Cultura

Grazie Hessel, perché «possiamo impegnarci solo se indignati»

È morto oggi a 95 anni l'autore di "Indignatevi!", a cui si ispirò nel 2011 il movimento degli Indignados. Il fondatore di Arché rilegge il suo messaggio

di Sara De Carli

È morto a 95 anni Stéphane Hessel, politico, scrittore e diplomatico, autore di “Indignatevi!”. Tedesco, classe 1917, di famiglia ebrea, aveva combattuto nella Resistenza francese durante la Seconda guerra mondiale e poi era stato deportato a Buchenwald. Nel 2011 scrisse un libretto di una ventina di pagine che divenne un caso editoriale e ispirò il movimento degli Indignados.
Per ricordarlo, riproponiamo qui un brano a firma di padre Giuseppe Bettoni, fondatore di Arché, che nel marzo 2011 citava Hessel per celebrare i vent’anni dell’associazione che a Milano si occupa di minori (quando è nata di quelli malati di Aids, oggi più in generale di minori in difficoltà) e per tracciarne, in qualche modo, la strada futura.
«Il volontario fa comodo quando va a mettere le pezze, ma deve avere anche la dignità di indignarsi, perché indignarsi è un atto di cittadinanza», ci aveva spiegato Bettoni quando avevamo chiesto il perché del riferimento così forte a Hessel. «Viviamo in una società liquidità, fatta di relazioni liquide, una società che, tra virgolette, fa acqua da tutte le parti. Ed è interessante che il volontariato si innesta qui con la solidarietà, cioè con qualcosa che – lo dice il termine stesso – è solido. E cosa c’è di solido nella solidarietà? Il fatto che – è un linguaggio mutuato dal vocabolario giuridico-commerciale, con la “responsabilità in solido” – posso tirarmi indietro, sono vincolato dentro lì. Dalla società non posso tirarmi fuori, neanche se questa è liquida e fragile. Non posso fuggire e crearmi un’isola felice. Sono responsabile in solido. La solidità di una società non sta nel costruire tante isole felici, ma nello stare dentro la fragilità e costruire una cittadinanza di relazioni autentiche, fatte di attenzione all’altro». Ecco di seguito una parte del brano tratto dal blog di padre Bettoni, Natan 51. Per leggere tutto  http://www.giuseppebettoni.it/

«Anzitutto mi sembra che ci sia una cosa molto semplice da fare e che potrebbe apparire scontata ma purtroppo non lo è, ed è quella che un anziano resistente francese, Stéphane Hessel, ha espresso in poche pagine che hanno ottenuto in Francia un successo editoriale sorprendente: "Ci appelliamo alle nuove generazioni perché mantengano in vita e tramandino l’eredità e gli ideali della Resistenza. Diciamo loro: ora tocca a voi, indignatevi! I responsabili politici, economici, intellettuali e la società non devono abdicare, né lasciarsi intimidire dalla dittatura dei mercati finanziari che minaccia la pace e la democrazia». Oggi ad indignarsi sono i giovani delle piazze del Cairo, della Tunisia, della Libia … e loro forse possono darci la forza di reagire alla sonnolenza delle nostre coscienze. «Il mio augurio a tutti voi, a ciascuno di voi, è che abbiate un motivo per indignarvi. È fondamentale. Quando qualcosa ci indigna come a me ha indignato il nazismo, allora diventiamo militanti, forti e impegnati" (Hessel).
È vero possiamo impegnarci solo se ci siamo indignati per qualcosa. Ecco un compito che mi sembra potrà segnare il cammino di Arché nel tratto di strada che sta dinanzi a noi, consapevoli che si tratterà di una strada per così dire in salita e a volte anche in contromano. Infatti mi domando spesso perché nonostante le migliaia di associazioni di volontariato e i milioni di volontari sparsi sul territorio della penisola, sembra che il loro impegno e la loro dedizione siano irrilevanti di fronte al dilagare di una mentalità che si nutre di corruzione, volgarità, sfruttamento e ingiustizia? Qualcuno deve pur avere il coraggio di essere voce critica e di indignarsi per il grave danno che viene inferto alla dignità della persona sia esso immigrato, donna o bambino. Qualcuno – e chi se non dei cittadini solidali? – deve dire che chi distrugge la dignità umana di una sola persona, a cominciare da se stesso, è come se distruggesse quella del mondo intero e che arreca una lacerazione inscritta in maniera irreversibile nell’ordine delle cose. Perché, volenti o nolenti, siamo responsabili gli uni degli altri».
 


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA