo, di avere votato Lega Nord. Non fu facile far capire e 'metabolizzare', soprattutto in casa 'verde' (che pure aveva dato Assessori alle Giunte pre-Mani Pulite) e 'migliorista' (es.:la Sesto S.Giovanni roccaforte del Cossutta poi PRC) , senso e valore di quella sfida , la cui posta esplicitai allora in forma di lettera pubblica : "È a tutti palese che oggi,a Milano,si sta combattendo una delle più importanti battaglie dell’ambientalismo italiano.

Attacchi violentissimi vengono all’esperienza milanese da parte dei gruppi di interesse parassitario e tangentizio che per decenni hanno mantenuto Milano, e l’Italia, in condizioni di degrado non europeo per quanto concerne lo smaltimento dei rifiuti, la gestione delle acque, la qualità dell’aria.
Si accodano, a quei gruppi, i servi presenti ad ogni livello delle Amministrazioni, in porzioni di accademia, negli organi di controllo: sono gli stessi servi che, nei decenni precedenti, non hanno mai visto né sentito nulla, che hanno progettato buona parte di impianti e strutture fortunatamente, finite nel mirino di ‘Mani Pulite’, che sono stato i corifei della ‘Milano da bere’.

In tema di rifiuti, Milano ha avviato uno dei più drastici processi di disintossicazione da discarica che l’Europa ricordi. Non era nella volontà del Comune sottoporre la città a tale sforzo e in quei tempi e modi: solo la necessità di sottrarsi ad un assedio lungamente programmato, e dal forte puzzo di denaro, ha condotto a mobilitare ogni risorsa verso la autosufficienza, attivando la più grande campagna di raccolta differenziata del Paese, ottimizzando la gestione degli scadenti impianti ereditati dal passato, progettando l’avvio della più grande fabbrica di riciclaggio del Paese, per di più su una grande area dismessa, promuovendo gli appalti dei nuovi impianti strategici, tutti coerenti con la più avanzata normativa comunitaria, generando nuova occupazione.

I Milanesi hanno capito, così come il sistema industriale ha capito: non si sta in Europa ingrassando i proprietari di discariche, ricorrendo a tecnologie obsolete, evitando il confronto con i temi delle tecnologie pulite, dei prodotti puliti, della riduzione all’origine del problema.
E nonostante si sia dovuto mettere in moto il processo in poche settimane, non si è dimenticato di operare la ricerca del consenso sul territorio, di coinvolgere il mondo della ricerca (il progetto ‘Cittadella dell’Ecodesign’), di valorizzare il volontariato.
Il rischio che tale processo attecchisse è stato ben percepito da parassiti e tangentari, sin dall’inizio: li ha spaventati il fatto che il Sindaco Formentini, coinvolgendo uomini e donne dell’ambientalismo e del volontariato nel governo della città, consentisse poi che al vertice dei più importanti strumenti operativi del Comune arrivassero competenze di primo ordine e professionalità fortemente connotate di trasparenza.
Parassiti e tangentari non amano un pubblico competente e indipendente e perciò capace di dialogare e cooperare positivamente con il mercato e le imprese industriali e di servizio, ricercando nuove e più efficienti sinergie gestionali. Chi si difende perde, chi progetta vince.
L’ambientalismo scientifico ha da sempre perseguito l’obiettivo della progettualità al servizio dell’innovazione sociale, culturale, economica.
L’ambientalismo scientifico ha applicato, nel Paese, la nozione di complessità e della lettura sistemica dei processi reali; è proprio l’ambientalismo scientifico che, però, pur rifuggendo da ogni approccio riduzionistico e meccanicistico, ha fatto propria la esigenza della semplificazione nel governo del cambiamento di tali processi reali.
Guai a chi, in questo momento e in questa Milano, non prenda, perciò, hegelianamente partito nella battaglia in corso: le lagnanze a posteriori non serviranno a nulla, se si perderà.
Se si perde a Milano, sui rifiuti, arretra tutto il Paese e l’Europa si farà ancor più lontana.
Non si cada nella trappola di parassiti e tangentari, che non si trastullano di pensieri deboli e che, anzi, hanno pensieri e interessi forti".

Nonostante la pluralità – o forse a causa della pluralità – di esperienze vissute e delusioni provate nel tentativo di far progredire il progetto ambientalista a progetto di governo , non fu semplice decidere cosa fare quando a inizi 2008 mi si propose di impegnarmi per aiutare la Campania nel contrastare l’ignobile ‘emergenza rifiuti ad hoc’ che la lordava , utile ad alimentare convenienze inconfessabili ed 'onorare' ricadute di ‘trattative’ con l'economia criminale, fenomeno che rese ancor più pesanti nel nostro Paese gli effetti del grave stato di emergenza sistemica globale ,finanziaria ed ambientale. Sapevo che accettare implicava la rinuncia alla Presidenza di Greenpeace : alla fine accettai , dimettendomi da Presidente.

Scriveva l'ANSA il 12-2-2008 : 'I nomi nuovi sono quelli dell'economista Mariano D'Antonio,che va al Bilancio e alla Programmazione Economica, del sociologo Domenico De Masi, docente alla Sapienza di Roma, che gestira' Turismo e Beni culturali, del presidente di Greenpeace Italia, Walter Ganapini, nuovo responsabile dell'Ambiente. Gli altri due neo-assessori sono: alle Politiche sociali Alfonsina De Felice, ordinario di Sicurezza sociale alla Federico II di Napoli, e all'Universita' e ricerca Nicola Mazzocca, ordinario dei Sistemi di elaborazione dati alla Facolta' di Ingegneria dello stesso Ateneo', subito giustamente corretta , a scanso di equivoci , da una nota del direttore comunicazione di Greenpeace Italia, Andrea Pinchera , figlio del Giancarlo Pinchera 'fratello maggiore' e Maestro di Giuseppe Onufrio e mio , che sottolineava :" il nuovo incarico di assessore regionale campano affidato a Walter Ganapini e' incompatibile con quello attualmente ricoperto di presidente del movimento ambientalista".

Il 'benvenuto a Napoli' mi venne da Pierferdinando Casini e Mara Carfagna, che denunciavano la mia notoria avversione per l'antiquata , costosa ed inquinante tecnologia dell'incenerimento , temi con cui mi avevano accolto due lustri prima a Milano il formigoniano Lupi ,consigliere in Comune per il CCD, e l'entourage di Arcore (annunciando ai giornalisti i per me primi 'dossiers' su di me) . Più diretto fu Bertolaso Commissario di Governo alla emergenza rifiuti campana , che avevo conosciuto come rutelliano Direttore dell'Agenzia per il Giubileo presieduta dall'oggi Sen. Zanda , con Paolo Gentiloni Assessore al Giubileo , quando incontrandomi ad un meeting italo-inglese presso l'Università di Siena , coordinato da Giuliano Amato e dal Direttore dell' "Economist" , in quei primi miei giorni da Assessore , mi chiese " cosa sei venuto a fare?".

Quello che ho visto e combattuto a Napoli è sintetizzato in 'Per amore di Campania', bel video breve realizzato da Daniele Ciri.

La crisi sistemica attuale, finanziaria ed ambientale, pone oggi di nuovo l'ambientalismo di fronte ad un bivio , perché il suo progressivo radicarsi nella sensibilità sociale diffusa porta gli interessi messi in discussione a divenire aggressivi e minacciosi, come Greenpeace ha sperimentato più volte: valga per tutti, il caso della battaglia legale alla fine vinta dall'associazione a proposito della centrale a carbone di Porto Tolle.

In momenti come l'attuale, la resistenza feroce del 'vecchio' contro la domanda di cambiamento per il 'nuovo', ben delineato da Papa Francesco in termini di 'ecologia integrale' nella 'Laudato sì', porta a vedere aggrediti in ogni modo, a partire dal piano legale a livello personale, gli esponenti tecnici ed operativi che si battono in prima linea sul delicato e cruciale fronte 'Ambiente/Salute'. Ecco perché, durante l'Assemblea 2018 dei Soci di Greenpeace, ho voluto focalizzare la questione di come si debbano difendere le nostre donne e i nostri uomini da tali attacchi. Aveva certo ragione il Gandhi de "prima ti ignorano,poi ti deridono, poi ti combattono, infine vinci", ma non disdegno la deterrenza, ad ogni buon conto, del Pertini de "a brigante,brigante e mezzo". Al riguardo , ho rimembrato il calvario toccato dopo Seveso all'a me tanto cara Laura Conti, derisa, aggredita, isolata: ho ricordato ai Soci ed alla squadra romana di Greenpeace che non si muore solo per mano di assassini armati, come accade agli ambientalisti dall'America Latina all'Africa.

Si muore anche lottando contro potenti che ti aggrediscono giorno dopo giorno dapprima con irridente indifferenza, poi con diffamazione sistematica fondata sulla convinzione, instillata loro dagli 'spin doctor', che quel che conta è il 'first strike' e che buttando fango nel ventilatore un po' ne rimarrà comunque appiccicato, ed infine approfittando delle brecce giuridiche che consentono loro di attaccarti in beni ed affetti (ad esempio 'iscrivendoti d'ufficio negli elenchi degli indagati' con esposti o impunite denunce temerarie) : chi combatte , in attesa delle tardive 'assoluzioni per non aver commesso il fatto', subisce effetti devastanti sul piano della vita personale e professionale. Se al contempo si lascia insipientemente proliferare l'approccio da 'anime belle' , spesso tipico di chi tanto parla e nulla ha fatto e fa , di chi non applica dubbio critico ed analisi nel merito prima di emettere giudizi 'scolpiti nel fango' , la 'turbativa' della competizione a ruoli pubblici si fa pesante . Tale approccio, infatti, risulta utile soprattutto a quanti, tra le 'anime belle', siano attratti dalle sirene della politica e quindi interessati, consciamente od inconsciamente, a vedere uscire forzosamente di scena, in quanto 'indagati', presunti concorrenti potenziali.

Sono tanti, quindi, i motivi che mi rendono orgoglioso di essere Socio di Greenpeace lavorando in Assemblea con gli altri Soci alla definizione delle linee strategiche ed al monitoraggio dei risultati dell'azione di una Comunità di persone che è e sarà sempre in alto nel mio cuore e nella mia mente.

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