Sostenibilità

Gli ultimi scrigni di biodiversità salvati dall’ondata di bonifiche

di Redazione

Sono quasi 20mila gli uccelli acquatici censiti nei primi mesi del 2010 in Abruzzo nell’ambito del censimento internazionale degli uccelli acquatici coordinato dall’Ispra. Tuffetti, aironi cenerini, falchi di palude, folaghe: ben 34 specie sono state osservate all’interno delle 39 aree umide monitorate nelle quattro province abruzzesi. Le zone umide sono veri e propri “serbatoi” di biodiversità, hanno un’importante funzione di regolazione di piene e alluvioni, sono strategiche per l’allevamento di pesci o molluschi, funzionali a progetti di educazione e sensibilizzazione per la loro ricchezza di vita. Ma negli ultimi decenni, sotto i colpi delle bonifiche o delle canalizzazioni, o delle captazioni selvagge, sotto l’avanzata del cemento abbiamo perso circa la metà di stagni, paludi e torbiere a livello mondiale. Poi c’è la caccia, l’inquinamento e l’introduzione di specie esotiche. Gran parte delle zone umide italiane sono scomparse tra l’800 ed il 900. Per tutelarle nel 1977 è stata siglata la Convenzione di Ramsar, che protegge in Italia 55 aree tra cui, ad esempio, le Oasi WWF di Valle Averto in Veneto, Burano e Orbetello in Toscana, Le Cesine in Puglia.


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