Con quel suo bellissimo La forza del passato Sandro Veronesi aveva aperto le coscienze dei lettori alla memoria “capitata per caso”, all’incontro con una verità non ricercata e pervenuta come una maledizione nella vita del protagonista. Condizione di sano realismo, questa, dalla quale nessuno è escluso. Gli sfiorati ha invece per tema narrativo la condizione di pena mai elaborata, che attanaglia le generazioni dei giovanissimi, quelli che, come afferma Veronesi stesso, «hanno avuto ogni cosa senza possederla veramente, che hanno visto tutto senza capire nulla: lo sperpero, il ballo, il caos allo stato fluido e puro, le rincorse metropolitane, il televisore perennemente acceso». A due ragazzini, Mete e Belinda, fratellastri, l’autore affida un vero e proprio reportage sulla vita spiantata delle generazioni più giovani, fatte di esseri dal carattere sfuggente e mutevole, violenti senza concezione, divorati dall’esistenza con premura e gagliardìa. Un vero e proprio romanzo di formazione sull’epoca che stiamo attraversando, che andrebbe meditato più che letto per piacere.
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