Cultura

Graphic Novel: in Francia va in scena la protesta dei disegnatori

Cresce il segmento editoriale della graphic novel e aumentano i profitti per gli editori, ma gli autori sono pagati sempre meno. Un paradosso che, in Francia, sta suscitando dibattiti ed è stato fotografato da un impietoso rapporto sulle condizioni del lavoro intellettuale

di Marco Dotti

Si è aperta oggi la quarantasettesima edizione del Festival d’Angoulême, una delle manifestazioni più attese nel mondo della graphic novel e del fumetto. Un’apertura nel segno della protesta.

Il mercato di settore è in crescita (+34%) tanto che il Ministro della Cultura, Franck Riester, ha dichiarato che il 2020 sarà l’anno del fumetto. Dal 1996 le vendite di graphic novel, reportage a fumetti e fumetti in genere sono passate da un volume d’affari di 47 milioni a 277 milioni di euro, con un incremento del 10% sul settore del libro, che è in recessione ovunque.

Eppure, se per le case editrici le cose sembrano andare per il verso giusto, i disegnatori si trovano sempre più in difficoltà. I compensi diminuiscono, i contratti capestro aumentano ed è sempre più difficile guadagnarsi da vivere disegnando. Anche ad alti livelli.

Secondo i manifestanti, il 53% degli autori di fumetti vive con un reddito mensile inferiore a quello del salario minimo (un po’ come il nostro reddito di cittadinanza), e più di un terzo di loro si trova al di sotto della soglia di povertà. Le autrici, poi, stanno anche peggio: il 50% di loro è sotto la soglia di povertà. Con un problema comune: questa professione, sempre più riconosciuta socialmente e culturalmente, non lo è dal punto di vista istituzionale. Vengono dunque a mancare tutele minime. Un paradosso non solo francese.

Il tema è sempre più all’ordine del giorno in Francia, tanto più che nelle scorse ore proprio sul tavolo del Ministro della Cultura è stato ufficialmente consegnato il rapporto “L’auteur et l’acte de création”, commissionato oltre un anno fa dal Ministero all’alto funzionario Bruno Racine. Dal Rapporto emerge una situazione sempre più critica per gli autori, schiacciati nel paradosso del “successo editoriale” e della vulnerabilità contrattuale.

Le principali organizzazioni professionali dei disegnatori hanno invitato gli autori a posare le penne (lo slogan: «Pose ton crayon, camarade!») e a disertare le sessioni non retribuite di firma-copie in programma durante il Festival. Un’azione poco più che simbolica, ma che mette in evidenza le contraddizioni dei mestieri creativi che, anche quando si trovano implicati in segmenti di mercato in crescita sono i primi sacrificati sull’altare del “taglio alle spese”.

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