Sostenibilità

Gli interni auto? Fatti con il ketchup. Ma non ora

Accordo tra Ford e Heinz per riciclare gli avanzi dei pomodori usati per il ketchup e trasformarli in bioplastiche con cui fabbricare gli interni in plastica delle auto. Ma allo stato attuale delle ricerche serviranno ancora degli anni

di Antonietta Nembri

L’industria automobilistica guarda sempre più al rispetto dell’ambiente. O almeno così pare. Dopo i rivestimenti e i tappetini realizzati a base di patate dolci da Toyota arriveranno i vani portaoggetti delle vetture Ford che saranno in bioplastica dagli avanzi di ketchup.
La Ford, infatti, ha siglato un accordo con la Heinz, storica fabbrica che produce ketchup. In una nota stampa Ford spiega che la scelta nasce dalla volontà di accelerare lo sviluppo di una plastica al 100% realizzata a partire dai vegetali. Sono due milioni le tonnellate di pomodori che vengono utilizzati da Heinz ogni anno per la produzione della popolarissima salsa al pomodoro. Grazie a queste quantità il costruttore americano di automobili spera di fabbricare i suoi pezzi in plastica, che rappresentano circa il 20% di un autovettura, facendo a meno dei derivati del petrolio.

Per parte sua la Heinz ha messo da tempo al lavoro i suoi tecnici per trovare tecniche innovative di riciclaggio delle pelli e degli altri residui della lavorazione dei pomodori che visti i quantitativi lavorati dalla fabbrica statunitense non sono pochi. Nel corso degli ultimi due anni la compagnia aveva cercato dei partner affidabili per  porre fine a uno spreco che entrava in conflitto con la filosofia del rispetto ambientale sposata dall’azienda.

Tatiana Budtova, ricercatrice  del centro Mines Pairs Tech, interpellata da terraeco.org ricorda che è possibile fabbricare plastica a base di materie organiche: legno, mais, grano, canna da zucchero e patate dolci sono già utilizzati l’ 1 – 2% della plastica presente nel mercato mondiale, servono soprattutto per realizzare sacchetti e imballaggi. Queste bioplastiche sono candidate ad alimentare le stampanti 3D. La stessa ricercatrice riconosce che uno degli obiettivi è la durata delle bioplastiche, il loro “difetto” è anche una loro qualità: sono biodegradabili. «Per le applicazioni mediche questa caratteristica sarà ideale: si potrà rimpiazzare un impianto in metallo per uno in bioplastica che si degradi nella misura in cui un osso si ricostruisce, ma per un cruscotto non è quello che si cerca», in pratica allo stato attuale della ricerca un automobilista  vedrebbe il suo portaoggetti decomporsi nel giro di qualche anno.
Tatiana Budtova dal momento che la polpa di pomodoro non è un ingrediente ideale considera che «ci vorrà almeno un decennio di studi prima di poterli utilizzare, l’amido ha delle proprietà migliori». Ma per ottenerlo, occorre usare il mais o il grano. Quindi ci si troverebbe davanti allo stesso problema suscitato dai biocarburanti: bisognerà decidere se nutrirsi, viaggiare o fabbricare.  

Insomma resterebbe l’opzione scelta dalla Ford: concentrarsi sui rifiuti. Nel corso del 2013 uno studente turco è stato premiato per le sue ricerche sulla trasformazione delle bucce di banana in polimeri. L’anno prima una équipe di ricercatori della Repubblica Ceca è riuscita a trasformare l’olio usato delle mense in bioplastiche. Ma non sarà così facile vedere i nostri cassonetti realizzati grazie al loro stesso contenuto.
Oggi occorre recuperare i rifiuti separatamente, pulirli, tritarli e questo non è senza un costo. La ricercatrice conclude osservando che occorrerà «trovare un equilibrio tra ciò che potrà essere prodotto dalle biomasse, dal petrolio e ciò che non deve essere prodotto per nulla» non va dimenticato, infatti che «il 40% della plastica prodotta è per realizzare imballaggi »
 

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