Volontariato

GoodGym: la palestra che fa del bene

L’esperienza di GoodGym, l’organizzazione londinese che ha attivato un programma di fitness per aiutare le persone a mantenersi in forma, facendo volontariato nella propria comunità

di Ottavia Spaggiari

 

Il volontariato non ha mai fatto così bene. Si chiama GoodGym ed è il progetto sociale dall’anima salutista che mette tutti d’accordo: cultori del fitness e volontari dediti all’ impegno civico. Lontano anni luce dall’abbonamento in palestra e dagli interminabili minuti sul tapis roulant, GoodGym permette a chiunque si iscriva all’associazione di prendere parte ad un programma di allenamento fisico, facendo allo stesso tempo qualcosa di utile.

Realizzare un orto in una scuola, ripulire un’area disagiata, aiutare in un trasloco: queste alcune delle attività organizzate dalla “palestra buona” che mette in contatto associazioni locali che hanno bisogno di una mano per svolgere attività fisicamente pesanti e volontari interessati ad impiegare in modo positivo le proprie energie.

Ogni settimana vengono infatti organizzate le groups run, delle attività di gruppo in cui le persone indossano tuta e scarpe da ginnastica per fare qualcosa di buono nella propria comunità. E per chi non ha intenzione di partecipare ad attività sportive “in team”, GoodGym, mette a disposizione anche programmi individuali con tanto di “personal trainer”. Chi si aspetta il cliché del tizio palestrato dall’aria minacciosa, che urla perché si facciano più flessioni, però rimarrà deluso, perché qui i personal trainer, sono più che altro persone anziane dall’aspetto amichevole. GoodGym infatti mette in contatto i runner con over 65 che vivono soli. A scadenza regolare, almeno una volta alla settimana, i corridori fanno jogging fino all’abitazione del proprio personal trainer, approfittando  dell’occasione per portare qualcosa di utile: medicine, giornali o una spesa leggera. La persona anziana in cambio può offrire un momento di riposo, una bevanda calda e la motivazione per continuare a correre.

“E’ un’occasione per combattere l’isolamento degli anziani in città,” spiega Mark Herbert, project manager di GoodGym. “Promuove la costruzione di nuove relazioni tra persone che vivono nella stessa comunità ma che hanno età diverse ed è una fonte di motivazione molto forte per chi vuole allenarsi. Si è molto più decisi a correre se sappiamo che al traguardo c’è qualcuno che ci aspetta e per cui possiamo fare qualcosa di utile.” Lanciato due anni fa a Londra, GoodGym ha coinvolto oltre 1000 volontari nel 2012 ed ha recentemente attivato una nuova sede a Liverpool.

“Il progetto è assolutamente scalabile.” Afferma Herbert. “L’idea è quella di lanciare GoodGym su scala internazionale, può essere applicato ovunque e devo dire che siamo molto interessati anche all’Italia, anche se, essendoci un forte senso della famiglia nel vostro paese, il problema dell’isolamento delle persone anziane forse non è così sentito come da noi.”

Finanziato da Nesta, l’organizzazione che promuove l’innovazione sociale in Gran Bretagna, GoodGym conta 3 dipendenti e si sostiene con le donazioni dei soci ma l’ambizione è quella di diventare una vera e propria impresa sociale. “Stiamo lavorando sul business model e l’idea è quella di arrivare ad offrire servizi ben precisi alle amministrazioni comunali”, spiega Herbert, “Dopotutto il nostro progetto aiuta ad affrontare delle vere sfide sociali: l’isolamento delle persone più in difficoltà, la creazione di reti sociali concrete e la riqualificazione del territorio, il tutto incoraggiando le persone a rimanere in forma. Potrebbe rappresentare un bel risparmio per la spesa pubblica.”

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