Volontariato

Globalizzazione: Sen, non confondiamola con l’imperialismo

Oggi, a Trieste, il Premio Nobel 1998 per l'economia, l' indiano Amartya Sen, in un incontro all' Area Science Park

di Paul Ricard

”La globalizzazione non è una novità, né una follia; da millenni contribuisce al progresso nel mondo attraverso viaggi, migrazioni, commerci, disseminazione delle influenze culturali, del sapere e delle conoscenze e fermarla avrebbe recato danni irreparabili al progresso umano”: lo ha spiegato oggi, a Trieste, il Premio Nobel 1998 per l’economia, l’ indiano Amartya Sen, in un incontro all’ Area Science Park. ”C’e’ bisogno oggi di interrogarsi – ha spiegato Amartya Sen – non soltanto sull’ economia e sulla politica della globalizzazione, ma anche sui valori che contribuiscono alla nostra concezione del mondo globale. C’ e’ la necessità concreta di mettere le istituzione internazionali a servizio del mondo e di estendere il ruolo delle istituzioni sociali in ogni Paese. E’ importante tenere conto della complementarietà tra istituzioni diverse, tra cui il mercato e i sistemi democratici, le opportunità sociali, le libertà politiche e altri elementi istituzionali, vecchi e nuovi. Serviranno – ha proseguito – istituzioni innovative per affrontare le questioni di sostanza sollevate dai dubbi globali e per spezzare il cerchio di incomunicabilità nella quale i movimenti di protesta tendono sempre più a rinchiudersi”. Per Sen, il problema non e’ rinunciare alle conquiste della scienza e ai vantaggi della tecnologia, ne’ ai benefici che derivano dal vivere in società aperte, ”ma come fare buon uso della liberalizzazione dei rapporti economici e dei risultati del progresso tecnico-scientifico in modo che tutti i Paesi, inclusi quelli del Terzo Mondo, possano fruirne per conseguire uno sviluppo adeguato”. Secondo l’ economista tale sviluppo non consiste nel solo possesso di ampie conoscenze e in una maggiore ricchezza di beni materiali, ”ma anche in un processo di trasformazione sociale che elimini le principali fonti di ”illibertà, vale a dire fame, povertà, ignoranza, malattia, mancanza di democrazia e sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali. La strada da percorrere – per Sen – e’ quella del rafforzamento delle istituzioni che, superando i confini nazionali, contribuiscono a estendere e consolidare la libertà degli individui, agenti attivi del cambiamento”. ”Anche se oggi la globalizzazione è vista spesso come un corollario del dominio occidentale – ha rilevato – storicamente ha seguito strade diverse. Identificare la globalizzazione con l’ imperialismo occidentale’ sarebbe un errore grave e costoso, cosi’ come lo sarebbe stata una resistenza europea all’ influenza orientale mille anni fa. Oggi – ha aggiunto – l’oggetto del discutere sono le disuguaglianze nelle e fra le nazionali, le asimmetrie del potere politico, sociale ed economico, e quindi la condivisione dei potenziali benefici della globalizzazione tra Paesi ricchi e poveri e tra diversi gruppi all’ interno di uno stesso Paese. Non basta convenire sul fatto che i poveri del mondo hanno bisogno della globalizzazione almeno quanto i ricchi, bisogna anche assicurarsi che ottengano ciò di cui hanno bisogno. E questo – ha concluso Sen – potrebbe richiedere una profonda riforma istituzionale, comprese quelle che non fanno parte del mercato, da affrontare nel momento stesso in cui si prendono le difese della globalizzazione” dal momento che ”le istituzioni politiche, sociali, legali e altre ancora possono influire fortemente sul buon funzionamento dei meccanismi di mercato, allargandoli e facilitandone un uso equo, e cosi’ facendo intervenire sulle disparita’ tra le nazioni e sulle disuguaglianze interne ad esse”.


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