Cultura

Grande De André, poesia e musica per la libertà

Recensione del cd "Ed avevamo gli occhi troppo belli"

di Enrico Barbieri

La libertà: quest?idea così enorme che sotto ci si potrebbe star tutti. “La bella che è addormentata ha un nome che fa paura: libertà, libertà, libertà”, canta Fabrizio De André nell?ultima traccia di ed avevamo gli occhi troppo belli, numero speciale della rivista anarchica A dedicato a lui: un cd e un libro cui va aggiunto ma la divisa di un altro colore, un dvd con il documentario Faber, le interpretazioni di Moni Ovadia e di Lella Costa. Parte del ricavato finirà nelle casse di Emergency, per il centro chirurgico in Sierra Leone cui nel 2001 andarono i denari della messa all?asta di una chitarra di De André. Era difficile, invece A regala un?opera in cui non c?è nulla di urlato e dove non si tenta d?appropriarsi dei pensieri di questo libertario che amava la solitudine. Di musica non ce n?è molta, tante, invece, le parole: brevi discorsi con quella voce un po? nasale e il tono sofferto di chi “la vita l?ha vissuta”. De André appartiene alla schiera nobile dei grandi pessimisti italiani, che va da Gadda a Sciascia. Come loro era animato da un amaro sentimento antistorico: del progresso come lenta erosione, sequenza di soprusi. Di qui la necessità di resistere cui fa appello in queste poche, densissime parole: contro questo soffio distruttivo, lui s?è messo sempre “in direzione ostinata e contraria”.


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