Grazie Nadia. Grazie di tutto. Mi torni in mente nei momenti più dolci, con il tuo sorriso e con la tua capacità di vivere la sofferenza con allegra incoscienza, continuando ad aiutare gli altri che ti aiutano. Mi hai lasciato cinque anni fa, il 7 ottobre del 2003, e pensavo che il mondo mi sarebbe crollato addosso, pensavo di non avere più la forza per costruire, per progettare, per desiderare. Avevamo condiviso tutto, comprese le sedie a rotelle, otto ruote in due, niente male, ma ci siamo divertiti, abbiamo vissuto, non ci siamo fatti mancare nulla.
Ti ringrazio per la lezione sulla vita, sulla disabilità, sulla necessità di ascoltare le persone più semplici, quelle che assieme a te avevano costruito dal niente una squadra di sport per disabili quando non c’era Pistorius né gli sponsor. Mi hai insegnato la piena autonomia personale, quando io, ancora giovane, tendevo a farmi aiutare, a sfruttare un po’ la disabilità per non affrontare in pieno l’esistenza con il vento in faccia.
Mi hai preso in giro, mi hai voluto bene, hai saputo costruire per 21 anni un percorso di vita normale, giusto, convincente. Una lunga malattia ti ha modificato, logorato, sfinito, portato ad una fine che è arrivata troppo presto, per te, per me.
Ma anche quella fine è stata una lezione, e ora mi torna in mente, in questi tempi di discussione sul termine della vita. Ricordo le tue parole: “Lasciami andare…”. Tu hai deciso che non ce la potevi fare a vivere bene, e senza interrompere cure né assistenza, hai lasciato che il corso della vita si completasse. Con dignità, mi hai lasciato in silenzio, una mattina come questa, un po’ umida e autunnale.
Credevo di non farcela, e invece mi hai aiutato a ripartire, perché ho sempre sentito il tuo incitamento, la tua risata, il tuo invito a vivere, ad andare avanti. E ora la vita è qui, nelle mie mani, e ho costruito di nuovo, serenamente, giorno dopo giorno, le relazioni umane, il lavoro, gli affetti, una compagna, persino un gatto. Non sono solo, e forse non lo sono mai stato. Una carezza, cara Nadia.
Nessuno ti regala niente, noi sì
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