Formazione
Governi,tocca a voi: liberate i “paradisi” dai nuovi barbari
Ed ecco a voi...Lo sportello del viaggiatore!!
Lo scorso anno, in un articolo uscito sul South China Morning di Hong Kong, così veniva descritta la situazione di uno dei ?paradisi? delle vacanze, l?isola di Bali in Indonesia (oggi in crisi per via della Sars): «Gli abitanti non possono sedersi sulla spiaggia di un grande albergo (cioè su buona parte del litorale), che subito arriva qualcuno che minaccia di chiamare la polizia. Alla gente del posto si proibisce di pescare, di organizzare giochi o cerimonie religiose perché, dicono i proprietari degli alberghi, potrebbero disturbare i turisti». E ancora: «Gli alberghi sono numerosissimi e con i loro campi da golf e piscine consumano enormi quantità di acqua, mettendo in crisi la coltivazione del riso».
Ecco la prova che il turismo può innescare un processo di arricchimento, ma, se non adeguatamente governato, alla lunga rischia di rivelarsi un boomerang: basti pensare che l?80% degli spostamenti internazionali è appannaggio dei residenti di soli 20 Paesi, o che in Kenya rimane solo il 30% di quanto pagato per l?acquisto del soggiorno e del viaggio, in Nepal il 47, in Sri Lanka il 30, in Thailandia il 59. L?impatto turistico di massa, se non adeguatamente governato, è devastante.
Nel 2002 le Nazioni Unite al vertice di Johannesburg hanno parlato per la prima volta di turismo responsabile, intendendo con questo aggettivo una sostenibilità turistica che parte da tre componenti: ambientale, socioeconomica, culturale. Da allora si è aperta una nuova frontiera: la cooperazione allo sviluppo attraverso il turismo finanziata dall?Unione europea, dal nostro ministero degli Esteri e dalla cooperazione decentrata, una strada che a mio giudizio nel futuro potrà riservarci gradite sorprese ed essere accettata dalle comunità locali come una reale occasione di sviluppo economico e progresso sociale.
Per capire meglio il concetto di turismo applicato allo sviluppo basti pensare al Guatemala, Paese che vive tradizionalmente di agricoltura (mais, caffè, cotone). Il mercato di questi prodotti è stato saturato da produttori altamente concorrenziali che hanno fatto crollare le loro quotazioni. A questo punto a molte comunità guatemalteche è rimasto solo il turismo, ma la loro ?riconversione? non è facile, senza considerare che non sarebbe giusto spingere intere comunità rurali a dimenticare le radici contadine.
In questo senso, la cooperazione allo sviluppo applicata al turismo dovrebbe fornire elementi per diversificare l?economia locale fornendo gli strumenti perché le comunità possano ?catturare? quote di mercato che sono oggi in possesso di poche multinazionali, senza snaturare la loro storia e cultura.
Gli strumenti ci sono: potenziare la formazione, appoggiare attraverso il microcredito la piccola e media imprenditoria del Sud del mondo, mettere in contatto diretto i locali che si aprono al turismo con i viaggiatori, informare i turisti sulla realtà del Paese e sulla possibilità di fare del turismo un atto di responsabilità sociale.
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