Sostenibilità
Global warming: dalle fondazioni solo il 2%
Solo briciole per un problema che riguarda tutte le culture, tutti redditi e tutte area geografiche. The Chronicle of Philantropy lancia l'allarme.
Meno del 2% di tutte le donazioni filantropiche viene investito nella lotta contro il cambiamento climatico. Una vera miseria considerando che le dinamiche connesse al global warming hanno un impatto sulla nostra salute, sulle politiche nei confronti della lotta alla povertà e della fame nel mondo. Una dinamica, quella del riscaldamento globale, i cui effetti sono trasversali: toccano tutte le culture, tutti i redditi e tutte le aree geografiche.
La buona notizia è che, mentre i governi sono spiazzati, le fondazioni possono fare la differenza. Almeno questa è la convinzione di Larry D. Kramer, presidente della William e Flora Hewlett Foundation e di Carol S. Larson presidente della David e Lucile Packard Foundation, che in una lettera aperta pubblicata su "The Chronicle of Philantropy “Foundations Must Move Fast to Fight Climate Change” esortano il mondo della filantropia ad investire ora ed investire di più. Se non si agisce, anche gli sforzi già profusi saranno vanificati, spiegano gli autori della lettera aperta.
Ma perché i protagonisti del mondo della filantropia non sono ancora veri campioni di questa causa?
Le risposte offerte da Insidephilantropy.com sono varie e più semplici di quanto si possa immaginare. I finanziatori pensano che altri partner filantropi siano sul pezzo; i finanziatori sono troppo rigidi sulle priorità; anche finanziatori ambientali non sono completamente convinti che ne valga la pena; i finanziatori sono avversi al rischio nel senso che vogliono finanziare solo i progetti con un ritorno sugli investimenti tracciabile e tangibile.
D’altro canto, considerando che non c'è nessuna elezione in agenda in Usa, che non ci sono scadenze sui progetti e poco ostracismo e critica da parte dei media, il campo è libero e gli antagonisti sono sulla difensiva. Cosa si può pretendere di più?
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