Sostenibilità
Grazie gorilla firmato: i congolesi
Gli ultimi gorilla giganti del parco di virunga, in africa, erano minacciati dalluomo in cerca di aree in cui vivere. ora un progetto ha stabilito confini per gli uni e per gli altri. E tutti vivono
di Redazione
La terra rossa della pista percorribile in jeep contrasta con l?azzurro dell?ampio, quasi infinito, orizzonte e quello degli svariati specchi d?acqua limpida e pura che si intravedono viaggiando all?interno della zona. C?è poi il verde della rigogliosa foresta pluviale, degli alberi secolari e delle canne di bambù che, come in una cartolina, incornicia perfettamente l?intero paesaggio. Lo sguardo del visitatore va lontano fino a incontrare il profilo delle montagne che fanno da sfondo a questo paradiso terrestre che è il Parco dei Vulcani, il Virunga, conosciuto forse ai più per la presenza dei gorilla di montagna e per il lavoro svolto qui per decenni dalla studiosa Diane Fossey.
Quest?area, al confine tra Repubblica democratica del Congo e Uganda, è una zona forestale di importanza straordinaria, riconosciuta dall?Unesco come ?patrimonio dell?umanità?. Qui vivono oltre 200 specie di mammiferi, più di 800 specie di uccelli, diverse centinaia di rettili, pesci, farfalle e insetti, ma soprattutto gli ultimi gorilla di montagna del mondo, tra le specie di scimmia più affascinanti e che sono in via di estinzione. Non sono, però, solo questi enormi mammiferi a essere in pericolo di sparizione: anche l?intero parco lo è.
Infatti, gli oltre quindici anni di crisi socio-politica del Paese e due guerre fratricide hanno ridotto la popolazione congolese, soprattutto quella che vive a ridosso del parco nazionale, alla miseria più nera e alla lotta quotidiana per la sopravvivenza. La gente vede, dunque, nel Virunga l?unica fonte di vita e di sostentamento. Per loro è un parco da sfruttare: un luogo in cui costruire villaggi ?protetti?, coltivare la terra, cacciare, pescare e raccogliere legna; in una parola, vivere. Tra la gente manca completamente la concezione che questo parco sia un patrimonio naturale da custodire e conservare. La fame prevale su tutto.
Per tentare di proteggere e di conservare il luogo, qualche anno fa le autorità hanno creato l?Istituto congolese per la conservazione della natura (Icnn), un organo governativo che legifera, controlla, protegge e amministra i parchi e le riserve nazionali. Cinquecento sono le guardie deputate a vigilare sull?intera area ma in un Paese senza legge né ordine, l?autorità spesso è solo sulla carta e ha poca possibilità di farsi valere. Perciò, la conservazione del parco nazionale è in grave pericolo vista la continua pressione delle popolazioni limitrofe costrette a una stentata sopravvivenza.
Entra, allora, in gioco il contributo della comunità internazionale che non può rimanere inerme di fronte a tutto questo. Qui il Wwf, i cui uffici si trovano a Goma, città vicina a una delle entrate del parco, sta lavorando su diversi fronti con due tipi di progetti: il Programma ambientale per il parco Virunga (Pevi) e il Programma internazionale per la conservazione dei gorilla (Igcp) che ha come obiettivo la conservazione degli ultimi gorilla di montagna attraverso la cooperazione tra Uganda, Zaire e Ruanda.
Il Pevi, conosciuto anche come Kacheche, dal nome di un uccello che simboleggia buone notizie, nasce dalla collaborazione tra Wwf e Iccn e punta alla realizzazione di una serie di attività, a stretto contatto con gli indigeni, atte a promuovere la coesistenza tra uomo e natura e la conservazione del parco a beneficio delle generazioni presenti e future. Gli uomini impegnati nel progetto stanno tentando di far comprendere ai congolesi che il parco può essere visto come una specie di ?banca verde? che, quindi, non va sperperata.
Si sta lavorando in quest?opera di convincimento facendo capire alle popolazioni che la ricchezza del Virunga potrebbe portare a una serie di benefici: innanzitutto, potrebbe attirare un maggior flusso turistico, che genererebbe reddito e occupazione; libererebbe risorse animali e vegetali utilizzabili per l?alimentazione o a scopo medicinale; ridonerebbe alla popolazione orgoglio e valore culturale all?area; fornirebbe legno utilizzabile; renderebbe disponibile fauna selvaggia e pesce per una produzione avveduta; farebbe, infine, da ?zona cuscinetto? per assorbire la richiesta di risorse naturali che eccede le disponibilità in tempo di guerra o di crisi.
Un esempio concreto del progetto Pevi è rappresentato dal villaggio di Rubare, situato nel nord del Kivu e posto nelle vicinanze del parco. Qui ci si sta concentrando nello sviluppare attività produttive per rendere la popolazione autosufficiente dal punto di vista economico e alimentare, in modo da evitare che per approvvigionarsi di cibo e legna questa entri in conflitto col parco.
Il progetto si sviluppa in quattro attività, tutte condotte da donne, che stanno dando buoni risultati: un centro di sartoria, un allevamento di animali selvatici, una scuola di alfabetizzazione per bambini e adulti e l?orticoltura. Rubare è un solo progetto sperimentale che è, però, importante perché punta a creare un modello di sviluppo sostenibile. L?obiettivo, infatti, è passare da una fase di sussistenza della popolazione locale alla creazione di profitto attraverso il commercio dei prodotti agricoli ed artigianali.
È una grande sfida soprattutto in una zona dilaniata da oltre un decennio di guerra, un dramma umano che rende tutto più difficile. Ma con l?aiuto di tutti può essere vinta.
Benedetta Vitetta
È di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) la frase che abbiamo scelto per aprire questo numero di Ecomondo. Tratta dal libro VIII della sua enciclopedica Naturalis Historia, in italiano suona più o meno così: «È stupefacente come la natura non solo abbia destinato alcuni animali ad alcune regioni e altri ad altre, ma abbia impedito loro di vivere in alcuni luoghi della stessa regione».
Un concetto, quello del legame delle specie al proprio habitat, che oggi gli scienziati considerano una delle basi della moderna biologia. E un biologo ante litteram può ben dirsi Plinio il Vecchio, che dedicò l?intera vita all?osservazione della natura e descrisse con precisione centinaia di specie animali e vegetali, alcune delle quali oggi estinte.
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