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Gli startupper puntano sul sociale

La rivista Inc. nomina i 30 startupper sotto i trent’anni, più promettenti dell’anno. Business diversi, una tendenza in comune: l’interesse per l’impatto della propria impresa.

di Ottavia Spaggiari

 

Hanno tutti meno di 30 anni e tutti hanno già creato dal nulla un’impresa innovativa dal fatturato importante. Sono i 30 under 30, i 30 imprenditori americani sotto i 30 anni che la rivista Inc. ha giudicato i più promettenti dell’anno. Tra di loro, i creatori di Pinterest, Ben Silbermann e Evan Sharp, 29 anni ciascuno, e Daniel Ek, l’imprenditore dietro Spotify. Eppure ciò che emerge dalla lista di Inc. non è solo l’abilità informatica dei trenta. Tra i trend più interessanti di questi nuovi imprenditori, vi è l’attenzione che molti di loro prestano all’impatto sociale e ambientale della propria startup. Molte di queste imprese infatti offrono delle soluzioni innovative in settori che necessitano un cambiamento, altre sono state create proprio per fare fronte a dei problemi di carattere sociale.

Ne è un esempio GiveForward, la piattaforma di crowdfunding dedicata alla raccolta fondi per sostenere le spese mediche. Creato da Desiree Vargas Wrigley, imprenditrice sociale, laureata a Yale, GiveForward ha raccolto dal suo lancio nel 2008, quasi 15 milioni di dollari. “Un modo per fare sentire la presenza di una comunità virtuale, in modo concreto, intorno alle persone che hanno bisogno”, così la Wrigley, ha definito il suo progetto, ma anche uno strumento molto utile in un Paese in cui fino a pochi mesi fa, l’assistenza sanitaria era un miraggio per molti.

In campo sanitario opera anche PharmaSecure, la startup fondata quattro anni fa da Nathan Sigworth, 28 anni, per contrastare i medicinali contraffatti nei paesi in via di sviluppo, attraverso un sistema di codifica e certificazione.

Si chiama The Eatery, l’app che ha risvegliato l’interesse di milioni di americani, aiutandoli a monitorare la propria dieta e incoraggiando l’alimentazione sana. Per usarla basta fotografare il proprio pasto, classificarlo secondo una scala che ne determina l’apporto calorico e condividerlo con la community per ottenere un feedback.  Ideata da Aza Raskin, 28 anni, The Eatery è il primo prodotto di Massive Health App, la società da lui fondata con l’obiettivo di sviluppare app per smartphone che aiutino le persone ad assumere comportamenti più sani.

Non hanno nemmeno quarantacinque anni in due, Zach Sims and Ryan Bubinski, i fondatori di Codecademy, la piattaforma online che offre gratuitamente lezioni di scrittura codici. Fondata nel 2011, Codecademy ha conquistato milioni di utenti in  tutto il mondo, persino Michael Bloomberg, sindaco di New York ha reso noto via twitter di esserne fan. Utilizzata soprattutto da persone che, in tempo di crisi, cercano di arricchire il proprio CV, acquisendo nuovi skills, Codecademy ha attirato anche l’interesse degli investitori. Il visitatissimo sito web ha infatti attirato investimenti per oltre 12 milioni di dollari, da parte di venture capitalist.

L’educazione è un campo particolarmente interessante per gli imprenditori under 30. Tra i nomi presenti nella lista, anche Adam Pritzker, Matthew Brimer e Brad Hargreaves, gli sviluppatori di General Assembly, l’istituto che cerca di supplire alle carenze formative della scuola contemporanea, organizzando corsi di tecnologie digitali, design ed economia, per fornire agli studenti nuovi strumenti che li aiutino ad affrontare il sempre più competitivo mercato del lavoro.

Ed è proprio il lavoro una delle corde più delicate che queste startup di successo vanno a toccare con il proprio business. Il valore sociale più importante rappresentato dalle aziende nella lista è la capacità di creare nuovi posti di lavoro. Si calcola che siano oltre 1800 le persone impiegate da queste 30 giovani realtà imprenditoriali, con una media di 25 dipendenti per azienda.

Un dato incoraggiante, considerando anche l’intenzione di fare impresa in modo etico. Interessante infatti, notare che tra le imprese, prevalentemente digitali, presenti nella lista, compare anche la manifattura a chilometro zero. School House il brand di abbigliamento sportivo pensato per universitari, creato dalla ventisettenne Rachel Weeks, che l’anno scorso ha fatturato oltre 700 mila dollari, ha scelto Durham, North Carolina, come sede della propria azienda, “il 70% della nostra filiera produttiva si trova entro dieci chilometri da Dunham. Stiamo cercando di attribuire un nuovo valore al made in USA e di offrire nuove opportunità per l’economica locale.”

La stessa scelta è stata fatta da Ziver Birg, di Zivelo, la seconda azienda di chioschi multimediali più importante al mondo. Con un fatturato di 9 milioni l’anno, anche Zivelo ha optato per il made in USA, stringendo un accordo con una delle aziende manifatturiere di Marion, nell’Indiana. “Moltissime fabbriche hanno chiuso a causa della crisi e Zivelo ha contribuito ad assicurare il lavoro ad oltre 200 dipendenti”., ha speigato Birg. Tanto che , proprio a Marion, Birg sta progettando la costruzione di un nuovo stabilimento di quasi 10 mila metri quadri. “ Fare impresa è un’avventura e il fatto di poterlo fare, essendo anche utili al proprio Paese è una delle cose che la rendono così eccitante.”

 

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