Cultura

Greenfiles

Promesse o aiuti veri?L’occidente alla prova

di Angelo Ferrari

1970: tempesta tropicale in Bangladesh. Migliaia di morti. Aiuti: pochi. Promesse: tante. Qualcosa poteva cambiare nelle condizioni della popolazione. Ma è successo poco o nulla. Ora, una catastrofe analoga. Cambia l?origine, ma il risultato è sempre lo stesso. Il mondo si è mobilitato. Dopo polemiche e battibecchi si è arrivati alla conclusione che la gestione degli aiuti e della ricostruzione farà capo all?Onu. Una buona notizia. Il mondo sembra essersi ricomposto sotto l?ombrello delle Nazioni Unite. Ma ci auguriamo che le promesse si trasformino in denaro contante e le parole lascino spazio all?azione. Una raccolta fondi senza precedenti La gara di ?generosità? è senza sosta e le cifre promesse sono da capogiro. L?Australia si è impegnata per 764 milioni di dollari. Ha superato tutti, persino gli Stati Uniti che sono arrivati a 350 milioni. Ma le sorprese arrivano da Germania e Giappone: rispettivamente 663 e 500 milioni. Complessivamente l?impegno dei governi mondiali è arrivato a raggiungere il tetto di 4 miliardi di dollari, cifra senza precedenti nella storia. Ma perché tanta generosità? Solo perché quelle terre sono una delle mete preferite dei turisti? No. Le ragioni vanno cercate nella politica, nelle strategie delle diplomazie internazionali che cercano crediti di altra natura e il maremoto ne è diventata l?occasione. Washington voleva fare tutta da sola, costruendo con altri Paesi una ?coalizione dei buoni?. Lo scontro con l?Onu è stato duro. Era un tentativo di bypassare le Nazioni Unite. Fortunatamente, fallito. Ma vi è anche un?altra ragione: Bush deve dimostrare che gli Usa sono in prima fila anche quando non c?è da fare i gendarmi del mondo. Senza dimenticare che l?intervento avviene in Paesi a maggioranza musulmana. Ecco allora il colpo di genio del presidente: coinvolge suo padre e Clinton. Germania e Giappone? Entrambi impegnati sulla riforma dell?Onu, e candidati a un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, si sono battuti perché gli aiuti fossero gestiti dall?Onu. Ci sono riusciti. Un?occasione unica di riscatto Vi è un?altra ragione. Il Giappone è avido di pesce. I suoi pescherecci sono già al largo delle coste del Sud-Est asiatico. E la tragedia gioca a suo favore. Il prezzo del pesce di quelle aree è crollato e Tokyo, come un avvoltoio, vi è piombato sopra. Che dire, invece, della Cina e dei suoi 60 milioni di dollari promessi? È la dimostrazione che i Paesi dell?area non la riconoscono ancora come una potenza regionale e preferiscono affidarsi all?Occidente. L?Italia si farà carico di 95 milioni di dollari. Il debito estero è un nodo centrale. Buon senso voleva che il club di Parigi, su indicazione del G7, arrivasse a un congelamento degli interessi sul debito. Anche se l?Indonesia preferirebbe una cancellazione vera e propria. Assurdo. Semmai il punto è riuscire a creare fondi di contropartita da impegnare nella lotta alla povertà. Il grande assente, invece, è la Russia: neanche un centesimo. Come si vede la gara è stata dura. Ma il rischio vero è che tutto svanisca nel nulla. Le promesse hanno costellato la storia degli ultimi 40 anni del ?900. J.F. Kennedy aprì le danze, nel 1963, quando promise che in dieci anni si sarebbe ridotta la fame nel mondo. Nel 1973 i risultati erano pari a zero. A promettere, poi, ci ha pensato qualcun altro, fino ad arrivare al 2000 con gli otto Obiettivi del Millennio dell?Onu. Non sembri cinismo, ma un?occasione come quella del maremoto non si ripeterà. E potrebbe trasformarsi, per milioni di persone, nel riscatto dalla povertà. Rimane la speranza che questa volta le promesse si trasformino in denaro. Altrimenti avremo assistito all?ennesimo ?concorso di bellezza?.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA