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Serve più energia, ma che sia pulita

di Angelo Ferrari

Il bisogno di energia cresce in modo esponenziale. Si stima, infatti, che nei prossimi trent?anni la domanda di energia, trainata dallo sviluppo tumultuoso di alcuni grandi Paesi come la Cina, l?India e il Brasile sarà superiore del 60 per cento rispetto a quella di oggi. Le emissioni di anidre carbonica – il gas prodotto dai processi di combustione, accusato di riscaldare l?atmosfera – entro la metà del secolo dovranno essere ridotte del 50 per cento rispetto a oggi: lo stabilisce il Terzo rapporto mondiale dell’Onu sul clima. Tutto ciò significa che il protocollo di Kyoto non avrà alcun effetto se i grandi inquinatori, Usa in testa, non decideranno di fare una sforzo comune per ridurre le emissioni. Ma non solo. I grandi della terra dovranno investire, e molto, nella ricerca di soluzioni che facciano leva su nuove tecnologie e su fonti energetiche rinnovabili. Uno sforzo, però, che in pochi sembrano avere intenzione di fare. La Francia sostiene con forza il ruolo dell?energia nucleare, che non ha il problema delle emissioni di anidride carbonica ma produce scorie. Il problema dei costi e della gestione delle stesse non è ancora risolto. Mentre proseguono le discussioni sulla Terra si soffoca. Il bisogno di energia è grande, il bisogno di salute ancora di più. Italiani poco informati sull?ambiente Il 52 per cento degli italiani conosce poco o nulla i temi ambientali. È quanto emerge da una ricerca condotta dell?Istituto sulla pubblica opinione e commissionata dal ministero dell’Ambiente. Ciononostante, l?80 per cento degli intervistati ritengono che la situazione ambientale è critica e solo il 10 per cento, invece, non la ritiene tale. Il 57 per degli italiani è convinta di poter contribuire personalmente alla tutela dell’ambiente. L’inquinamento atmosferico, il nucleare e la gestione dei rifiuti sono i temi che preoccupano maggiormente. Vengono percepite con minore gravità le catastrofi naturali, i cambiamenti climatici, l?inquinamento delle acque e quello causato dall’industria. Il ministro dell?Ambiente, Altero Matteoli, sostiene che la sensibilità degli italiani cresce, «e con essa deve crescere una comunicazione chiara, trasparente, concreta e facilmente accessibile». Rimane, tuttavia, quel 52 per cento di italiani che conoscono poco i temi ambientali. Molto deve essere ancora fatto. C?è poca natura nella competitività Se gli italiani sono poco sensibili le autorità pubbliche, governo in testa, dovrebbero fare di più. E invece, secondo Edo Ronchi, ex ministro dell?Ambiente, il provvedimento sulla competitività del governo Berlusconi «trascura l’ambiente e perde così un?occasione cruciale per rilanciare la qualità dello sviluppo del Paese». Sempre secondo Ronchi, questo governo non «ha colto un elemento decisivo: la qualità ambientale dei prodotti e dei processi produttivi come fattore di competitività. In particolare ha trascurato la necessità di valorizzare, con incentivi economici e semplificazioni procedurali, la certificazione ambientale, sia l?Ecolabel dei prodotti, sia quella Emas delle organizzazioni».


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