Famiglia

Gli Unza, violini rom. C’è un Bregovic alla fermata

Suonano nella metropolitana di Milano. E chi li ascolta resta incantato. Il loro leader è Marian, Il “director”. Vita lo ha incontrato. E lo ha sentito...

di Redazione

La differenza fra noi e gli zingari? Noi sappiamo suonare», l?orgoglio Rom brilla nelle parole del Director, leader degli Unza, musicisti di strada e di metropolitana. Il sottosuolo è il loro palco abituale, ma Marian, il Director, vuole riceverci a casa sua. A 200 metri da quella latrina buia e fetida che qui chiamano campo nomadi, in via Triboniano, alle spalle del cimitero Maggiore di Milano, due roulotte e un?auto con targa francese appoggiate al centro sociale Torchiera sono il tetto di Marian e della sua famiglia. «Siamo in 8», annuncia «io, mia moglie e i miei 6 figli». Anche se i figli in realtà sono 5, la sesta è la moglie del primogenito. In due non avranno 30 anni. La sera sta calando, e le zanzare preparano il loro banchetto notturno. Gli Unza non sembrano darsene conto. Marian ci offre da sedere e subito tutta la famiglia prende posto al nostro lato. Le donne non parlano. «Mia moglie deve pensare a cucinare e a lavare», sentenzia Marian, che ha 39 anni, «in metropolitana, se puzzi, la gente si scansa. Ai soldi ci penso io». Violino e fisarmonica sotto braccio, infatti, Director e Director Junior, assieme ai loro compagni, ogni mattina raggiungono la stazione di Bonola della linea rossa e iniziano il tour, fatto di ritmi gitani, nelle viscere della città. Dal mattino alla sera. Dal lunedì al venerdì. Cachet: 50 euro al giorno. Poi, il fine settimana si esibiscono in feste di compleanno, matrimoni o festival. Gli Unza in tutto saranno una trentina, ma il numero non è ben definito. Ogni tanto qualcuno se ne va e qualcun altro arriva. «Gli italiani sono bravi», dicono all?unisono padre e figlio. «D?inverno l?incasso addirittura sale di qualche euro perché la gente si preoccupa del freddo». In cambio gli Unza scaldano gli animi con le loro sinfonie rom. «Dalla Russia al Portogallo sono stato in tutti i Paesi europei, Inghilterra e Svezia escluse. A Parigi mi hanno perfino rilasciato il patentino di musicista di strada», ricorda questo signore cresciuto a pane e violino alla scuola dei Lautari. Famiglie allargate di strumentisti che rallegrano matrimoni, funerali, battesimi dei villaggi balcanici e dell?Est, da cui si alimenta anche il sound di Goran Bregovic. Precarietà e nostalgia «Spesso», spiega Director, mentre la figlia più piccola si mette a suonare una dolce melodia al clarinetto e la televisione rimane accesa su una telenovela, «eseguiamo suoi pezzi, ma quello cui sono più affezionato è Jelem Jelem». Che in italiano si può tradurre con Vado, vado. è la storia di un uomo che lascia il suo paesino in Transilvania, deluso dalla vita e dalla moglie che lo tradisce, prima di farvi ritorno grazie al consiglio di un amico. Jelem Jelem è l?inno dei rom e anche la dimostrazione di una capacità innata di vivere la precarietà, del resto Marian è giunto a Milano semplicemente perché un conoscente gli ha detto che qui c?era lavoro. Ma sorprende la sua risposta, quando gli chiediamo che cosa sogni per se stesso e i suoi figli: «Spero che le mie ragazze si trovino un uomo che se le prenda, qui in Italia. Dopo, io e mia moglie faremo ritorno in Romania». Per adesso però l?Italia degli Unza non è tutta rose e fiori. In un paio d?anni la polizia gli ha rotto davanti agli occhi più di 120 strumenti. Loro non ne capiscono la ragione. «Boh», dice confuso Marian, «ci parlano di una legge che vieta di suonare in metrò, ma certe volte la applicano, altre no». Precarietà. Ma non si perdono d?animo, ogni volta ricomprano gli strumenti e avanti a suonare. Ormai sono le 10 di sera, le zanzare non danno tregua, le figlie e la moglie di Director non hanno ancora detto una parola, la televisione gracchia dalla roulotte. Director si alza dalla poltrona girevole stile ufficio, recuperata chissà dove. C?è la riunione settimanale degli Unza. Violini, fisarmoniche, chitarre, sassofoni e clarinetti nomadi sono attesi dal loro ufficio stampa che gli propone una festa fuori Milano. Non ci andranno, spostarsi di 30 chilometri in auto è pericoloso senza un permesso di soggiorno. Mentre gli stringiamo la mano, facciamo un?ultima domanda: «Perché Unza?». E Director in falsetto gitano, ondeggiando le mani dice: «Ehh, Unza, Unza». Info: Per chi volesse contattare gli Unza: cell. 340.7735724 e in rete all?indirizzo: Unza


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