«Papà mi presti i soldi che devo lavorare? » è un libro ironico su come affrontare il mercato del lavoro, la crisi e il precariato, in un’epoca in cui in Italia la disoccupazione giovanile ha raggiunto quasi il 40%.
Scritto da Alessia Bottone, ( Verona, 1985), laureata in Scienze Politiche, Istituzioni e Politiche per la Pace e i Diritti Umani, ovvero, come ironizza lei stessa, in «Scienze della Disoccupazione a Lungo Termine», il libro, edito da Kowalski (settembre 2014, 137 pagine, 13 euro), parla delle «avventure e disavventure di una precaria a tempo indeterminato». E di come la crisi le abbia dato un’opportunità che non si aspettava.
Un libro che sin dalla sua pubblicazione ha fatto molto discutere e che ha avuto un grande successo mediatico: ne hanno parlato, tra gli altri, il Corriere della Sera, D Repubblica e Il Fatto Quotidiano. Alessia Bottone, che è anche autrice dal 2012 del blog «Danordasudparliamone-Sogni a tempo (in) determinato», è stata di recente ospite di Tgcom24, di Rai 3 e di diverse trasmissioni televisive, tra cui announo su La7 e Radio Deejay . Oltre a collaborare con varie testate giornalistiche di Verona Alessia Bottone ha ora in programma di scrivere un terzo libro.
– Com'è nata l’idea di scrivere «Papà mi presti i soldi che devo lavorare? »
Mentre ero iscritta all’università a Padova sono andata all’estero perché ho sempre pensato che la pratica fosse meglio della teoria. Ho vissuto in 7 diversi paesi europei per 5 anni, imparando 4 lingue, ho fatto uno stage all'ONU e un altro in una lobby di Bruxelles. Sono rientrata poi in Italia, a Verona, e dopo essermi laureata, nel 2011, non ho trovato nessun lavoro, solo proposte umilianti e colloqui di lavoro paradossali. Come quelli che descrivo nel libro: « Lei ha viaggiato troppo, è un persona instabile», «Lei è troppo determinata. E se dopo non ubbidisce?», « Lei è troppo scrittrice per la nostra azienda». Ho scritto quindi una lettera di denuncia al quotidiano della mia città, l'Arena , che è stata pubblicata e ha avuto un grandissimo riscontro mediatico. Dopo la pubblicazione della lettera, nel 2012, ho deciso di aprire un blog: «Danordasudparliamone-Sogni a tempo (in) determinato», che tratta della tematica del precariato e dà spazio alle lettere dei giovani senza lavoro. E ho scritto due libri: «Amore ai tempi dello stage. Manuale di sopravvivenza per coppie di precari » e «Papà mi presti i soldi che devo lavorare»?
-Come vede la crisi?
La crisi è stata un’opportunità. Infatti, anche se il mio progetto iniziale, dopo una laurea in Scienze Politiche, Istituzioni e Politiche per la Pace e i Diritti Umani, era di lavorare in campo umanitario, all’ONU, la crisi mi ha dato l’opportunità di fare qualcosa cui non avevo mai pensato prima. Ho scritto due libri e ho aperto un blog. Non era il mio progetto iniziale ma è stato un sogno scrivere e ora vorrei diventare giornalista.
-Cosa consiglia ai giovani per sopravvivere alla crisi?
Fare un’esperienza all’estero, dove c’è più meritocrazia che in Italia, imparare una o più lingue e poi eventualmente tornare in Italia. E avere uno sguardo giocoso sulla realtà, che è ciò che mi ha consentito di trattare tematiche complesse come quelle del libro cercando di trovare il lato positivo, usando l'ironia, che per me è l’unico modo per uscire dalla crisi. E' importante sperimentarsi, adattarsi e provare strade nuove.
-Qual è il messaggio che vuole dare con il suo libro?
Credere in quello che si fa. Anche quando gli altri ti dicono che non ce la farai. Non bisogna ascoltare chi si lamenta di tutto, della vita, della crisi, perché si rischia di non credere più nei propri sogni e nelle proprie sfide.
-Ci sono delle esperienze di lavoro che ha fatto all’estero che vuole ricordare?
Il servizio civile internazionale in Svizzera, in un campo di accoglienza per richiedenti asilo. E’ stata per me l’esperienza più arricchente dal punto di vista umano. Sono stata 4 mesi in un paesino di 2500 abitanti sperduto sulle montagne svizzere, insegnando francese ai richiedenti asilo. Un’altra esperienza interessante è stato il servizio di volontariato europeo in Costa Rica, dove ho vissuto in una comunità indigena per 4 mesi.
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