Sostenibilità
Greenpeace lancia “A song of Oil, Ice and Fire” in difesa dell’Artico
Prosegue la mobilitazione mondiale contro l'avvio delle trivellazioni nell'Artico da parte della Shell. Già 7 milioni di persone hanno sottoscritto l'appello di Save the Artic e oggi viene lanciato un video su Youtube
Greenpeace ha lanciato oggi un nuovo tassello della campagna Save the Artic. Il tempo stringe, come ricorda il countdown sul sito della campagna che inesorabilmente segnala l’avvicinarsi del momento in cui sarà troppo tardi: il momento in cui dovrebbero iniziare le trivellazioni nell'Artico da parte della Shell.
«Se entro sei settimane Shell dovesse iniziare le ricerche di petrolio nell’Artico, potrebbe devastare questo posto unico, i suoi paesaggi meravigliosi e la sua incredibile fauna», afferma Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia. «È dimostrato che non si può trivellare in modo sicuro nell’Artico: la questione non è se si verificherà uno sversamento di petrolio, ma quando accadrà»
Save The Arctic di Greenpeace presenta oggi “A Song of Oil, Ice and Fire”, un video che denuncia i piani di trivellazione di Shell nell’Artico. Nel video tre repliche di famose opere d'arte sono date alle fiamme e, bruciando, vengono sostituite da tre nuove versioni realizzate dai famosi artisti britannici KennardPhillipps: il paesaggio viene trasformato dalle trivellazioni di Shell e devastato da esplosioni e fuoriuscite di petrolio.
Le tre opere d’arte replicate e trasformate sono “Pearblossom Highway” di David Hockney, “Christina’s World” di Andrew Wyeth e “An Arctic Summer: Boring Through the Pack in Melville Bay” di William Bradford.
A marzo il Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti ha annunciato un primo via libera alle concessioni petrolifere nell’Artico. Una volta acquisiti i permessi definitivi, Shell prevede di avviare le perforazioni esplorative nell’Artico vicino all’Alaska, entro il prossimo luglio.
A opporsi ai piani di Shell, rende noto Greenpeace è «un movimento di circa sette milioni di persone da tutto il mondo. Solo una settimana fa, centinaia di attivisti in kayak hanno manifestato a Seattle – porto di partenza della piattaforma Polar Pioneer, di proprietà di Transocean (la stessa della Deepwater Horizon) e noleggiata da Shell per le trivellazioni in Alaska – e molte altre proteste sono previste nei prossimi mesi».
L’Artico è già alle prese con le ricadute dei cambiamenti climatici: si sta sciogliendo a una velocità allarmante. Lo scorso marzo è stato registrato il più basso livello di estensione invernale dei ghiacci artici mai rilevato. Le grandi compagnie petrolifere mondiali vorrebbero approfittare del ritiro dei ghiacci per estrarre le riserve di gas e petrolio presenti in questa fragile area.
Tuttavia, spiegano a Greenpeace, le estreme condizioni artiche, con giganteschi iceberg in movimento e mari tempestosi, rendono estremamente rischiose le trivellazioni offshore. Lo stesso governo degli Stati Uniti stima che in conseguenza di queste attività ci sia il 75% di probabilità che avvenga un ingente sversamento di petrolio. E come se non bastasse un altro studio finanziato proprio dal governo statunitense solleva seri dubbi sulla possibilità di fronteggiare uno sversamento di grandi proporzioni in condizioni così proibitive.
Foto di apertura Getty Images
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