Politica

Governo: prove tecniche di reddito minimo

Si chiamerà “Sostegno per l’inclusione attiva”. Avrà sei carratteristiche: nazionale, universale, contrato alla povertà, inclusione, a base familiare e per gli italiani. Giovannini a Vita.it: «ma non chiamatelo reddito di cittadinanza»

di Francesco Agresti

Si chiama Sostegno per l’inclusione attiva, sarà una misura nazionale di supporto per le persone in condizione di povertà per permettere loro di accedere a un paniere di beni e servizi “decoroso”. Un sostegno economico non incondizionato, per beneficiarne infatti sarà necessario perseguire obiettivi concreti di inclusione sociale e lavorativa.

È stato presentato questa mattina Roma il Rapporto del gruppo di ricerca sul reddito minimo voluto dal ministero del Lavoro.

«Non chiamatelo reddito di cittadinanza, quello che proponiamo è un patto tra lo Stato e i cittadini che versano in condizioni di bisogno», spiega a Vita.it il titolare del dicastero l’ex presidente del’Istat, Enrico Giovannini, che nel suo intervento ha calibrato le parole «per evitare», ha sottolineato più volte, «di partire con il piede sbagliato. Non vorrei che al termine della presentazione quello che venisse fuori è un messaggio del tipo servono 7-8 miliardi l’anno (cifra che a regime servirà a finanziare la misura) per garantire un reddito minimo a chi ne ha bisogno. Niente di più sbagliato. Non è questo il progetto a cui stiamo lavorando».

Sei gli aspetti che caratterizzano il Sia che si presenta come una misura:

  • Nazionale:  in applicazione del principio che il sostegno al reddito di chi si trova in condizioni di povertà deve essere garantito a tutti e con le medesime modalità indipendentemente dal luogo di residenza;
  • Universale: perché non condiziona l’intervento al sussistere di una qualche caratteristica individuale o famigliare diversa dall’insufficienza delle risorse economiche;
  • Di contrasto della povertà: ha come obiettivo prioritario il contrasto della povertà ed è riservato ai singoli o ai nuclei famigliari poveri la cui condizione è definita da una prova dei mezzi disponibili effettuata sulla base di criteri omogenei a livello nazionale;
  • Di inclusione e di attivazione: non è un sussidio economico ma un programma di inserimento sociale e lavorativo in cui l’erogazione del sussidio è accompagnata da un patto di inserimento che i beneficiari (singoli o appartenenti al nucleo famigliare) stipulano con i servizi sociali locali. Il patto è differenziato a seconda delle caratteristiche individuali e la sua realizzazione è controllata da enti del territorio;
  • A base famigliare: prende come riferimento il nucleo famigliare senza tuttavia trascurare la dimensione individuale. Spetterà ai servizi sociali locali assicurare che il patto venga rispettato da ciascun membro della famiglia, e che, colui che risulta l’intestatario formale del beneficio ne permetta la fruizione a tutti i compenti in base ai bisogno di ognuno;
  • Per coloro che risiedono legalmente in Italia: è indirizzato a chi risiede legalmente in Italia, immigrati inclusi, da almeno due anni.


«Il nostro», ha sottolineato il viceministro alle Politiche sociali, Cecilia Guerra, «è l’unico grande Paese europeo a non avere una misura nazionale di questo tipo. L’Italia spende per la lotta alla povertà in modo poco efficace e soprattutto in misura sensibilmente inferiore alla media dei Paesi comunitari. Quello che abbiamo presentato oggi è un progetto che per la sua realizzazione richiederà un processo articolato che vedrà il coinvolgimento degli enti locali e del non profit e che ci permetterà di colmare il divario che su questo fronte ci separa dall’Europa»

Il presidente delle Acli, Gianni Bottalico, ha accolto con soddisfazione l'iniziativa del ministro Giovannini, che «ha saputo mantenere la promessa fatta questa estate di dare un segnale forte contro la povertà e per il sostegno al reddito delle fasce deboli», convinto che «si è fatto un primo, importante passo verso la realizzazione pratica di uno strumento importante come questo, che metterà l'Italia finalmente in linea con l'Europa» anche grazie alla collaborazione proficua tra governo e organizzazioni del terzo settore. Il presidente Acli tuttavia si dice anche «sorpreso» dell'atteggiamento di alcuni esponenti politici del Pdl, come Renato Brunetta, che con le sue dichiarazioni contrarie al reddito di inclusione secondo Bottalico «dimostra di non aver a cuore il bene comune, un atteggiamento che mi auguro personale e non di tutto il partito di cui l'onorevole Brunetta fa parte».

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