Non profit

Gli italiani che si fanno i «fatti loro»

di Redazione

«Non sono fatti miei». Così hanno detto, per giustificare l’indifferenza. Stavano assistendo in diretta a uno stupro. Una ragazza urlava, chiedeva aiuto, mentre un uomo, con furia bestiale, la picchiava e la violentava, a due passi da casa. L’episodio è noto, è accaduto pochi giorni fa a Bologna, ma assomiglia a tante altre storie di questo nostro Paese. La ragazza è stata salvata, si fa per dire, grazie all’eroico, si fa per dire, gesto di un uomo che ha avuto la forza di telefonare al 113, e così una Volante della Polizia è intervenuta, riuscendo a catturare il giovane, un tunisino. Quello stupro poteva essere interrotto assai prima, e forse evitato, se non per le sue fasi di violenza iniziale, se chiunque, fra i testimoni del fatto, avesse avuto il medesimo “coraggio”. Sono rimasto impressionato da questa notizia, anche perché è rapidamente passata in secondo piano rispetto ad altre violenze sessuali, a Roma, e rispetto alle notizie sull’aggressore, un clandestino più volte fermato e poi liberato. Certo, la sicurezza è importante anche sotto questo aspetto, ma moralmente, mi domando, dove collochiamo il comportamento dei cittadini vigliacchi, se non addirittura guardoni? A che gradino di inciviltà, se non di abiezione? Stiamo parlando di cittadini italiani, di testimoni di un reato. Che di fatto diventano complici, e dunque responsabili in qualche misura delle lesioni subite dalla ragazza, che avrebbe potuto evitare il peggio. Da che parte si può cominciare per recuperare un minimo di senso civico diffuso? Non potrebbe esserci almeno una via di mezzo fra le ronde padane e l’indifferenza? La questione riguarda non soltanto i casi estremi, ma anche la non disponibilità di fronte a una persona fragile che ha bisogno solo di un gesto, di un piccolo gesto di umanità, e oggi fa sempre più fatica a trovarlo, e deve chiederlo, come una nuova forma di carità. Voltarsi dall’altra parte, tapparsi occhi e orecchie, non ci rende innocenti. Ma solamente ipocriti.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.