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Governo, settimana di passione

Voto sul federalismo e caso Ruby decisivi per la legislatura

di Franco Bomprezzi

Tutti i nodi arrivano al pettine in questa settimana, cruciale per le sorti della legislatura. Mentre continuano gli effetti del caso Berlusconi-Ruby, e viene considerata fuori tempo massimo dall’opposizione la proposta di Berlusconi di un patto bipartisan per la ripresa economica, giovedì il voto sul federalismo si annuncia come ultima spiaggia per evitare le elezioni anticipate. La politica dunque in primo piano sui giornali di oggi.

“Piano sulla crescita, niente tregua” è il titolo a centro pagina del CORRIERE DELLA SERA che subito sotto incastra l’editoriale di Massimo Franco: “La tentazione della Lega”. L’opposizione respinge al mittente la proposta di piano bipartisan per la crescita lanciata ieri proprio dalle colonne del CORRIERE dal premier Berlusconi. Bersani, leader del Pd, sempre dalle pagine del quotidiano milanese, risponde così: “Per rivolgersi oggi credibilmente all’opposizione bisognerebbe che il Presidente Berlusconi fosse in grado di rivolgersi credibilmente al Paese. Non è così. Il Presidente del Consiglio non è in condizione di aprire una fase nuova: ne è anzi l’impedimento. Nessuna partita si può giocare a tempo scaduto. Ormai il Paese non chiede al Presidente Berlusconi un programma: gli chiede un gesto. Mentre l’Italia perde drammaticamente la sua voce nel mondo ed è paralizzata davanti ai suoi problemi, se ci fosse da parte del Presidente del Consiglio la disponibilità a fare un passo indietro, tutti dovrebbero garantire, e ciascuno nel suo ruolo, senso di responsabilità ed impegno. Se questa non sarà l’intenzione, il nuovo progetto per l’Italia dovrà essere presentato agli elettori. Noi ci accosteremmo a quella scadenza chiedendo a tutte le forze di opposizione di impegnarsi generosamente non «contro» ma «oltre»; in una operazione comune, cioè, di ricostruzione delle regole del gioco e del patto sociale, capace di suscitare, in un Paese sconfortato, un’idea di futuro”. Ma Berlusconi rilancia e annuncia che venerdì in consiglio dei ministri porterà le misure per il rilancio dell’economia e per cambiare le regole sulla libertà d’impresa. Ma l’insidia principale per le sorti del governo e della legislatura viene dal voto sul federalismo. Lorenzo Fuccaro lo spiega a pagina 5: “Fisco municipale, c’è il no dei dipietristi. Il rebus del pareggio”. Ecco cosa scrive: “Una deliberazione che il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, si augura sia positiva… e che rischia di finire in parità 15 a 15. Un risultato del genere avrebbe come effetto quello di azzerare il lavoro fatto per avere il consenso degli enti locali e agguantare quello di una parte delle opposizioni”. E Marco Cremonesi, sempre a pagina 5, racconta: “Federalismo, gelo Calderoli-Maroni. E Bossi teme un disimpegno del premier”. Leggiamo: “Perché la novità vera degli ultimi giorni sarebbe che il leader leghista ha definitivamente perso fiducia in Silvio Berlusconi. L’altro giorno ai fedelissimi ha parlato, scuro in volto, di un premier «a cui non importa del federalismo e lo mette a rischio. Vuole inserirci dentro un condono», cosa che renderebbe tutto più difficile. E del resto anche la recente lettera del capo del governo al Corriere è stata considerata, come minimo, un’indelicatezza, visto che le novità là contenute non sono state condivide né con «l’amico Giulio» Tremonti né, appunto, con la Lega. Per Bossi le elezioni sono sempre più vicine”. Ed ecco il commento di Massimo Franco, a proposito dello stato di salute della maggioranza: “Di qui a giovedì saranno di nuovo in bilico: sia per le votazioni sulla riforma federalista, dall’esito delle quali il partito di Bossi fa dipendere la continuazione della legislatura; sia per l’evoluzione delle inchieste di Milano, che pure la maggioranza vuole rinviare con un voto parlamentare alla Procura, ritenuta «incompetente». Si capirà allora se stiamo assistendo all’ennesimo tentativo di spallata, frustrato dai numeri; oppure se ci si avvicina al punto finale. La sensazione è che né resistere tanto per resistere, asserragliati a Palazzo Chigi, né rompere solo per abbattere Berlusconi servirebbe a ridare una bussola al Paese. Probabilmente, non basta neppure arruolare altri singoli deputati per garantirsi una qualsiasi sopravvivenza. Purtroppo, però, è quanto sta accadendo. Col risultato che, per colpa di tutti e di nessuno, le elezioni anticipate rischiano di diventare di colpo non solo un esito comunque inevitabile, ma il male minore”.

 “Ecco i bonifici delle notti di Arcore”: LA REPUBBLICA martella sul caso Ruby e nel sommario spiega: “Conto corrente segreto per pagare le ragazze. Rispunta il processo breve”. Ovvero come si sta muovendo la procura e come pensa di rispondere la maggioranza, la cui tattica è spiegata anche da un altro titolo in prima: “La mossa di Berlusconi: legge per liberare l’impresa”. Mentre la Minetti è stata ascoltata dai pm (cui ha detto di avere una relazione affettiva con il premier), sarebbe in preparazione alla Camera l’ennesimo blitz per neutralizzare i provvedimenti sul premier: il processo breve servirebbe per bloccare alcuni procedimenti in corso (il caso Mills ad esempio) ma non l’affaire Ruby e difficilmente, nota Liana Milella, sarebbe controfirmato dal presidente Napolitano. Diversamente credibile la proposta di liberalizzare l’impresa, mettendo i controlli ex post e di defiscalizzare al sud. Venerdì al Cdm se ne discuterà; la Confindustria, con Emma Marcegaglia, si dice disponibile a discutere. Scettico Franceschini, intervistato anche sulla lettera apparsa ieri sul Corriere della Sera: la proposta del cavaliere è fuori tempo massimo e lui non è credibile: «l’ostacolo è Berlusconi, senza di lui tutto diventa possibile… Si può fare con un governo di emergenza o con uno di centrodestra guidato da un’altra persona. Se torniamo alla normalità democratica, si apre un’autostrada per affrontare i problemi economici e il federalismo con intese bipartisan». Un punto, questo del federalismo, particolarmente sensibile al quale è dedicata pagina 15: Calderoli dice no al diktat di Maroni, mentre proseguono i conteggi per capire se e di quanto salirà la pressione fiscale. Ne è convinto Antonio Di Pietro che a Rodolfo Sala spiega che voterà no: «volevamo presentare delle proposte migliorative sul fisco comunale, aprendo un confronto serio sul piano tecnico. Con questo testo le imposte comunali aumentano e crescono anche la disparità e le divaricazioni nel Paese. Ma ora ci dicono: prendere o lasciare. Noi lasciamo, non vogliamo diventare portatori d’acqua del governo Berlusconi». Ultima spigolatura importante, la polemica su cattolici e politica. “Alfano: i voti cattolici restano al Pdl Il cardinale Martins: parole azzardate” è il titolo di un pezzo di Orazio La Rocca che parte riportando la posizione espressa ieri dal Guardasigilli (la nostra coalizione «ha difeso i valori e le sensibilità cattoliche»: da qui la certezza che il caso Ruby non comprometterà i rapporti con gli elettori credenti). «Ma come fa un ministro a sostenere una tesi del genere», si domanda il cardinale: «I cattolici al momento del voto sapranno scegliere e non si dimenticheranno delle vicende di questi giorni». Critiche anche da Tracce, il mensile di Cl che fa proprio lo «sgomento» espresso dal cardinale Bagnasco.

L’editoriale de IL MANIFESTO è a cura di Norma Rangeri, “Conigli elettorali” il titolo, che fotografa la cronaca politica: «Al voto! Al voto! Massimo D’Alema ci ripensa, manda in soffitta il governo di unità nazionale e lancia, su Repubblica, il coniglio elettorale mentre sui giornali vortica la girandola dei meccanismi istituzionali per aprire le urne antiberlusconiane. Anche a dispetto di Berlusconi medesimo, per nulla intenzionato a lasciare palazzo Chigi. Nello stesso momento il presidente del consiglio recapita una lettera al Corriere della sera per proporre al segretario del Pd di “agire insieme in parlamento per discutere un grande piano bipartisan per la crescita economica», a partire dall’abrogazione dell’articolo 41 della Costituzione, cioè eliminando dalla Carta ogni vincolo di responsabilità sociale dell’impresa così da rendere “costituzionale” quel che Marchionne ha già messo in pratica alla Fiat. Non che nel Pd non ci siano orecchie sensibili, ma non ancora prevalenti, e comunque il no immediato di Bersani è bastato a cancellare l’offerta firmata da Berlusconi, scritta chissà da chi. Più verosimilmente a stabilire se e quando andare al voto lo deciderà la Lega, magari giovedì prossimo, se non otterrà il via libera al federalismo comunale». Dopo questo resoconto arrivano i commenti. Rangeri argomenta «se la preofferta berlusconiana a Bersani è solo una trovata disperata e un po’ ridicola, la falange elettorale di D’Alema è il classico ballon d’essai sparato nell’asfittico perimetro del Palazzo per sondarne l’effetto. Che è sempre lo stesso: un si dell’alleato prediletto (Casini) un no dei due partiti di opposizione (Di Pietro e Vendola) con i quali invece sarebbe ora di discutere come organizzare un menù alternativo». La pagina del quotidiano comunista dedicata alla cronaca politica italiana è la 5. Si parte con il d-day. “Salta il tappo il titolo in taglio alto che è seguito da un occhiello «Berlusconi sempre più schiacciato tra sexgate, federalismo leghista e rigore tremontiano cerca di rilanciarsi in chiave economica modificando la Costituzione insieme al “comunista” Bersani. Nessuno se lo fila. Oltre alla sua successione si profila la conta anche in casa del Carroccio». Sara Menafra invece si occupa in particolare della situazione del premier. “Berlusconi è assediato, pensa solo a Ruby” il titolo del pezzo in cui siega «È circondato, non può del tutto fidarsi neppure della Lega, ed ha pochissima voglia di andare a votare, il Berlusconi che dopo aver fatto apparizioni video tutti i giorni della settimana, da quarantotto ore scrive a raffica». In taglio basso si parla dell’interrogatorio milanese a cui si è sottoposta Nicole Minetti. “Minetti non risponde: Legata al premeir. Poi ci ripensa” il titolo. «Per giustificare i suoi stretti rapporti personali, anche economici con Silvio Berlusconi, Nicole Minetti sentita ieri dai pm milanesi che indagano sul caso Ruby, ha raccontato della sua “relazione affettiva” con il premier. Non ha risposto a gran parte delle domande sul ruolo che avrebbe avuto nel gestire le ragazze che andavano e venivano dai festini di Arcore. Un silenzio ritenuto significativo dagli inquirenti e che fa dire a fonti della procura che l’interrogatorio a sorpresa di domenica è stato “esaustivo” e che non c’è necessità di sentirla ancora».  

 La prima pagina de IL GIORNALE apre con il titolo «Svolta sulle tasse». Sulla proposta di Berlusconi che «cambia passo e annuncia: liberalizzazioni, meno fisco, regole più semplici e Irap da rivedere», ma «i (falsi) democratici rifiutano il dialogo» e questa è «L’ultima occasione persa del Pd». Ampio spazio al rilancio dell’azione dell’esecutivo, mentre al «futuro della maggioranza» sono dedicate le pagine 4 e 5. Del voto di giovedì alla Camera si parla in un trafiletto di taglio basso: «A rischio il sì in commissione ma il governo può andare avanti». Un articolo più approfondito di Paolo Bracalini si occupa della «Lega al bivio», tra federalismo e voto:  «Strano ma vero: sentire Roberto Calderoli che nel giro di pochi minuto dà ragione a Di Pietro e corregge il tiro del collega Maroni non è cosa da tutti i giorni. Segnali di un momento di discreta tensione per i vertici della Lega, costretta a gestire una crisi scoppiata proprio mentre il federalismo fiscale (una pallida copia di quello che i leghisti sognano da 20 anni, ma comunque qualcosa) sembrava avanzar a gonfie vele». Lega divisa, quindi, tra chi vuole il voto subito e chi è più cauto. Ma nel partito «si ragiona di un dopo-Berlusconi», scrive Il Giornale. «”Se al voto il Pdl prendesse una bastonata si rimetterebbe in gioco tutto”, spiega un peso massimo leghista. Insomma i pugnali restano chiusi nei cassetti, ma i giochi sono aperti».     

La politica trova spazio nel taglio della prima de IL SOLE 24 ORE: “Berlusconi: ora accelerare su fisco e libertà d’impresa”, con i servizi a pagina 17 che registrano la reazione positiva di Emma Marcegaglia («positivo che si parli di sviluppo») e il gelo di Bersani («faccia un passo indietro»). Stefano Folli titola così il suo punto “Il patto di Berlusconi serve soprattutto a preparare il voto”: « Non ci voleva molto per capire che la lettera ben argomentata di Silvio Berlusconi al “Corriere della Sera” aveva tre obiettivi. Primo, recuperare qualcuno dei temi liberali, connessi a una concezione dinamica dell’economia e dello sviluppo, che il Pdl ha quasi sempre trascurato nei suoi anni al governo del paese. Secondo, ravvivare questi stessi temi allo scopo di riprendere il contatto con una base sociale, legata al mondo dell’impresa, che oggi non nasconde la sua delusione di fronte al magro bilancio dell’esecutivo. Terzo, dimostrare che nessun “patto bipartisan” è possibile con la sinistra, sia pure moderata. Per cui la “rivoluzione liberale” può tornare a essere, diciassette anni dopo, un argomento di campagna elettorale. Forse niente di più: una bandiera da sventolare sottraendola agli avversari. (…) Berlusconi sta cercando di definire la sua piattaforma elettorale e lo stesso fa il Partito Democratico. Soprattutto da quando D’Alema ha rotto gli indugi e ha riconosciuto che andare a votare è meglio di una lunga e rischiosa stagnazione. Lo scenario si è rovesciato rispetto a un paio di mesi fa. Oggi è l’arco degli oppositori (dal Pd al «terzo polo» a Di Pietro e Vendola) che si dice pronto alle urne. E sarebbe strano il contrario, considerando gli affanni senza precedenti del premier. Viceversa il partito berlusconiano ha smesso da tempo di minacciare le elezioni e segue l’indirizzo di un leader convinto di poter resistere. Ma tutto è appeso a un filo. Un filo che porta all’inchiesta giudiziaria su Arcore e a un passaggio cruciale come il federalismo fiscale. Si è capito che nella Lega esistono due posizioni diverse, quella di Maroni e quella di Calderoli. Il primo propenso a chiudere con il voto lo psicodramma politico, così da inaugurare al più presto una stagione nuova: anche senza Berlusconi, si suppone. Il secondo disposto quasi a tutto per difendere nel merito il federalismo (ma non a spezzare l’alleanza con il premier) e determinato a non arrendersi in Parlamento. Non basterà il probabile voto sfavorevole di giovedì al testo Calderoli, nella commissione bicamerale, per chiudere la legislatura. Si andrà avanti e il governo porterà in aula i decreti federalisti. Ma il filo che sorregge il governo sarà ancora più tenue. Almeno fin quando non avrà parlato Bossi».

“Berlusconi ferito ma non ucciso” titola ITALIA OGGI a pagina 3. Il pezzo è un riassunto delle sfide che attendono il governo nei prossimi giorni: i prossimi passi dell’inchiesta della Procura di Milano, ovviamente, l’attuazione della riforma  del federalismo con la commissione bicamerale che si esprimerà giovedì, il varo della riforma costituzionale per la libertà di impresa e un piano di desficalizzazione per il sud che il consiglio dei ministri voterà venerdì e infine gli Stati generali dell’economia, che il governo, come annuncia una nota di Palazzo Chigi, riunirà entro la fine di febbraio. L’obiettivo annunciato da Berlusconi è di raggiungere entro cinque anni livelli di incremento del Prodotto interno lordo del 3-4 per cento.

Su AVVENIRE l’apertura di oggi è sull’Egitto e sulla “sfida finale al rais”. In prima il richiamo alle nostre questioni politiche recita: “Il premier: grande patto per lo sviluppo – Le opposizioni: possibile, ma non con lui”. Un box ricorda che il Federalismo è in bilico e il Carroccio si smarca. I servizi interni (alle pagine 10 e 11)  partono proprio dalla posizione della Lega e dall’approvazione in bilico del federalismo fiscale alla Commissione Bicamerale prevista per giovedì. In bilico è anche il parere, non vincolante ma “pesante” che oggi devono dare le commissioni Bilancio della Camera e Finanze del Senato.  Il ministro Calderoli prova a rompere il fronte del no parlando di “emendamenti positivi”, mentre Maroni avverte che quella del federalismo «è la partita della vita» e aggiunge: «Nel centrodestra ci sono tanti uomini e donne capaci, competenti e dotati di leadership in grado di guidare un governo se Berlusconi decidesse di non essere lui il candidato». In un taglio basso sul “tutti contro Silvio” AVVENIRE riporta la proposta di una grande intesa delle opposizioni fatta da D’Alema che “insiste ma non sfonda”: «Vendola replica con un articolato no, l’Idv accenna un timido sì, finiani e Udc la considerano una sorta di “ultima spiaggia”, Rutelli si dichiara “indisponibile”». Tutta la pagina 11 (il titolo è “Berlusconi rilancia il piano per lo sviluppo”) è dedicata invece al programma del Cavaliere «che si rituffa sulle emergenze dell’economia e offre sul Corriere della Sera un piano bipartisan per la crescita. Poi insiste, con un calendario: venerdì anche la defiscalizzazione per il Sud, poi a febbraio gli Stati Generali dell’economia. E attacca: il voto punirà i “sabotatori”». Berlusconi annuncia anche che all’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri si tratterà la riforma dell’articolo 41 della Costituzione: «In sei mesi dobbiamo arrivare a stabilire che è lecito intraprendere e fare tutto quello che non è espressamente vietato dalla legge». La nota di Palazzo Chigi si chiude con l’accusa «a quei politici incapaci di vedere oltre la frontiera della Prima repubblica e l’asserzione netta che non deve prevalere il partito della patrimoniale, fatto di una “casta statalista e centralizzatrice”».  Le repliche vengono da Bersani e Casini che non credono alla proposta e invocano un altro premier. Per il leader Pd Berlusconi deve «fare un passo indietro e togliere dall’imbarazzo il Paese», per quello Udc,  «Se vuole lavorare, cominci pure. Chi sta al governo deve fare le cose, mica scriverle sui giornali». Nel dibattito si inserisce anche Marco Pannella che ha spiegato di aver dato consigli a Berlusconi in un incontro di due ore: «Io gliel’ho detto chiaramente – ha rivendicato il leader radicale -: devi tornare allo spirito del ’94, riprendere quel percorso. Solo così ti puoi rimettere in gioco e fare piazza pulita di tutto quello che con la politica non ha nulla a che fare».  E dell’inchiesta sul caso Ruby si parla a pagina 12. Dopo l’articolo sull’interrogatorio di Nicole Minetti (“Ammissioni e silenzi”), un taglio basso ricorda che è vicina la richiesta di “Giudizio immediato”: «In un faldone con oltre mille pagine ci sarebbero numerosi colpi di scena e la “prova regina”».

“Berlusconi apre, il Pd lo gela”. Scontro fra maggioranza e opposizione sul tema delle riforme. E’ questo il tema che LA STAMPA mette al centro e che campeggia sulla prima del giornale torinese. A cui segue ampio spazio per i commenti. A partire da Marcello Sorgi nel suo “E’ partita la campagna elettorale”: «Berlusconi che tutti, a cominciare da alcuni ministri del suo governo, descrivevano sotto botta per il caso Ruby e le intercettazioni delle ragazze che frequentavano le feste di Arcore, in un solo colpo è riuscito a girare l’asse del dibattito politico, dalle sue debolezze personali, che da settimane occupavano la scena, a un tema di grande interesse come quello della pesantezza del bilancio statale, che lascia pochi margini di manovra al governo, e della necessità di una riduzione delle tasse che è da sempre il primo obiettivo del centrodestra».
Conferma l’analisi e rilancia il commento di Mario Deaglio: «Dopo una lunga concentrazione sulle sue questioni personali, il presidente del Consiglio cerca ora di riprendere l’iniziativa ritornando sul terreno della politica economica. E lo fa con una mossa largamente imprevista, non foss’altro che per la sua rapidità (i progetti da lui annunciati dovrebbero essere approvati dal Consiglio dei ministri già venerdì) che si articola lungo tre direttici». Antonella Rampino, invece, a pagina 3 suggerisce come dietro alla controproposta di Berlusconi ci sia la penna di Giuliano Ferrara: scomparso per qualche tempo, ma ora in sella più come mai, arruolato come editorialista dal Giornale di famiglia e come ghost-writer da Sir Arcore in persona. E’ lui, infatti, secondo LA STAMPA ad aver convinto B. della mossa: buttare nel campo del centro sinistra quella parolaccia, la patrimoniale? E così è stato.

E inoltre sui giornali di oggi:

CLICK DAY
AVVENIRE – A pagina 8 e 9 pubblica due inchieste alle questioni aperte che riguardano i migranti. Nella prima si parla della legge Bossi-Fini nel mirino perché in contrasto con le direttive Ue. Le procure sono divise sull’arresto degli irregolari. L’incertezza riguarda la normativa comunitaria sul rimpatrio di chi non è in regola che non prevede il carcere ma solo la possibilità del “trattenimento” per un massimo di 18 mesi. Una norma che il governo doveva recepire entro il 24 dicembre. Scaduto il termine, ora spetta ai giudici stabilire se fermare o no chi non ha i documenti regolari. L’altra inchiesta è sul primo click day del decreto flussi a cui gli immigrati hanno risposto in massa presentando quasi 300mila domande. Bangladesh, Marocco e India sono stati i Paesi di provenienza più rappresentati. Colf e badanti al centro delle regolarizzazioni.

IL SOLE 24 ORE – Servizio a pagina 10 “Un minuto per esaurire le quote – Oltre 300mila domande per 52mila posti – Dominano le nazioni asiatiche –  Milano, Roma e Brescia sono le province che si rivelano più bisognose di dipendenti stranieri” e commento a pagina 12 “Signori va in onda la click fiction”: «Il primo click day per l’individuazione degli immigrati che potranno entrare regolarmente nel nostro paese si è consumato al solito modo. Una corsa informatica folle di pochi minuti per accaparrarsi le posizioni migliori nella graduatoria di chi potrà vivere nel nostro paese. Alla quale seguirà un’attesa lunghissima prima che siano chiuse le procedure burocratiche per ottenere il permesso di soggiorno. Ancora una volta ha vinto la finzione: gli immigrati che già sono nel nostro paese, certe volte da anni, dovranno fingere di rientrare nel proprio stato di origine e di essere stati chiamati dall’estero per venire a lavorare nelle nostre case e nelle nostre aziende. La procedura, dunque, ancora una volta, sarà una sanatoria di fatto. Non differente, se non nelle modalità, dalla sanatoria vera che è stata realizzata nel 2009. Ma tant’è. La procedura è partita e vivrà altre due giornate sul filo della richiesta informatica. Con buona pace di chi vorrebbe un sistema più razionale per individuare gli stranieri che possono venire a vivere in Italia».

CERTIFICATI MEDICI
CORRIERE DELLA SERA – “Certificati online, pronti allo sciopero” è l’apertura di pagina 22. Da oggi obbligatori gli attestati di malattia per via telematica, ma i medici di famiglia dicono che il sistema informatico dell’Inps è in tilt: medici in agitazione, mentre Brunetta, che ha voluto la rivoluzione, precisa che ci saranno sanzioni solo se c’è colpa esplicita nel ritardo dell’invio del certificato di malattia. Il ministro Fazio cerca di fare da paciere, dando ragione a tutti.

EUROPA
AVVENIRE – “Cristianofobia, salta il tavolo dei ministri Ue” è il titolo di pagina 7 sull’accordo sfumato a Bruxelles sulla condanna delle persecuzioni ai cristiani. Non si è raggiunta l’intesa tra i ministri degli Esteri dell’Unione su una dichiarazione che criticasse l’oppressione religiosa. Contro la proposta italiana hanno votato anche Lussemburgo, Portogallo, Irlanda e Spagna. Per Frattini si tratta di «una brutta pagina», mentre la Ashton si è impegnata a presentare una nuova bozza. Invece Mario Mauro, presdinete della delegazione Pdl al Parlamento europeo il rinvio è positivo perché si trattava di un «documento vuoto e inutile».

WELFARE AZIENDALE
IL SOLE 24 ORE – Servizio a pagina 21 “Il welfare aziendale sfida la crisi” sul rapporto Assolombarda. Commento a pagina 13 “A Milano aziende col welfare in mano”: «La Lombardia va meglio dell’Italia e Milano va meglio della Lombardia. Ma soprattutto che le imprese, anche grazie a un dialogo virtuoso con i sindacati, hanno risposto alla crisi con iniziative a sostegno dei lavoratori, il welfare aziendale. E così, almeno una su tre offre servizi che vanno dall’assistenza sanitaria integrativa alle vaccinazioni, alle convenzioni con le banche, al check up, ai corsi di formazione, al carrello della spesa. E mentre la lista dei servizi si allunga, aumenta il numero delle aziende che stanno pensando di offrirli: se un terzo ha già fatto il passo, il 12% ci sta pensando».

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