Salute
Grate al Centro che fu di Basaglia: a Trieste la protesta
Oggi a Trieste al Centro di salute mentale di Barcola, luogo simbolo della rivoluzione basagliana, si è tenuto un flash mob per chiedere alla Giunta regionale e alla direzione dell'Azienda sanitaria giuliano isontina di ripensare le sue decisioni in materia di sanità pubblica che, secondo gli organizzatori, stanno mettendo a rischio un modello che ha fatto scuola a livello nazionale e internazionale
«Gli utenti capiscono quello che succede, non trattateli come se non fosse così. Avere un disturbo non vuol dire non essere più intelligenti. Bisogna sostenere chi ha un disagio psichico, non farne un emarginato». È stato questo il potente grido di una persona presa in carico dai servizi di salute mentale di Trieste, durante il flash mob avvenuto oggi al Centro di salute mentale – Csm di Barcola, uno dei quattro del capoluogo giuliano, considerato simbolico, il primo aperto da Franco Basaglia dopo la chiusura del manicomio cittadino di San Giovanni. Promotori della manifestazione, il Forum salute mentale e il Comitato per la sanità pubblica, per denunciare la situazione di depauperamento che secondo loro vivono la sanità e i servizi di salute mentale in città come in tutta la penisola. I Csm, infatti, da molti non sono più visti come «presidi forti, solidi, di vera prossimità, flessibili», come si legge nel documento scritto a motivazione della protesta e non riuscirebbero a garantire la presa i carico complessa e integrata necessaria per soddisfare il bisogno di cura degli utenti.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’istallazione, sulle scale della struttura, di antiestetiche reti, montate per evitare che le persone – come successo a una donna nel mese di maggio – cadessero e si facessero del male. Per gli organizzatori del flash mob si poteva trovare una soluzione alternativa, che non facesse tornare così chiaramente alla mente le strutture manicomiali abbandonate da ormai cinquant’anni a Trieste. Si tratta, tuttavia, solo di un epifenomeno, un piccolo fatto che però ha fornito l’occasione per denunciare una situazione ritenuta da alcuni in lento ma costante peggioramento. «Ormai sono molti anni che la sanità sta subendo degli attacchi e questi attacchi si riflettono soprattutto sul lavoro territoriale di salute», ha affermato Kevin Nicolini, consigliere comunale della città per la lista civica Adesso Trieste. «Ci sarà un prima e un dopo rispetto a questi fatti: quella che è stata un’operazione portata avanti in 50 anni con una capillarizzazione dei servizi, diventata modello a livello internazionale, rischia di scomparire Non siamo qui contro gli operatori, né contro i dirigenti del Dipartimento di salute mentale – Dsm, siamo qui per chiedere delle risposte che non arrivano in sede istituzionale».
Le persone che si sono date appuntamento fuori dal cancello del Csm che dà sul lungomare, hanno avuto una sorpresa: pensavano di vedere l’ingresso principale chiuso, com’è dai tempi della pandemia. Invece, a sorpresa, hanno trovato le porte spalancate e un rinfresco imbandito in giardino. «Ho quattro chili di catene in macchina, la mia intenzione era quella di legarmi al cancello», ha raccontato Peppe dell’Acqua, uno dei protagonisti della rivoluzione basagliana, già direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Azienda sanitaria triestina (oggi Azienda sanitaria giuliano-isontina – Asugi). «Però magicamente stamattina questo cancello si è aperto e le sedie sono tornate fuori. Le porte chiuse, associate alla grata di ferro comparsa da poco, creano un’idea di questo posto che noi abbiamo sempre cercato di evitare. Questi luoghi sono nati per ribaltare quell’immagine che tutti noi abbiamo, dalle vecchie foto in bianco e nero dei manicomi; i Csm hanno una dimensione etica ma anche estetica importante, devono essere dei posti piacevoli in cui stare». La protesta non si rivolge in alcun modo agli operatori, il cui importante lavoro non è messo in dubbio. «C’è stato un ricambio generazionale di medici, infermieri e di tutto il personale», ha detto Dell’Acqua, «che merita un investimento forte da parte dell’Azienda sanitaria, che significa formare, legare a una tradizione, costruire una capacità non solo tecnica, ma anche una capacità umana di presenza». Quella che viene denunciata, invece, è la carenza di operatori, che rende difficile svolgere il lavoro, in una situazione di sempre maggiore vulnerabilità e disagio psichico da parte della popolazione. Ad attendere i manifestanti, anche il direttore del Csm e del Dsm, Pierfranco Trincas, accolto, alla sua nomina, da numerose proteste, in quanto considerato «non basagliano». Attorno a lui, anche alcuni psichiatri e operatori di Barcola. «Siamo estremamente amareggiati dalle modalità in cui è avvenuta questa protesta», ha affermato il direttore. «Noi non vogliamo guerre, vogliamo la pace. Io a Barcola devo molto, perché ha riconosciuto il mio ruolo, la mia professione, la mia umanità. Mi hanno riconosciuto che io il pensiero di Basaglia lo conosco e questa è stata una grande gratificazione per me». Le reti, ha spiegato Trincas, erano l’intervento più rapido che si poteva attuare, anche se lo psichiatra aveva chiesto del plexiglass considerato meno invasivo. «Verranno sostituite», ha promesso.
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