Non profit

“Gli MDGs falliranno, ma c’è una via d’uscita”

Intervista a Padre John Patrick Ngoyi, leader di spicco della società civile nigeriana

di Joshua Massarenti

Bruxelles – Alla vigilia del summit sugli Obiettivi per lo sviluppo del millennio (20-22 settembre a New York), una delegazione del SECAM – il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar – ha incontrato alcuni rappresentanti istituzionali dell’Unione Europea e di diversi paesi UE.

Un viaggio in sette tappe effettuato dal 7 al 18 settembre in Belgio, Svizzera, Francia, Germania, Austria e Italia. Obiettivo dell’iniziativa: discutere con i decision-makers su come migliorare il benessere delle comunità africane, su quali siano i principali ostacoli da rimuovere e quali le priorità a cui dare spazio per cambiare marcia nella lotta contro la povertà.

Come ricorda una nota del CISDE, l’associazione delle agenzie cattoliche promotrice assieme al SECAM del progetto, “la Chiesa in Africa è spesso l’unico attore sociale capace di raggiungere comunità lontane, fornendo i propri servizi là dove il governo è effettivamente assente”. Ma queste esperienze vanno trasformate “in valori, nell’agire politico”, una condizione sine qua non “per superare quelle difficoltà che attualmente impediscono lo sviluppo del continente africano”.

Tra i delegati c’era Padre John Patrick Ngoyi, direttore della Commissione Giustizia, Pace e Sviluppo della Chiesa cattolica in Nigeria. Considerato una delle figure di spicco della società civile nigeriana, Padre John Patrick è noto per il suo impegno contro la corruzione, una malattia che in Nigeria ha preso la forma di metastasi.

“Le multinazionali hanno svaligiato il paese con la complicità dei nostri governanti, ed è questo uno dei motivi per cui in Nigeria gli Obiettivi del Millennio non saranno raggiunti. Nonostante i progressi registrati negli ultimi dieci anni, ci vuole ancor più trasparenza nella gestione delle risorse minerarie e del petrolio, altrimenti saremo qui a ripetere le stesse cose tra vent’anni”.

Vita: Che spazi di manovra rimangono alla società civile per contrastare la corruzione?
Padre John Patrick Ngoyi: Gli spazi vanno conquistati. Negli ultimi tempi, la gente ha riscoperto la strada come mezzo di pressione contro la corruzione che regna nell’amministrazione pubblica nigeriana e nella classe politica. Altro segnale positivo, abbiamo costretto il governo a pubblicare i contratti che sigla con le compagnie straniere.

Purtroppo ancora oggi non sappiamo quanto il petrolio genera in termini di profitti e il modo con cui questi profitti sono distribuiti. Manca una legge che obbliga le multinazionali a presentare i loro bilanci nella trasparenza più assoluta. Ma la nostra lotta all’interno delle frontiere nigeriane è una battaglia persa in partenza se non ci interessiamo a cosa accade fuori dal paese. Prendiamo l’esempio degli Stati Uniti.

Il fatto che l’amministrazione Obama abbia fatto passare una legge che costringe le aziende americane quotate in borsa a dichiarare le attività che promuovono all’estero è qualcosa di molto importante per noi e per tutta l’Africa. L’Europa dovrebbe seguire questo esempio. Responsabilità transfrontaliera, ecco il concetto chiave delle nostre battaglie.

Vita: A tenere banco in questi giorni è stato il Summit sugli Obiettivi del Millennio. Che speranze ci sono di raggiungerli entro il 2015?
Ngoyi: Più che di speranza parlerei di volontà. Nonostante i progressi registrati in alcuni paesi o obiettivi, non c’è la volontà politica di raggiungere gli obiettivi fissati nel 2000 dalle Nazioni Unite. Non solo.

C’è un problema di fondo sul piano qualitativo. Gli MDGs propongo obiettivi cifrati da agguantare, tralasciando la qualità dei servizi offerti. Prendiamo l’esempio dell’educazione. Molti vantano il fatto che in Africa il numero dei bambini iscritti alla scuola elementare è in netto aumento, ma pochi ammettono che a farne le spese è stata la qualità dell’insegnamento.

Questo dilemma ci rimanda alla questione degli aiuti. Aumentarli? Renderli più efficaci? Sono domande retoriche. Gli aiuti sono sicuramente una parte importante della solidarietà, ma lo sviluppo degli individui non può dipendere solamente dalla buona volontà di chi aiuta.

Non c’è una cifra che possa generare lo sviluppo al singolo essere umano. La soluzione sta nella capacità delle persone a mobilitare le proprie risorse. Poi devono cambiare le regole del commercio internazionale che ancora oggi colpiscono i paesi più poveri.

Infine, bisogna smetterla con l’esportazione di materie prime e l’assenza di trasferimento tecnologico sul continente. E’ necessario, anzi vitale, sviluppare un’industria di trasformazione. Bisogna produrre valore aggiunto che si raggiunge con le economie di scala.

Vita: Che profitto avete tratto dal vostro soggiorno in Europa?
Ngoyi: Siamo rimasti impressionati dal modo con cui le organizzazioni cattoliche che hanno organizzato il nostro viaggio hanno saputo aprirci le porte giuste. Siamo riusciti a incontrare persone che contano, le loro decisioni hanno conseguenze importanti per il futuro dell’Africa.

Durante il soggiorno, abbiamo incontrato dei decision-makers non soltanto disposta ad ascoltarci, ma  anche ad aprire un dialogo con noi. E’ il bello della democrazia. Con i suoi pregi e i suoi difetti. Non appena accennavamo ai problemi di trasparency, di accountability, oppure alla necessità di imporre una tassazione finanziaria, i nostri interlocutori si sono chiusi come ricci. Alcuni ci hanno addirittura confidato di non potersi opporre alle multinazionali. Questo ci ha dato l’idea di quanto lunga sarà la nostra strada per migliorare la sorte dei popoli africani.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA