Famiglia

Gli Usa resteranno produttori di mine

A due giorni dal quinto anniversario del Trattato di Ottawa, gli States annunciano che non ratificheranno. Ma useranno mine "intelligenti"...

di Benedetta Verrini

Sono armi considerate ormai universalmente come disumane, come mezzi di distruzione di massa “al rallenattore”, eppure le mine sono ancora prodotte e utilizzate dalle maggiori potenze mondiali. Dalle anticipazioni emerse sulla nuova politica USA in fatto di mine è emerso che, purtroppo, la loro adesione al Trattato di Ottawa è esclusa. Gli Stati Uniti continueranno a usare mine indefinitamente, anche se a partire dal 2010 useranno solo il tipo “intelligente” (cioè con meccanismo di disattivazione a tempo). D’altra parte, pur essendo produttori, aumenteranno la spesa per la mine action, cioè l’azione per lo sminamento umanitario, del 50%. “E’ un pericoloso segnale di isolazionismo e di controtendenza rispetto al generale ripudio nei confronti di questo tipo di armi” commenta Simona Beltrami, della Campagnia italiana contro le mine. “Arriva proprio nel momento in cui il quinto anniversario del Trattato di Ottawa (che è lunedì 1 marzo) ci invita a ricordare la tragedia di milioni di persone le cui vite sono tenute in ostaggio dalle mine”. A mezzogiorno del primo marzo di cinque anni fa, in tutta Italia venivano suonate a festa le campane, si legge nella newsletter della Campagna italiana contro le mine. Un concerto speciale per festeggiare un giorno eccezionale, il giorno in cui il divieto di usare, produrre e commerciare mine antipersona diventava un obbligo internazionale, almeno per i 40 Paesi che avevano firmato e ratificato il Trattato di Ottawa per la messa al bando di questi ordigni. Nei cinque anni trascorsi da quel primo marzo, molte cose sono successe. Il numero di Paesi che hanno deciso di rinunciare ad un sistema d’arma il cui impatto umanitario a lungo termine è decisamente sproporzionato alla sua utilità militare, è più che triplicato: oggi se ne contano 141, più altri 9 che devono ancora completare il processo di adesione. Più di 50 milioni di mine, immagazzinate negli arsenali di questi ed altri Paesi sono state distrutte, e non potranno più uccidere o mutilare nessuno: 7 milioni di queste erano in dotazione all’esercito italiano. Il commercio di mine – i Paesi produttori oggi sono solo 15, mentre prima del 1999 se ne contavano 54 – si è praticamente fermato, ridotto ormai a pochi traffici illeciti. Anche il numero delle vittime sta lentamente diminuendo, parallelamente all’avanzare delle attività di sminamento e di prevenzione. E nel dicembre 2002 per la prima volta un Paese minato, il Costa Rica, è stato dichiarato “libero da mine”. Molta la strada percorsa, quindi, ma molta quella ancora da percorrere. Tre dei cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU (Cina, Russia e Stati Uniti) si ostinano a rifiutare di fare proprio il principio umanitario alla base del Trattato di Ottawa, e continuano a produrre, detenere e (nel caso della Russia in Cecenia) usare mine. Questa posizione è condivisa da altri 41 Stati, tra cui l’India e il Pakistan, la maggior parte dei Paesi mediorientali e delle repubbliche ex-sovietiche. All’appello mancano anche quattro Paesi dell’ “Europa a 25” che verrà inaugurata il primo maggio di quest’anno: Finlandia, Polonia, Lettonia ed Estonia. Ottantadue Paesi sono ancora infestati dalle mine, in corsa contro il tempo per strappare le proprie popolazioni alla minaccia costante di milioni di ordigni nascosti nel terreno, e in lotta contro croniche ristrettezze di bilancio che limitano la possibilità di bonificare i territori e di assistere e reinserire adeguatamente le vittime. In occasione di questo anniversario, la Campagna italiana lancia un appello alle istituzioni per un adeguato finanziamento del Fondo italiano per lo sminamento umanitario: i drastici tagli operati agli stanziamenti destinati al Fondo per lo Sminamento Umanitario per il triennio 2004-2006 “sono inaccettabili di fronte alla continua emergenza umanitaria causata dalle mine disseminate in 82 Paesi nel mondo, che causano ogni anno circa 20.000 vittime tra morti e feriti” si legge nell’appello. In considerazione di questa drammatica situazione e della responsabilità morale che incombe sul nostro Paese per aver contribuito per anni alla proliferazione di questi ordigni, “noi sottoscritti chiediamo alle Istituzioni italiane di dare concretezza e coerenza agli impegni verbali assunti in campo internazionale, prevedendo per il 2005 una integrazione dei fondi destinati alla realizzazione di interventi (sminamento, prevenzione ed assistenza alle vittime) a favore delle popolazioni colpite dalle mine”. Info: www.campagnamine.org


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