Cultura

Gratuità la parola più umana

Una visione appassionata. ma anche molto sistematica. Così Giovanni Paolo II ha sempre esaltato nei suoi discorsi e nelle sue encicliche il lavoro dei volontari.

di Riccardo Bonacina

In quasi 27 anni di pontificato Giovanni Paolo II ha scritto un vero e proprio catechismo del volontariato i cui passaggi sono chiaramente individuabili nelle 100mila pagine in cui sono raccolte encicliche, discorsi, lettere, interventi di Karol Wojtyla dall?ottobre 1978 al marzo 2005. Un catechismo scritto in occasioni di incontri con le associazioni di volontariato, con ordini e congregazioni, ma soprattutto in occasione degli straordinari incontri che Giovanni Paolo II ha avuto con i giovani in ogni parte del mondo. Realizzare se stessi donandosi Il volontariato per Wojtyla è innanzitutto una strada per la piena realizzazione di sé. L?invito a ritrovare se stessi uscendo da sé per andare incontro agli altri è un invito costante nel suo pontificato. A Lisieux nel 1980 avvertì i giovani: «La società dei consumi non fa felici gli uomini». E a Danzica nel giugno 1987 ribadì ai giovani che lo ascoltavano: «In voi non deve mai vincere l?avere di più, perché allora l?uomo può perdere la cosa più preziosa: la sua umanità, la sua coscienza, la sua dignità». Si tratta di una costante chiamata alla mobilitazione per credenti e non credenti. Il Papa sembra essere d?accordo con Jean-Paul Sartre che nel 1991 scrisse: «L?Ego è per perdersi: è il Dono. La riconciliazione con il Destino è la generosità». Il volontariato, nel catechismo di Wojtyla, è una strada per la felicità personale per tutti. Ecco cosa disse in occasione della chiusura dell?Anno internazionale del volontariato indetto dall?Onu, il 5 dicembre 2001. «Cosa spinge un volontario a dedicare la sua vita agli altri? Anzitutto quel moto innato del cuore, che stimola ogni essere umano ad aiutare il proprio simile. Si tratta quasi di una legge dell?esistenza. Il volontario avverte una gioia, che va ben oltre l?azione compiuta, quando riesce a dare qualcosa di sé gratuitamente. Attraverso l?attività che svolge, il volontariato giunge a sperimentare che, solo se ama e si dona agli altri, la creatura umana realizza pienamente se stessa». Solo se ama, solo se si dona, la persona umana si realizza pienamente. È questa la prima convinzione espressa nel catechismo per i volontari di Giovanni Paolo II. Una convinzione espressa dal Papa sapendo mobilitare il singolo individuo. Sentite cosa disse Giovanni Paolo II ai giovani in occasione del Giubileo 2000 a Roma nella grande spianata di Tor Vergata: «Europa, pace mondiale, libertà di religione, riunificazione dei cristiani, tutte queste cose sono grandi e importanti sfide della nostra epoca, ma cosa posso fare io da solo? Posso dare qualche contributo personale? Io vi rispondo: sì, tu da solo puoi mettere qualche cosa in movimento; perché ogni buona risoluzione, ogni pronta assunzione di un compito comincia sempre nell?uomo singolo». è all?io che il Papa affida le sorti del mondo. Il volontariato come fattore di civiltà Sempre il 5 dicembre 2001 il Papa sottolinea un aspetto del volontariato su cui ritornerà spessissimo: l?impegno non può esaurirsi nella risposta al bisogno ma deve diventare scuola di vita, visione educativa. «Non basta venire incontro a chi si trova in difficoltà materiali; occorre al tempo stesso rispondere alla sua sete di valori e di risposte profonde. È importante il tipo di aiuto che si offre, ma ancor più lo è il cuore con cui esso è dispensato. Che si tratti di microprogetti o grandi realizzazioni, il volontariato è chiamato ad essere in ogni caso scuola di vita soprattutto per i giovani, contribuendo a educarli ad una cultura di solidarietà e di accoglienza, aperta al dono gratuito di sé». Solo così, sottolineò Giovanni Paolo II ai partecipanti alla assemblea plenaria di Cor Unum, l?organismo vaticano che si occupa della carità del Papa, il 7 febbraio 2002, il volontariato diventa tale: «è la persona, in quanto tale, che merita di essere servita e amata sempre, specialmente quando è minata dal male e dalla sofferenza o quando viene emarginata e vilipesa. In tal senso, il volontariato rappresenta un significativo fattore di umanizzazione e di civiltà. Esperienza che offre a tanti la possibilità di vivere concretamente la chiamata all?amore, insita nel cuore di ogni essere umano». Il volontariato, come sottolineato dal Papa il 1° dicembre 2001 al Simposio del volontariato cattolico in sanità, è strada privilegiata per la costruzione di una civiltà dell?amore: «In una società che risente dell?influenza del materialismo e dell?edonismo, la vitalità del volontariato costituisce un promettente segno di speranza. L?azione dei volontari pone in luce il valore della solidarietà, insostituibile contributo per rispondere alle attese profonde della persona e per risolvere gravi e urgenti problemi dell?umanità». In quella stessa occasione Wojtyla proporrà un?altra sottolineatura sorprendente, individuando nell?azione di volontari di diversa cultura e religione una via per il corretto ecumenismo. Così, infatti si rivolge ai volontari cattolici: «Quando con volontari di religioni diverse, o che si dichiarano non credenti, vi trovate a svolgere un?azione comune a favore dell?uomo, considerate provvidenziale quest?opportunità per attuare il dialogo e la collaborazione interreligiosa e interculturale. La difesa e la promozione della vita non sono, infatti, monopolio di nessuno; costituiscono piuttosto un compito che è affidato a tutti; insieme è possibile offrire un contributo decisivo alla crescita della società civile, le cui istituzioni risultano spesso impari alla domanda di aiuto che sale dai bisognosi. Insieme si può dar vita a un mondo più accogliente». Istituzioni e solidarietà Nel suo pontificato, Giovanni Paolo II ha più volte esortato gli Stati e le istituzioni a non privarsi del contributo dei costruttori della civiltà dell?amore e più laicamente dei produttori di coesione sociale. Lo fece nello storico intervento a Montecitorio l?11 novembre 2002 quando disse: «La solidarietà non può non contare soprattutto sulla costante sollecitudine delle pubbliche istituzioni». E ancora nel 2001 al Simposio dei volontari cattolici in sanità quando sottolineò: «è, pertanto, interesse delle stesse pubbliche strutture incoraggiare e sostenere le attività del volontariato, sia quelle realizzate da singoli individui, sia quelle promosse da associazioni organizzate per accelerare il cammino verso la costruzione d?una società solidale, dove regni la giustizia e la pace». Un invito fatto il più delle volte a voce alta e che sempre ha saputo tenere insieme il principio di solidarietà e quello di sussidiarietà, come risulta evidente a chi legga il Compendio della dottrina sociale della Chiesa (testo tutto wojtyliano, in 512 pagine sono 735 le citazioni dei documenti e dei discorsi di Giovanni Paolo II rispetto alle 286 citazioni tratte dall?intero Nuovo Testamento) dove per altro è sottolineato come «uno spazio specifico in ambito economico» debba essere riconosciuto anche alle «organizzazioni private senza fine di lucro» e al loro «coraggioso tentativo di coniugare armonicamente efficienza produttiva e solidarietà», che rappresenta un?applicazione concreta del principio di sussidiarietà (par. 357). Il volontariato e la cooperazione nell?ambito del privato-sociale, «sinteticamente definito ?terzo settore? per distinguerlo dagli ambiti dello Stato e del mercato, costituiscono le modalità più adeguate per sviluppare la dimensione sociale della persona». La progressiva espansione delle iniziative sociali al di fuori della sfera statale, secondo il Compendio vaticano ha dato vita «a modalità nuove e positive di esercizio dei diritti della persona che arricchiscono qualitativamente la vita democratica» (par. 419). Il volontariato cristiano Nel suo catechismo il Papa riconosce che il diffondersi del volontariato è un bene prezioso per la stessa Chiesa. Sempre all?assemblea di Cor Unum il Papa dirà: «Il volontariato è un fenomeno rilevante che tante energie di bene risveglia oggi anche nella Chiesa». E addirittura il 5 dicembre 2001 arriverà a sottolineare come il volontariato possa essere via per la conversione: «Quanti volontari, nell?impegnarsi coraggiosamente per il prossimo, giungono a scoprire la fede in Cristo, che chiede di essere servito nei poveri, parla al cuore di chi si pone al loro servizio». Ma perché l?essere volontario diventi una vera scelta di vita bisogna approfondirne le ragioni. Come sottolineò il 14 dicembre 2002 incontrando i volontari della Focsiv: «Il cristiano è chiamato a rendere in qualche modo ?sperimentabile?, attraverso la sua dedizione ai fratelli, la tenerezza provvidente del Padre celeste. L?amore verso il prossimo, per non conoscere riserve e stanchezze, ha bisogno di alimentarsi alla fornace della carità divina». Leggendo le storie dei grandi santi della carità, Giovanni Paolo II approfondisce il ?plus? del volontariato cristiano. Come il 13 aprile 1980 nel suo discorso al Cottolengo: «L?amore è la spiegazione di tutto. Un amore che si apre all?altro nella sua individualità irrepetibile e gli dice la parola decisiva: ?Voglio che tu ci sia?. Se non si comincia da questa accettazione dell?altro, comunque egli si presenti, in lui riconoscendo un?immagine vera, anche se offuscata, di Cristo, non si può dire di amare veramente. Il Cottolengo lo capì». E ancora, nell?occasione del 40° della morte di don Carlo Gnocchi, il 24 maggio 1997, quando ricordò come lui «non si accontentasse di assistere le persone, ma intendesse ?restaurarle?, promuoverle».


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