I format televisivi sono davvero senza confini. Il 6 maggio scorso, infatti, è partita la settima edizione africana del “Big Brother” (“Il Grande Fratello”). Ho provato a dare un’occhiata (http://bigbrotherafrica.com/) e ho scoperto che lo show è molto simile all’edizione italiana. Un gruppo di persone costretto a resistere all’interno di una casa per diversi mesi, superando prove imposte dagli autori del programma con eliminazioni decise dai telespettatori. In palio per il fortunato vincitore c’è un premio di 300 mila dollari. La novità di questa edizione africana è che i candidati devono presentarsi in coppia: amici, fidanzati, fratelli, sorelle… È insomma necessario che le coppie siano affiatate al punto giusto per cercare di trascorrere il maggior tempo possibile nella casa superando gli sbarramenti del televoto. Quattordici le nazioni rappresentate in questa settima edizione del “Big Brother”: Angola, Botswana, Ghana, Kenya, Liberia, Malawi, Namibia, Nigeria, Sierra Leone, Sud Africa, Tanzania, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Da rilevare che il governo tanzaniano non ha approvato la scelta dei suoi due connazionali di partecipare al Reality Show, considerato troppo volgare e violento. In effetti, due anni fa fece scalpore l’aggressione di cui fu vittima una concorrente picchiata in diretta tv da un suo coinquilino. Una cosa è certa: è davvero allarmante questa omologazione del sistema massmediale globale per cui i Reality, poco importa se africani o europei, sono sempre espressione di una stessa visione della società globalizzata, fondata su un pacchetto di “pseudo valori” (competizione, isolamento, esclusione…) che viene presentato come se fosse universale. La comunicazione non è mai neutra; in qualunque sua forma trasmette sempre – oltre ai contenuti – anche una certa visione della società. E quella del “Big Brother” è davvero anni luce distante dal pianeta Africa.
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